giovedì 23 marzo 2023
Il nostro Paese è al settimo posto tra quelli che ospitano le prime 500 società familiari al mondo. Il passaggio generazionale è un momento critico
Le imprese familiari oggetto di studio

Le imprese familiari oggetto di studio - Archivio

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È proprio il caso di dirlo: in Italia è una questione di famiglia. Soprattutto se si guarda al mondo dell'agroalimentare. Il Global Family Business colloca il nostro Paese al settimo posto tra quelli che ospitano le prime 500 società familiari al mondo, mentre l’Istat conferma che «la grande maggioranza delle imprese è caratterizzata da proprietà e gestione in capo alla figura dell’imprenditore e/o della sua famiglia» e che, nel solo ambito agricolo, delle 1,13 milioni di aziende ben il 98% impiega manodopera familiare. E se i dati Cerved rilevano che questo modello caratterizza principalmente le piccole imprese, soprattutto al Sud Italia e nelle isole, secondo l’Osservatorio Aub-Aidaf le imprese familiari italiane con ricavi superiori ai 20 milioni di euro producono un fatturato complessivo di oltre 730 miliardi di euro e impiegano 2,4 milioni di lavoratori creando occupazione più delle altre tipologie di imprese (+20,1% negli ultimi sei anni), crescono di più, registrano una redditività più alta e hanno un rapporto di indebitamento più basso. Senza contare la continuità aziendale: basti pensare che ben 15 delle 100 aziende più antiche al mondo sono nostrane. Le imprese familiari sono quindi un patrimonio – in primis umano – preziosissimo per il Belpaese, da valorizzare e sviluppare. Ma, prima ancora, da tutelare. Buona parte di queste realtà (più del 20% nel decennio 2013-2023, secondo Istat), infatti, si appresta ad affrontare il passaggio generazionale. Un momento critico: se, da un lato, il ricambio generazionale può favorire innovazione e sviluppo digitale, dall’altro comporta una serie di rischi di varia natura che possono portare l’azienda al fallimento. Comprendere le criticità e sfruttare tutte le opportunità possibili è quindi fondamentale. Anche i dati dimostrano, infatti, lo stato di buona salute goduto dalle imprese familiari italiane, che dopo la pandemia hanno compiuto un rimbalzo considerevole crescendo in fatturato, in redditività e in solidità. Il fatturato di queste aziende, in particolare, è cresciuto nel 2021 di oltre il 20% rispetto all’anno precedente, mentre la redditività ha più che ricuperato i livelli del 2019 raggiungendo il 10,5%. Questa ripresa si è anche tradotta in un aumento dell’occupazione, cresciuta del 3,8% rispetto a prima della pandemia (del 2,3% nelle imprese non familiari). La ripresa delle aziende familiari dopo la pandemia risulta ancora più robusta di quella seguita alla crisi del 2008-2009: nel 2010 il fatturato crebbe del 16,5% contro il 20,1% del 2021, mentre il Roe nel 2010 era pari al 10,5% (contro il 13,6% nel 2021). Mentre le 344 aziende familiari che rispecchiano tutti i quattro parametri di diversità e inclusione sono cresciute, in media, a un tasso del 9,8%, circa l’1,3% in più delle altre, e hanno avuto una redditività significativamente superiore della media. Il 26,4% delle aziende familiari italiane sopra i 20 milioni di euro di fatturato e non rette da un amministratore unico ha almeno un consigliere di amministrazione sotto i 40 anni; nel 37,6% delle aziende sono presenti più del 33% di donne mentre nel 60,1% delle aziende è presente almeno un componente non familiare. Nel 91,9% delle aziende sono presenti meno di due consiglieri con più di 75 anni di età. In confronto ad altri Paesi europei, l’Osservatorio mostra come più del 30% tra i primi 1000 gruppi familiari in Italia abbia almeno un terzo (33%) di consiglieri donne, posizionandosi dopo la Francia (41%) ma prima della Germania (15,7%). In Italia rimane invece la più alta presenza di consiglieri di amministrazione over 75 (uno su dieci in Francia, quasi zero in Germania).

La svolta del passaggio generazionale

Il passaggio generazionale è un processo cruciale per garantire continuità e prosperità alle imprese familiari, spina dorsale dell’economia italiana. Alcuni passaggi possono essere intra-familiari, ma è importante che la nuova generazione abbia beneficiato di una formazione di alto livello e che sia intenzionata a entrare nell’impresa di famiglia. Il Family Business Lab (Fabula) della Liuc - Università Cattaneo e il Center for Young and Family Enterprise (Cyfe) dell’Università degli Studi di Bergamo hanno condotto uno studio sulle intenzioni di successione degli studenti universitari italiani appartenenti a famiglie imprenditoriali, i quali sono prossimi a entrare nel mercato del lavoro, dopo aver conseguito almeno una laurea triennale. La ricerca si basa su dati raccolti nel 2021 presso le 19 Università italiane che hanno aderito al progetto Guesss-Global University Entrepreneurial Spirit Students' Survey 2021. Guesss nasce nel 2003 su iniziativa dell’Università di St.Gallen (Svizzera). Da allora, solitamente ogni due anni, vengono raccolti dati sulle attività e sulle intenzioni imprenditoriali degli studenti universitari di tutto il mondo, Italia compresa, per la quale la raccolta dati è gestita dal Cyfe. All’indagine per l’Italia hanno partecipato circa 3.300 studenti, il 16% dei quali appartiene a famiglie imprenditoriali. Dallo studio emerge come circa solo uno studente su dieci abbia intenzione di entrare nella propria impresa familiare entro cinque anni dalla fine degli studi universitari. Inoltre, l’indagine rivela anche che, nel 92% dei casi, chi è interessato a intraprendere il processo di successione ha intenzione di fare esperienza presso aziende diverse da quella familiare prima dell’ingresso. Più di 1/3 degli studenti che hanno alle spalle una famiglia imprenditoriale ha intenzione di avviare una propria azienda.

La situazione in ambito agroalimentare

Proprio per rispondere e dare ai professionisti del settore agroalimentare tutte le competenze e gli strumenti per gestire rapporti d'affari solidi, Università della Birra, innovativo hub di formazione professionale promosso da Heineken Italia e Liuc Business School, punto di riferimento nazionale per la formazione universitaria in economia aziendale e ingegneria gestionale, hanno acceso i riflettori sulle imprese familiari nell'incontro A tavola con… - Evoluzione del Food & Beverage in Italia, il progetto formativo che, con uno sguardo privilegiato sui più importanti temi per il settore, analizza tendenze emergenti, scenari e prospettive future, offrendo strumenti operativi di analisi e azione, di gestione e gestione dei problemi. «Le imprese a conduzione familiare e quelle dove una o più famiglie rappresentano un punto di riferimento centrale per la gestione sono ampiamente presenti in tutti i Paesi del mondo: si stima un valore compreso tra il 65 e l’80% del totale delle aziende nel mondo. Pur trattandosi di un fenomeno internazionale, il legame tra impresa e famiglia appare tuttavia più intenso nel nostro Paese, dove la connotazione familiare non riguarda solo la prevalenza delle imprese minori, ma anche la maggior parte delle grandi imprese private. Le imprese familiari, in altre parole, costituiscono l’ossatura del nostro Paese e un capitale “paziente” che dà stabilità al sistema economico e mantiene vive le competenze tramandate di generazione in generazione soprattutto sul saper fare così tipico della nostra economia. Ciononostante, poche sono le imprese famigliari che si interrogano su due grandi domande: come ottenere continuità e sviluppo? Non a caso, la successione generazionale è considerata come il problema più importante affrontato dalle imprese familiari e coinvolge tutte le tipologie di queste, anche se con gradi di complessità e capacità di gestione differenti. Spesso le imprese a conduzione famigliare non riescono a dare una risposta a queste due domande perché mancano di approccio, competenze, metodo e strumenti, ma il vero tema è che la stragrande maggioranza di queste non se le pongono neanche, andando così a scontrarsi contro un passaggio generazionale incompiuto che porta ogni anno alla perdita di una larghissima parte delle nostre imprese familiari. Secondo uno studio di Infocamere, infatti, solo il 31% delle imprese familiari sopravvive al passaggio dalla prima alla seconda generazione e solo il 15% giunge alla terza - spiega il professor Fernando Alberti. Non solo ci poniamo il tema di come stimolare tutte le imprese familiari, soprattutto quelle di piccole e piccolissime dimensioni, a interrogarsi sui temi della continuità e dello sviluppo, ma forniamo anche alcune condizioni essenziali perché questi due passaggi siano realizzati con successo». «Diciamo spesso che “la formazione è l’ingrediente premium”: saper fare, saper leggere il mercato, i trend, le persone e saper reagire con tempestività è indispensabile, soprattutto in questa fase di ripresa minacciata dalle difficoltà derivanti dal quadro geopolitico e macroeconomico. E, per sapere e saper fare, la formazione continua è irrinunciabile», afferma Massimo Furlan, direttore dell’Università della Birra.

I modelli organizzativi nelle imprese familiari

Si è tenuto presso Villa Dionisi (Cerea) a Verona l’evento I modelli organizzativi nelle imprese familiari, organizzato dallo Studio commercialista Massimo Gazzani di Verona, con l’obiettivo di proporre e indicare alcuni modelli organizzativi delle imprese familiari, portando esperienze e approfondimenti. Ad aprire i lavori Massimo Gazzani, commercialista, partner Studio Gazzani, affrontando il tema dei modelli organizzativi delle imprese familiari come strumento necessario per le imprese, che devono dotarsi di un assetto amministrativo e contabile per misurare le performance, prendere le decisioni, definire le responsabilità: «Abbiamo voluto portare esperienze e approfondimenti perché ogni azienda e famiglia hanno storie diverse e quando si parla di questi tipi di imprese, si ha il bisogno di comprendere sia la loro mentalità che i loro sentimenti. È importante valorizzare e proteggere i business e il futuro di queste aziende, senza dimenticare però la loro famiglia e le loro origini, perché queste sono le family business». Per Francesco Pinto, presidente e co-fondatore di Yamamay, «le imprese familiari costituiscono una parte fondamentale del sistema economico italiano, stimata da Aidaf pari al 65% delle imprese totali. L’efficacia dei modelli organizzativi in uso costituisce quindi un interesse di grande rilevanza per l’Italia. Purtroppo, si riscontra non di rado come non vi sia ancora una sufficiente attenzione verso questo argomento, che tocca aree vitali quali la governance, la managerializzazione, i conflitti e la successione in ogni azienda familiare. Una governance matura, formalizzata e, soprattutto, agita nel quotidiano può invece essere un potente motore di sviluppo economico. Valorizzare il ruolo e la centralità dei consigli di amministrazione e delle assemblee può far emergere il merito e contribuire, attraverso la trasparenza e il dialogo con gli stakeholder, alla gestione virtuosa dell’impresa». «L’esperienza del manager è fondamentale - dichiara Francesco Zagarese, manager di Glaxo, Ferrari e Versalis -. I modelli organizzativi delle imprese familiari possono essere maggiormente performanti e di crescita quando la pmi si dota di manager esterni, che permettono una soluzione di visione aziendale diversa, più attenta ai numeri, ai competitors, alle strategie e soprattutto a procedure aziendali dedicate alle decisioni e al monitoraggio dei risultati». Per Mattia D’Amato, consigliere di amministrazione di En.it Spa, «iI modelli organizzativi delle imprese familiari si impongono quando ci sono più generazioni in azienda e quando si gestisce un business come quello della produzione di energia, che è diventato sempre più primario e di interesse globale». Secondo Lorenzo Salvatore, partner dello Studio Notarile Macchi Salvatore, «i modelli organizzativi delle imprese familiari devono essere tutelati e valorizzati anche giuridicamente, perché vi sono degli strumenti che il notaio, con esperienza e professionalità, evidenzia soprattutto nei passaggi generazionali. Un tema che dal punto di vista civilistico e fiscale era ostico nei primi anni del 2000 e che ora è divenuto facilmente gestibile sul piano giuridico e fiscale. Ci sono tanti nuovi istituti a disposizione, come il Patto di Famiglia o il Trust, ma spesso lo scoglio è psicologico». Ma perché un investitore internazionale dovrebbe guardare all’Italia e alle sue imprese familiari? Questa domanda è stata rivolta direttamente a Fabio Canè, co-fondatore e senior partner di Nb Renaissance, che ha risposto: «In Italia ci sono ancora 12mila aziende familiari, tante da rappresentare un terzo dell’intera economia del Paese, che stanno crescendo più del Pil». Canè ha ricordato che proprio quest’anno sei fondi di private equity europei sono entrati nel mercato italiano, a conferma della sua attrattività: «Il livello di competizione è più basso, anche se sta crescendo perché il mercato si sta rendendo conto che in Italia ci sono opportunità». Canè ha fatto l’esempio dei settori sui quali è focalizzata Nb Renaissance: «Settori con il vento in poppa come la digitalizzazione, che beneficia anche del Pnrr, la sanità, la sostenibilità e poi tutte le industrie di nicchia, dove si trovano tutte le eccellenze italiane, dalla meccatronica alle concerie alto di gamma e così via». Canè ha inoltre proposto di «introdurre delle agevolazioni fiscali per le imprese a proprietà familiare che si accorpano e si fondono per far crescere la dimensione e poter competere con successo sui mercati internazionali». Incentivare con opportune agevolazioni fiscali fusioni e accorpamenti tra queste aziende favorirebbe la nascita di gruppi o imprese di maggiori dimensioni in grado di affrontare meglio la concorrenza internazionale.


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