sabato 13 luglio 2024
La recente acquisizione di Novamont da parte di Versalis ha consentito di superare lo stallo. Adesso il gruppo Eni crede nel rilancio e punta a concludere il percorso
Nella foto dall’alto il sito industriale di Porto Torres in Sardegna dove nel 2011è partito il progetto per la chimica verde. Tredici anni fa venne siglato tra istituzioni e realtà industriali un accordo per dar vita al progetto con sette impianti, un centro di ricerca e bonifiche. Ma finora è stato realizzato solo parzialmente.

Nella foto dall’alto il sito industriale di Porto Torres in Sardegna dove nel 2011è partito il progetto per la chimica verde. Tredici anni fa venne siglato tra istituzioni e realtà industriali un accordo per dar vita al progetto con sette impianti, un centro di ricerca e bonifiche. Ma finora è stato realizzato solo parzialmente.

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Transizione ecologica, energetica ed industriale stanno cambiando anche il mondo della chimica, che sarà sempre più sostenibile. In Sardegna si gioca una partita decisiva. Quella verde doveva essere una grande opportunità per il rilancio di un territorio ferito dal petrolchimico, che per anni ha dato lavoro a migliaia di famiglie, ma ha anche contaminato il suolo, l’aria e l'acqua. Una pagina di storia dell’industrializzazione italiana.

Il 26 maggio 2011, a Palazzo Chigi, governo, Regione, enti locali, Eni e Novamont siglarono un protocollo d’intesa per la realizzazione di un progetto per la chimica verde a Porto Torres: sette impianti, un centro di ricerca, le bonifiche, la salvaguardia e lo sviluppo dell'occupazione: un investimento complessivo di 1,2 miliardi di euro. Bioeconomia di filiera, risanamento e riconversione. Nello stesso anno nacque Matrìca, la joint venture tra Versalis (Eni) e Novamont, per la riqualificazione delle aree ex petrolchimico di Porto Torres (SS).

Di quel progetto pioneristico, solo una parte è stata realizzata. Al momento oltre al centro di ricerca, sono attivi dal 2014 solo due impianti: monomeri bio e oli bio. Un sogno a metà: dopo un avvio promettente è seguita una lunga fase di assestamento industriale e produttivo. Il conflitto all’interno della joint venture ha portato allo stallo, un contenzioso risolto solo nel 2023, con l’acquisizione di Novamont da parte di Versalis.

Il gruppo Eni crede nel potenziale della chimica verde e guarda al futuro. «La recente acquisizione di Novamont – spiega Versalis – rappresenta l’opportunità di valorizzare le complementarità delle rispettive piattaforme industriali. La trasformazione della chimica, iniziata con Matrìca, è stata un’impresa straordinaria, unica nel suo genere sul panorama mondiale, sia in termini di innovazione, sia di riconversione industriale. Un progetto di trasformazione del sito industriale per produrre, con l’utilizzo di materie prime vegetali, bioprodotti destinati a numerosi settori come le bioplastiche, biolubrificanti, fitosanitari, prodotti per la cosmesi, additivi per l’industria della gomma/plastica. Fino ad oggi, la realizzazione totale degli impianti ha richiesto un investimento complessivo di oltre 290 milioni di euro».


L’intesa iniziale prevedeva l’impiego di 2.400 lavoratori, ma al momento sono occupati in 500 (a cui si aggiungono 150 addetti dell’indotto). La spinta del territorio per dare nuovo impulso ai progetti rimasti fermi

Uno degli obiettivi dell’intesa era il risanamento ambientale. Il complesso percorso di bonifica finalmente procede. Eni Rewind, la società ambientale di Eni (ex Syndial) ha confermato l’impegno a proseguirlo. «Completata la demolizione degli impianti e dei fabbricati dismessi – spiega Eni Rewind – prosegue il recupero ambientale di oltre 1100 ettari, attraverso attività di messa in sicurezza, caratterizzazione, monitoraggio e trattamento della falda. Il progetto Nuraghe interessa una superficie di circa 30 ettari dell’ex discarica Minciaredda per la rimozione e il trattamento dei terreni contaminati. Si tratta dell’unico impianto autorizzato a trattare rifiuti pericolosi in Sardegna. Finora il costo delle attività nell’area ex Minciaredda è stato di 135 milioni di euro, mentre quello per la messa in sicurezza e bonifica della falda e dei suoli è stato di oltre 500 milioni di euro, un indotto che coinvolge circa 500 lavoratori».

Sui terreni di Porto Torres già bonificati, inoltre, Plenitude, società controllata da Eni, ha realizzato dal 2019, un impianto fotovoltaico di circa 30 MW, pari al fabbisogno energetico annuo di circa 15.000 famiglie.

Ma per il territorio non è stato fatto abbastanza. Per la Cisl regionale le bonifiche sono un atto dovuto e il protocollo d’intesa è stato disatteso. «Mancano ancora gli investimenti per lo sviluppo del prodotto finale - sottolinea Pier Luigi Ledda, segretario regionale della Cisl - e per la centrale a biomasse, che non è mai partita. L’accordo, inoltre, prevedeva l’impiego di migliaia di lavoratori, per tornare ai livelli occupazionali precedenti, pari a 2.400 unità, ma al momento sono impiegati circa 500 maestranze, più i 150 dell’indotto. Le responsabilità sono politiche e aziendali. L’auspicio è che l’Eni mantenga gli impegni e il Governo attivi la cabina di regia, mai istituita, per la revisione dell’intesa».

La stessa richiesta arriva dalla Regione: «Chiediamo al governo la convocazione della cabina di regia – dichiara l’assessore regionale dell'Industria, Emanuele Cani – e all’Eni di mantenere gli impegni assunti 14 anni fa, che solo in parte sono stati rispettati. Il nostro obiettivo è ripartire da quel protocollo d’intesa, aggiornandolo alla luce dei cambiamenti avvenuti con la transizione energetica e il riconoscimento del sito di Porto Torres come area di crisi industriale complessa, per arrivare ad un nuovo accordo di programma».


Sindacati in attesa di conoscere il piano industriale che la società controllata dal Tesoro dovrebbe presentare a breve al ministero: la speranza è che vengano rispettati gli impegni dagli investimenti
alle bonifiche

I sindacati sono in attesa di conoscere il piano industriale che Eni, a breve presenterà alle rappresentanze sindacali e al Mimit. Cauta la posizione della Femca Cisl. «Per capire quali scenari possa avere il sito di Porto Torres – afferma Sebastiano Tripoli, segretario nazionale Femca Cisl – bisogna attendere il piano industriale di Eni. Auspichiamo che parallelamente alla chimica di base, si sviluppino processi green oriented con l’implementazione delle specialties, produzioni di nicchia meno soggette alla concorrenza e alla ciclicità del mercato. Il nostro obiettivo è lo sviluppo occupazionale e industriale. Quel progetto dovrà essere attualizzato, ma è ancora strategico se si implementa filiera».

Gli ultimi anni sono stati a dir poco difficili per l'industria chimica europea, che ha visto una riduzione della propria quota di mercato (scivolata dal 27% al 14% del fatturato globale negli ultimi 20 anni), a fronte dell’espansione della Cina, che oggi detiene più del 40% del mercato.

Ma le organizzazioni sindacali guardano lontano e oggi più che mai sono pronte a scommettere ancora nella chimica verde. «Il progetto pilota di Porto Torres - dice Maurizio Don, funzionario Uiltec Nazionale - doveva essere l’alternativa alla chimica tradizionale. Con l’acquisizione di Novamont da parte di Versalis (ENI) si aprono nuovi scenari. Versalis, potrebbe diventare leader nel settore, mettendo a disposizione grandi impianti per lo sviluppo della filiera delle bioplastiche e del riciclo. Per rilanciare il progetto è fondamentale la sinergia con le istituzioni, ma soprattutto chiarezza normativa, l’incertezza non deve diventare un alibi per disinvestire». «Quel progetto si è arenato forse proprio perché era troppo innovativo per quei tempi - afferma Marco Falcinelli, segretario generale della Filctem Cgil - ma è ancora valido e va rilanciato nell’ambito della transizione energetica ed ecologica. Ma ogni processo di transizione deve andare per gradi, e l’approccio non deve essere ideologico. La chimica verde va intesa come un percorso, non uno ‘switch off’. in genere, si sottovaluta la pervasività della chimica: se non si producono i polimeri, si ferma l’intera filiera industriale e aumenta la dipendenza dall’estero».

Nonostante gli investimenti già sostenuti, resta ancora molto da fare. Dal Mimit fanno sapere che il dicastero è a disposizione per affrontare il percorso, insieme alle istituzioni del territorio, per dare nuovo impulso ai progetti che maggiormente rispondono alle attuali esigenze. Eni continuerà a fare la sua parte, ma anche altri dovranno scendere in campo: solo un impegno congiunto di forze economiche pubbliche e private, portatrici di idee e progetti nuovi e concreti può determinare una svolta, che da decenni tarda a presentarsi.

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