giovedì 7 maggio 2020
Occorre riprogettare i percorsi. Non è la tecnologia da sola che fa la differenza, ma i modelli pedagogico-didattici che dialogano con il digitale
Una lezione a distanza

Una lezione a distanza - Ansa

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L’emergenza sanitaria ha catapultato tutte le scuole, le Università e il mondo del lavoro nella didattica a distanza (Dad). Il grande impegno ha permesso di affrontare la crisi e di mantenere vive le reti sociali, ma anche di recuperare ritardi e sperimentare potenzialità a molti sconosciute: stanno emergendo punti di forza e di debolezza. Se si è toccato con mano che le relazioni umane e l’educazione possono viaggiare anche in rete, vi è oggi la consapevolezza che formare a distanza non significa erogare la stessa didattica con strumenti diversi: occorre riprogettare i percorsi. Non è la tecnologia da sola che fa la differenza, ma i modelli pedagogico-didattici che dialogano con il digitale.

Negli anni ‘60 del secolo scorso la Dad si identificava con lezioni notturne trasmesse alla televisione, in cui il docente erogava il suo sapere: questa modalità replicava, in forma patinata, la lezione in presenza senza prevedere nessuna interazione con colui che apprende. L'approccio didattico oggi è totalmente diverso e comprende un ventaglio molto ampio di strategie, metodi e linguaggi, prima ancora che di dispositivi tecnologici. Non si tratta solo di comunicare attraverso Internet; al centro del nuovo approccio si pone la necessità di attivare la rete delle conoscenze e di mettere in situazione chi partecipa, favorendo un’interazione continua tra chi insegna e chi apprende.

Descriviamo, a titolo di esempio, uno scenario tra i tanti possibili di formazione in rete. Immaginiamo di dover lavorare sulla professionalità, in ambiente sia universitario, sia lavorativo. Si potrebbe partire da un problema situato e contestualizzato: un caso clinico in medicina, per esempio. Un breve testo, così come un video o un audio, fornisce la struttura del percorso e gli obiettivi, e orienta chi apprende su come il lavoro sarà organizzato. Vengono poi messi a disposizione i materiali: la cartella clinica con i dati, l’anamnesi e i risultati delle analisi effettuate. Inizia così la fase attiva: gli studenti, interagendo con sistemi di messaggistica istantanea e di scrittura collaborativa, valutano differenti ipotesi e propongono una possibile terapia. I docenti in questa fase accompagnano il dibattito formulando domande, inserendo ulteriori dati e guidando la riflessione, senza anticipare le soluzioni. Nella fase finale, che potrebbe svolgersi in videoconferenza e assumere le funzioni di un debriefing, il docente riorganizza e struttura il sapere: si confrontano le ipotesi con l’evoluzione reale del caso, si analizzano le soluzioni e si riflette sui percorsi attuati, rapportando il tutto ai riferimenti teorici ed empirici. La focalizzazione sul processo nelle sue fasi è possibile in quanto il lavoro in rete prende forma in documenti (le scritture in rete) che lasciano traccia delle attività, favoriscono una riflessione sul percorso e permettono di “riavvolgere” il tempo. In alcuni casi l’analisi dei dati ricavabili da molte tecnologie e ambienti on line, in particolare dalle piattaforme specializzate (learning analytics), non solo permette un’analisi puntuale delle attività, ma può dare luogo a sistemi di apprendimento adattivi (adaptive learning) che consentono di regolare i percorsi e di legarli alle esigenze individuali dei soggetti in formazione (personalizzazione). L’esempio proposto non è semplicemente una rivisitazione di un’esperienza di apprendimento in presenza, ma una riprogettazione complessiva che coinvolge metodologie e tecnologie, né è replicabile totalmente in aula. Lo studente assume un ruolo attivo di ricerca e costruzione di conoscenza e in alcuni casi recupera anche esperienze informali. La prospettiva, che riguarda già l’oggi, è quella dell’apprendimento continuo. Il docente accompagna i processi di riflessione e sintetizza alla fine, garantendo la coerenza tra la conoscenza costruita e il sapere di riferimento. Il processo ha finalità educative, e non mira semplicemente all’acquisizione di informazioni. La valutazione, infine, si avvale anche del monitoraggio del processo e non tiene conto solo dei risultati finali.

La Dad modifica tempi e spazi: espande i tempi, permettendo lavori e riflessioni impossibili in tempi contingentati, rapporta spazi diversi favorendo uno stretto contatto tra pratiche e riflessioni sulle stesse. La Dad favorisce quei processi in cui lo spazio e il tempo debbono essere o dilatati, o compressi mentre la modularità della sessione di lavoro permette di alternare immersione a distanziamento, il recupero di dati dei contesti informali e la possibilità di effettuare esperienze.

Negli ultimi 30 anni si è passati «dal porre al centro il memorizzare e applicare fatti, semplici concetti e procedure lineari, al porre al centro capacità concettuali e analitiche di alto livello che il soggetto deve mostrare di saper applicare e adattare in diversi contesti». Il mondo è sempre più complesso e in continuo cambiamento, come anche il Covid-19 dimostra, e richiede professionalità capaci di interpretare i contesti e intervenire elaborando proposte capaci di mettere insieme in modo ricorsivo teoria e pratica.

È impossibile oggi pensare alla formazione senza il contributo del digitale: le stesse lezioni in aula sono amplificate e trasformate dalla disponibilità di risorse multimediali e delle reti. Mentre precedentemente la distanza replicava la presenza, oggi sempre più la presenza si arricchisce praticando metodi tipici dell’e-learning: project-based, problem-based, flipped-classroom. Vi è una presenza sempre più pervasiva del digitale che ha influito su due processi che vanno analizzati separatamente:

1) il remote learning ovvero la possibilità di mettere in relazione due soggetti anche distanti nello spazio. Gli attuali mezzi di comunicazione permettono di comunicare a distanza, e, a differenza dei mezzi utilizzati prima degli anni 90, sono bidirezionali e garantiscono l’interazione e la partecipazione attiva dello studente. Con la video-conferenza e i webinar non solo il docente propone il suo sapere, ma anche interagisce con gli studenti.

2) la digitalizzazione degli artefatti, ovvero la possibilità per gli studenti di produrre, modificare e condividere testi, immagini, video in ambienti digitali. Si ampliano le modalità per comunicare, per scrivere collettivamente, per rappresentare concetti (visual thinking), per personalizzare il tutoraggio grazie ai sistemi complessi come quelli dell’intelligenza artificiale.

L’esperienza attuale dimostra la potenzialità della Dad e la possibilità di stabilire relazioni umane anche comunicando in rete. Se la nostra attenzione si sposta su un orizzonte più ampio emerge anche la necessità di mettere a fuoco alcuni punti che, se non ben approfonditi, potrebbero produrre derive o tecnicistiche, o luddiste.

Punti chiave per la Dad

1. Fisico e digitale. Oggi la formazione opera, sempre e comunque, con differenti modalità (on line e presenza) e su diversi territori (ecosistema fisico e digitale): non può fare a meno del digitale. La Dad va oltre l’emergenza attuale in quanto può garantire processi di apprendimento continuo mirati non solo ad acquisire conoscenze, ma, soprattutto, a operare nei contesti in continua evoluzione.
2. Ripensare l’insegnamento. Per l’on line servono nuove competenze per il formatore e nuovi metodi didattici che favoriscano la ricorsività tra teoria e pratica, l’immersione nei contesti e il distanziamento riflessivo sugli stessi, l’interazione tra contesti formali e informali. Inoltre la capacità di fornire un ventaglio di proposte è essenziale anche per garantire il coinvolgimento di tutti i corsisti, senza escludere nessuno.
3. Ripensare l’apprendimento. Cambia la postura di chi apprende: la formazione continua richiede la capacità di scegliere un percorso a partire dai propri bisogni, di conoscere il proprio stile di apprendimento, di autoregolare il processo e di essere coinvolto direttamente e attivamente nello stesso. L’esperienza attuale ha fatto toccare con mano che anche in rete non tutti gli studenti godono delle stesse condizioni e possibilità e che influiscono le differenze culturali e sociali, differenze che comunque sono presenti anche in presenza. Attuare la Dad richiede pertanto un’attenzione particolare a includere tutti e ciò riguarda sia la disponibilità di tecnologie adeguate (dispositivi e rete), sia la padronanza delle competenze digitali.
4. Ripensare la valutazione. La valutazione si focalizza più sul processo di apprendimento che sui risultati. Non misura solo le conoscenze apprese, ma le abilità e gli atteggiamenti acquisiti o rielaborati in rete. I dati ricavati dal tracciamento degli ambienti digitali permettono di monitorare il percorso e di raccogliere evidenze che documentano come uno sa operare in contesti a crescente complessità (e-portfolio, open badge, blockcerts).
5. Ripensare il ruolo del docente. Con la Dad cambia anche la figura del docente che diventa il coach che accompagna, supporta la riflessione e focalizza l’attenzione sui processi. Oltre a essere esperto di contenuto, deve possedere competenze comunicative e relazionali, e rendere consapevole il corsista del processo di apprendimento. Il docente nella Dad è inoltre spesso affiancato da altre figure, quali per esempio i tutor.
6. Ripensare le infrastrutture. Per attivare i processi di formazione mista sono necessarie infrastrutture adeguate: la copertura e la qualità della rete (oggi non tutte le aree geografiche sono adeguatamente connesse), dispositivi remoti per chi apprende, strutture centrali sia software, sia hardware, ambienti di apprendimento che garantiscano la cooperazione, la visualizzazione dei processi di concettualizzazione, l’aggregazione delle idee e delle esperienze che provengono anche dall’informale.
7. Anticipare il futuro. Le attività messe in atto devono prevedere sempre più il supporto di modalità quali la realtà aumentata e virtuale, la simulazione (fondamentale per i laboratori tecnologici e scientifici remoti), l’intelligenza artificiale, questa ultima capace di garantire percorsi personalizzati e curvati su chi apprende.

SIREM (Presidente Pier Giuseppe Rossi)​ ​ SKILLA (Presidente Franco Amicucci)
Hanno collaborato alla scrittura: Pierpaolo Limone (Università di Foggia), Pier Cesare Rivoltella (Università Cattolica del Sacro Cuore), Luciano Galliani (Università degli studi di Padova), Andrea Garavaglia (Università degli studi di Milano) Maurizio Sibilio (Università degli studi di Salerno), Floriana Falcinelli (Università degli studi Perugia), Davide Parmigiani (Università degli studi Genova), Salvatore Colazzo (Università degli studi Lecce), Giovanni Bonaiuti (Università degli studi Cagliari), Filippo Bruni (Università degli studi del Molise), Anna Dipace (Università degli studi di Modena e Reggio Emilia), Chiara Panciroli (Università degli studi di Bologna), Livia Petti (Università degli studi del Molise), Maria Ranieri (Università degli studi Firenze), Paolo Raviolo (Università degli studi E-Campus).



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