
Tra poche settimane, il 24 maggio, ricorreranno dieci anni dalla promulgazione della Laudato si’, un’enciclica che ha segnato il dibattito nazionale e internazionale sul futuro dell’ambiente e, più in generale, sul destino della nostra casa comune. Dopo dieci anni, rimane un documento di riferimento – anche ben oltre il confine del mondo cattolico – e forse in occasione dell’anniversario potrebbe essere utile fare una sorta di bilancio sull’effettivo stato di avanzamento della conversione ecologica a cui ci invita Papa Francesco.
Qualche dato iniziale giunge dalla recente ricerca promossa da Polidemos, il Centro per lo studio della democrazia e di mutamenti politici dell’Università Cattolica, in collaborazione con Ipsos, dalla quale - si veda anche l’articolo qui sopra - emerge che l’attenzione al clima e all’ambiente rimane un tema centrale per le italiane e gli italiani, ma a determinate condizioni e con un particolare riguardo alla dimensione locale.
Una fetta consistente degli intervistati, il 73%, è favorevole alla limitazione della costruzione di edifici in aree verdi, al riuso e alla rigenerazione di aree ed edifici non utilizzati. Così come, ben il 68% è favorevole continuare a incentivare con contributi pubblici l’istallazione di impianti per lo sfruttamento di fonti di energia rinnovabili, quali il fotovoltaico, il minieolico o i geotermici. Una percentuale di qualche punto minore, il 62%, è favorevole alla limitazione ulteriore degli spazi dove è consentito fumare per ridurre l’inquinamento dell’aria e la contaminazione del suolo causata dai mozziconi. In breve, c’è un’Italia con una sensibilità verde ormai matura. Tali dati, però, devono essere considerati con realismo, quindi senza prevedere scenari eccessivamente entusiastici sulle prospettive green. Infatti, la quota di favorevoli crolla a livelli molto bassi quando si ipotizza l’aumento di tasse, per esempio sui voli aerei o, più in generale, sulle fonti di energia fossili. Oppure se si sonda la disponibilità a comportamenti virtuosi, come l’acquisto di alimenti più sostenibili, ma con un aumento del loro prezzo. Naturalmente, queste risposte variano rispetto a età, titolo di studio, luogo di residenza degli intervistati e ci offrono uno spaccato piuttosto variegato, che non conferma – come si tende a credere – l’idea secondo cui i giovani sono quelli che sostengono più convintamente le politiche green.
Dunque, per restituire appieno la loro complessità, è bene leggere questi risultati secondo un’ottica più ampia, quella cioè della fiducia nelle istituzioni, che viene sondata periodicamente dai report Polidemos-Ipsos. Infatti, c’è una correlazione proporzionale tra la disponibilità ad andare incontro alle esigenze di tutela dell’ambiente e la fiducia nelle istituzioni. È un tema che ci riporta alla complessa relazione tra la società italiana e la democrazia: la transizione energetica e la lotta al cambiamento climatico potranno arrivare a compimento solamente se le politiche adottate riusciranno a tenere insieme il tessuto del variegato mondo degli interessi personali e sociali, garantendo il più alto grado di inclusività. Altrimenti, il rischio è quello di gravare su fasce della popolazione già marginalizzate, soprattutto dal punto di vista economico e, non da ultimo, da quello educativo.
Sul tema dell’ambiente si giocherà gran parte del futuro della democrazia, non solo nel nostro paese, soprattutto se si tiene conto anche della complessa situazione internazionale. Anzi, proprio a partire da quest’ultima, è forse arrivato il momento di abbandonare ogni approccio ideologico, pur presente negli ultimi anni a ogni latitudine. L’obiettivo ultimo è favorire quella «cultura della cura» evocata nell’enciclica di dieci anni fa, che dovrà coinvolgere le leadership politiche e quelle economiche, ma anche i corpi intermedi nelle sue molteplici forme, senza ovviamente dimenticare la responsabilità personale di ciascuna cittadina e di ciascun cittadino.