Con una ricchezza stimata di 75 miliardi di dollari Warren Buffett è il secondo uomo più ricco del mondo, dopo Bill Gates
Il primo approccio è stato respinto, ma non è arrendendosi che Warren Buffett è diventato il secondo uomo più ricco del mondo dopo Bill Gates. Alla soglia degli 87 anni "l’oracolo di Omaha" sta lavorando per creare un gigante capace di sfidare l’indiscusso primo posto degli svizzeri di Nestlè nella classifica dei maggiori gruppi mondiali dei prodotti di largo consumo. Quei prodotti che troviamo sugli scaffali dei supermercati e che, come sa chi legge le etichette, nonostante la straordinaria varietà dei marchi appartengono quasi tutti a una manciata di multinazionali.
Buffett è entrato in questo mercato quattro anni fa, quando la sua finanziaria Berkshire Hathaway assieme al fondo brasiliano 3G Capital ha comprato per 28 miliardi di dollari Heinz, re del ketchup ma anche, attraverso il marchio Plasmon, tra i leader in Europa nel cibo per bambini. Due anni dopo il primo grande salto: nel marzo del 2015 con un’operazione in contanti e azioni da 50 miliardi di dollari complessivi il finanziere e il suo alleato brasiliano hanno conquistato la maggioranza di Kraft, gruppo che controlla tra gli altri il marchio Philadelphia. Dalle nozze tra ketchup e maionese è nata Kraft Heinz, un’azienda che con 26,5 miliardi di dollari di fatturato 2016 è il quinto gruppo al mondo nel campo alimentare. Grazie soprattutto alle sinergie prodotte dall’alleanza (1,2 miliardi di costi in meno in due anni) Kraft Heinz ha quintuplicato il margine operativo lo scorso anno, portandolo a 3,6 miliardi di dollari.
Ma Kraft Heinz è un’azienda troppo nordamericana per diventare una potenza davvero globale: quasi l’80% del suo fatturato arriva da Stati Uniti e Canada. Per questo Buffett, sempre assieme agli alleati di 3G Capital, si è lanciato nel terzo assalto. Nel mirino c’è Unilever, gigante anglo-olandese fortissimo nella cosmetica (suoi marchi come Dove, Axe e Sunsilk), robusto nell’alimentazione (con i gelati Algida e il tè Lipton) ma soprattutto capace di ottenere il 58% dei suoi incassi nei mercati emergenti. Con quasi 53 miliardi di euro di ricavi 2016 Unilever fattura il doppio di Kraft Heinz (ma assieme i due gruppi sfiorano i 90 miliardi di dollari, poco meno di Nestlé). È abbastanza grande per respingere le avance di Buffett. Difatti il suo consiglio di amministrazione ieri ha detto di no alla prima proposta degli americani: 143 miliardi di dollari, di cui circa 85 miliardi in contanti e il resto in azioni del gruppo che nascerebbe dalla fusione.
Sono 50 dollari per azione, il 18% in più di quanto Unilever valesse fino a questa mattina. È comunque troppo poco, ha risposto il Cda, convinto che l’offerta «sottovaluti sostanzialmente Unilever» e lamentando che non ci fosse nessun senso «né finanziario né strategico» per gli azionisti. I manager del gruppo basato a Rotterdam «non vedono la base per un’ulteriore discussione». Buffett evidentemente quella base la vede. Kraft Heinz ha spiegato che «lavora per raggiungere un accordo sui termini della transazione». Secondo le regole c’è un mese di tempo per lanciare un’offerta formale o ritirarsi. Gli analisti sono cauti, perché vedono in particolare rischi a livello di limiti Antitrust. Gli investitori meno: le azioni Unilever hanno guadagnato più del 12%, portandosi a un passo dall’offerta promessa dagli americani.