domenica 4 agosto 2024
Indagine di Intesa San Paolo: troppo ottimistiche le stime dalla Commissione europea sulla risalita del tasso di fertilità. I costi pubblici per la sanità destinati a crescere
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undefined - FOTOGRAMMA/Massimo alberico

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Tra i quattro maggiori Paesi dell’Ue, l’Italia è l’unico che vedrà una contrazione della popolazione da qui al 2070 e l’invecchiamento della popolazione italiana peserà sia sul Pil potenziale sia sulla spesa pubblica per la previdenza, la sanità e l’assistenza a lungo termine. È questo il focus dello studio di Intesa Sanpaolo – Research Department che ha rielaborato le proiezioni contenute nei dati dell’Ageing Report 2024 della Commissione Europea.

La spesa pubblica è destinata a crescere, raggiungendo un picco del 28,3% del PIL tra il 2036 e il 2040. Tuttavia, si prevede anche una riduzione della spesa pensionistica nel lungo termine, dovuta a due fattori. In primis, un abbassamento del tasso di copertura (rapporto tra numero di pensionati e popolazione over 65), che riduce la spesa pensionistica del -3%, grazie alla graduale crescita dell’età effettiva di pensionamento. In secondo lugo, a incidere sulla spesa pensionistica c’è la riduzione del tasso di beneficio, ovvero del rapporto tra l’importo della pensione media e il livello medio nazionale dei salari orari, che dovrebbe dare un contributo negativo di -3,8%, grazie al venir meno del sistema retributivo.

Per quanto riguarda, invece, le spese per la sanità e l’assistenza a lungo termine aumenteranno, con il rischio di un maggiore peso che ricadrà sui privati cittadini anziché sul welfare pubblico.

Va detto che le riforme effettuate a più riprese negli ultimi decenni hanno reso il sistema previdenziale in Italia più sostenibile rispetto a quello di altri Paesi. Grazie, soprattutto, alla riduzione degli importi pensionistici e all’estensione della vita lavorativa, la spesa pensionistica in rapporto al Pil in Italia seguirà dapprima una traiettoria crescente nel prossimo decennio, fino a raggiungere un picco del 17,3% nel 2036; per poi tornare a calare gradualmente, fino a raggiungere il 13,7% nel 2060 e stabilizzarsi su quei livelli negli anni successivi.


Le prospettive dell'Italia

65,5%
è la stima nel 2070 dell’indice di dipendenza degli anziani che nel 2022 risultava al 40,8%

-7,2 milioni
sono le persone che invecchiando non faranno più parte della popolazione in età lavorativa

1,23
il tasso di fertilità dell’Italia nel 2023, tra i più bassi d’Europa, solo Malta e Spagna registrano valori più bassi

Le proiezioni demografiche mostrano che l’Unione Europea potrebbe perdere oltre 17 milioni di abitanti entro il 2070, mentre l’Italia subirà una perdita di 5,8 milioni di abitanti. Oltre che più ristretta, la popolazione italiana diventerà sempre più anziana, con un indice di dipendenza degli anziani che aumenterà drasticamente, passando dal 40,8% del 2022 al 65,5% nel 2070. E vi sarà un progressivo spostamento di persone in età lavorativa (-7,2 milioni di lavoratori) all’età pensionabile, che sarà attenuato solo in parte da un tasso di partecipazione e di occupazione più elevati, soprattutto tra le classi di età più avanzate e nella popolazione femminile.

Un altro punto da considerare è il tasso di fertilità italiano, tra i più bassi in Europa: come emerge dai dati Istat, dopo un picco nel 2008 pari a 1,43, questo indice è calato costantemente negli anni successivi (fatta eccezione per il biennio pandemico 2020-2021), fino ad attestarsi a 1,24 nel 2022-23. Il 2023 ha segnato un nuovo minimo storico (l’undicesimo di fila) nel numero di nascite (379mila) in Italia. Di conseguenza, nonostante la flessione del numero di decessi, il saldo naturale risulta ampiamente negativo (-281mila individui nel 2023). Secondo lo studio di Intesa Sanpaolo – Research Department lo scenario delineato dalla Commissione nell’Ageing Report pecca di ottimismo sia nelle ipotesi demografiche, relative in particolare alla risalita del tasso di fertilità sino a 1,45 nel 2070, sia nella stima delle conseguenze dell’invecchiamento della popolazione sul PIL potenziale e sulla spesa pubblica, tanto che assumendo ipotesi più prudenziali, si ridurrebbe anche il miglioramento atteso della spesa pensionistica nel lungo termine. Il calo della popolazione europea interesserà anche la Germania già a partire dal 2028, in Francia e Spagna dal 2047 e dal 2048. L’unico Paese tra questi in cui il saldo naturale (differenza tra nascite e decessi) nel 2024 è previsto rimanere positivo è la Francia, che avrà un saldo negativo dal 2039. L’afflusso migratorio sarà tale da compensare il saldo naturale negativo solo inizialmente, mentre nel lungo termine, in tutti i Paesi, potrà solo attenuare il calo della popolazione.

L’invecchiamento della popolazione avrà, dunque, un effetto negativo sul tasso di crescita del PIL potenziale, a causa del minor contributo del fattore lavoro causato dal calo dell’occupazione. Le stime sembrano incorporare sì l’impatto dell’invecchiamento sulla consistenza della popolazione in età da lavoro, ma non quello sulla produttività, che con ogni probabilità sarà negativo. Questo perché l’aumento della quota di lavoratori anziani implica una minore propensione all’innovazione e al tempo stesso l’invecchiamento della popolazione potrebbe determinare un mismatch tra domanda e offerta sul mercato del lavoro, in particolare in settori che richiedono maggiore prestanza fisica. In sintesi, per la sostenibilità economica del Paese negli anni futuri le politiche pubbliche dovranno cercare di bilanciare il sostegno ai pensionati con la necessità di mantenere una forza lavoro adeguata e produttiva, ricorrendo a nuove competenze e utilizzando anche la leva dell’immigrazione regolare.

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