La necessità è la stessa per tutti: poter contare su un’alta somma di liquidità a stretto giro. Le esigenze possono essere diverse, anche se nella maggior parte dei casi si riducono a due: avere i soldi per potersi permettere cure e assistenza con l’età che avanza e/o aiutare i figli in difficoltà economica. Nell’Italia che sta diventando sempre più vecchia e più povera, in cui si fa fatica a garantirsi servizi di welfare adeguati alle necessità, sta emergendo con forza un trend: il boom delle vendite di case in nuda proprietà. Si tratta di quella soluzione che prevede la vendita della proprietà dell’immobile a un acquirente, ma con il venditore che conserva il diritto di abitarci per l’intera esistenza (salvo altre scadenze fissate nell’atto notarile).
Del resto, quando la pensione è bassa e i risparmi di una vita si sono già erosi, rompere il salvadanaio di ultima istanza (quello immobiliare) diventa l’unica alternativa percorribile per far fronte alle spese legate alla terza età.
Sono anzitutto i numeri a confermare che questo fenomeno sta progressivamente crescendo. Dal rapporto 2024 dell’Omi (Osservatorio mercato immobiliare) risulta che lo scorso anno, mentre le compravendite complessive sono state poco meno di 710mila unità, ovvero in calo del 9,7% rispetto al 2022, le operazioni in nuda proprietà sono aumentate dell’1,7%. Circa un terzo degli scambi è concentrato nel Nord Ovest. Il tasso di variazione delle compravendite di nuda proprietà rispetto al 2022 è maggiore nei comuni capoluogo (+2,9%), mentre nei comuni minori è pari a +1,2%. Chiaramente le compravendite di nuda proprietà rappresentano una quota marginale sul totale (il 3,9%), tuttavia il fenomeno non può essere ignorato. Anche se va detto che, pur in assenza di statistiche ufficiali, gli esperti del settore concordano che c’è una fetta consistente di transazioni legittime di nuda proprietà che avvengono nell’ambito familiare per ragioni di risparmio fiscale e scelte legate al riassetto del patrimonio.
A lanciare un allarme sulla povertà e le fragilità legate alla casa, con anziani che vendono l’immobile (ma non l’usufrutto) per pagare le badanti, sono state nei mesi scorsi anche le Acli. Con un “sos” partito da Bologna e che si è poi allargato anche al resto del territorio nazionale, le Acli hanno segnalato una crescita delle vendite di nuda proprietà che si nota anche nelle dichiarazioni dei redditi, nell’Isee e nei vari servizi svolti nei Caf. «Il trend c’è già e probabilmente è destinato a salire nei prossimi anni - afferma Simone Zucca, direttore della rete dei Caf Acli -. Dagli incontri con i nostri clienti emerge chiaramente una difficoltà crescente nella gestione delle spese legate all’assistenza a fronte di una redditività che fa fatica a tenere il passo con le risorse necessarie per il welfare». A volte per un anziano in difficoltà economica possedere una casa non rappresenta più un’immagine di ricchezza, un bene da tramandare, ma un asset da cui “liberarsi” per tagliare le spese correlate all’immobile, per diminuire il valore dell’Isee e per liberare risorse per servizi di assistenza sempre più cari.
Il fenomeno delle vendite di nuda proprietà si intensifica nelle grandi città «sia perché il valore delle proprietà immobiliari è più alto sia perché nelle aree interne e nei piccoli comuni c’è uno stato sociale fatto di relazioni più forti che nell’assistenza agli anziani che riduce il ricorso alle badanti e il numero di ricoveri in case di riposo», aggiunge Zucca.
C’è appunto un tema di pensioni basse che pesa nelle scelte dei venditori. «La vendita della nuda proprietà con usufrutto vitalizio, in tempi di crisi, è diventata sempre più popolare tra gli anziani, soprattutto se la pensione non è sufficiente al proprio sostentamento» si legge sul sito della Cisl Pensionati. I numeri dicono che in Italia vi sono circa 1,3-1,4 milioni di famiglie di anziani che hanno reddito basso ma possiedono una casa di valore medio-alto. Il 21% delle famiglie di anziani ha risparmi bassi o nulli, sebbene più di un terzo di questi nuclei viva in una casa che vale oltre 200mila euro.
C’è chi vende perché, ovviamente, c’è chi compra. E l’interesse degli acquirenti per questa formula sta aumentando progressivamente. « Noi riceviamo tra le 30 e le 40 chiamate al giorno tra chi vuole vendere o comprare», racconta Roberto Preatoni, a capo di una holding dedicata esclusivamente alle compravendite di nuda proprietà e che opera con una rete di 50 agenzie affiliate su tutto il territorio nazionale. I vantaggi per gli acquirenti, che nella maggior parte dei casi comprano senza mutuo, non mancano. «Innanzitutto c’è la possibilità di acquistare un immobile ad un prezzo fortemente scontato (tra il 25 e il 30% in meno), con l’opportunità da non sottovalutare di rivendere la nuda proprietà in qualsiasi momento con una plusvalenza, dato che il suo valore tende ad aumentare con l'avanzare dell’età dell'usufruttuario – spiega Preatoni -. Oltre ai vantaggi fiscali della formula, sta crescendo anche la consapevolezza di effettuare un investimento ad alto valore sociale in un’Italia in cui circa il 27% degli over 75 dichiara di non poter fare affidamento su figli, conoscenti, parenti o vicini di casa». L’acquirente, insomma, viene visto «sempre meno come un avvoltoio, come si poteva pensare in passato, e sempre di più come un investitore che indirettamente consegna a un anziano quella liquidità di cui ha bisogno per vivere meglio. E magari anche più a lungo».