Ventitré Stati dell’Ue su ventisette hanno registrato nel 2023 hanno registrato un deficit. E l’Italia ha fatto segnare quello più alto di tutti: -7,4%. Sostanzialmente invariato, ma su livelli altissimi, il debito pubblico italiano: alla fine del quarto trimestre del 2023 è sceso al 137,3% del Pil rispetto al 137,9% del trimestre precedente, in confronto a un rapporto debito-Pil dell’eurozona sceso all’88,6% rispetto all’89,6% del terzo trimestre. Il debito pubblico italiano si conferma dunque, stando ai dati di Eurostat, al secondo posto tra i Paesi dell'area euro, dopo la Grecia al 161,9% e davanti alla Francia al 110,6%. Seguono la Spagna al 107,7% e il Belgio al 105,2%. Nell’Ue solo Cipro e Danimarca (entrambi +3,1%), Irlanda (+1,7%) e Portogallo (+1,2%), non hanno registrato un deficit: dopo quello italiano, i deficit più elevati si sono registrati l’anno scorso in Ungheria (-6,7%) e Romania (-6,6%), ma sono ben undici gli Stati con un deficit superiori al 3% del Pil.
A certificare il -7,4% dell’Italia è anche l’Istat, secondo cui, rispetto ai conti dello scorso 5 aprile, le nuove stime vedono un peggioramento dell'indebitamento netto in rapporto al Pil di 0,2 punti percentuali (era al 7,2%). Il 2022 si era chiuso all'8,6%. "Questa nuova versione dei conti - spiega l'Istat nella Notifica sull'indebitamento netto e sul debito delle Amministrazioni pubbliche secondo il Trattato di Maastricht - recepisce le più recenti evidenze quantitative sulla spesa per i crediti d'imposta connessi al cosiddetto Superbonus, dal momento che il 4 aprile 2024 è scaduto il termine per comunicare all'Agenzia delle Entrate la scelta di avvalersi della cessione del credito o dello sconto in fattura". L'istituto ha precisato inoltre che "tali nuove informazioni non sono ancora definitive per una possibile fisiologica stabilizzazione del dato di base nei prossimi mesi". Il dato sul deficit potrebbe insomma peggiorare ancora ed è la stessa Istat a sottolineare le responsabilità del Superbonus sul peggioramento dei conti pubblici.
Sul tema è intervenuto ieri anche Sergio Nicoletti Altimari, capo dipartimento Economia e Statistica della Banca d’Italia, nel corso dell'audizione sul Def in Commissioni riunite Bilancio di Camera e Senato. "Nell'introdurre nuovi schemi di incentivazione occorrerà evitare di ripetere gli errori che hanno caratterizzato alcune misure recenti, in particolare l'esperienza del Superbonus", ha sottolineato. L'ammontare dei crediti d'imposta per Superbonus contabilizzati per competenza nei conti del 2023 pubblicati da Istat a inizio aprile è pari a quasi 3,7 punti percentuali del Pil (77 miliardi), "un valore di oltre cinque volte superiore a quanto il Def 2023 prevedeva sarebbe maturato nell'anno", ha aggiunto ancora il responsabile di Bankitalia.
Decisivo per la crescita delineata quest’anno dal governo, ha sottolineato Nicoletti Altimari, sarà “il contributo fornito da una attuazione piena ed efficace degli investimenti del Pnrr, che a partire da questo anno dovrebbero accelerare”. Al momento, le previsioni per l'economia italiana si discostano solo lievemente dal Def ma "i rischi per la crescita rimangono orientati al ribasso". Secondo Bankitalia il Pil crescerà dello 0,6% quest'anno (0,8% il dato corretto per giorni lavorativi) e poco al di sopra 1% nel prossimo biennio (0,9% nel 2025 e 1,3% nel 2026 i dati corretti). "La spesa sanitaria in rapporto al Pil rimarrebbe sostanzialmente invariata fino al 2027 (intorno al 6,3 per cento); in prospettiva, andranno tuttavia attentamente gestite le pressioni sulla spesa sanitaria che potranno derivare dell'evoluzione dall'invecchiamento della popolazione".
Sempre in audizione sul Def, il presidente della Corte dei Conti, Guido Carlino, ha sottolineato che ci sono "ampi livelli incertezza quadro internazionale". Le ipotesi di crescita per il 2024 "appaiono condivisibili", ha spiegato, sebbene possa "mostrare criticità in caso di aumenti" dei prezzi del petrolio per le tensioni Medio Oriente.