Reuters
«Tutti gli stabilimenti Volkswagen sono coinvolti nei piani di ristrutturazione. Nessuno è al sicuro!». Ieri, poco dopo le 11 del mattino, Daniela Cavallo, presidente del consiglio di amministrazione VW, 49 anni, figlia di due operai calabresi della Volkswagen, con queste parole ha aperto ufficialmente la peggiore crisi nella storia della casa automobilistica di Wolfsburg. Cavallo, prima di parlare, si è stretta nella sua giacca rossa, sotto di lei migliaia di operai: urla, fischi, non rivolti contro di lei, ma diretti verso ciò che stava annunciando, ossia i piani di revisione aziendale dei vertici del gruppo VW.
«Un bagno di sangue, un’onda di disoccupati pronta a travolgere la VW, la Germania e il governo di Berlino», questi i primi commenti dei media, del quotidiano nazional popolare Bild, ma anche dell’autorevole quotidiano economico di Düsseldorf, Handelsblatt.
Le parole di Cavallo, cresciuta nella Volkswagen, dove svolge soprattutto il ruolo di rappresentare i diritti dei dipendenti e degli operai, lasciano poco spazio ad interpretazioni: «Nei piani presentati dai vertici dell’azienda ci sono tagli di posti di lavoro e di stipendi – ha aggiunto –. Almeno tre stabilimenti rischiano di chiudere nei prossimi mesi e anni, decine di migliaia di dipendenti potrebbero essere messi in disoccupazione. Stanno dissanguando l’azienda, nessuno dei 120.000 dipendenti della Volkswagen in Germania è al sicuro». Secondo i vertici aziendali, il gruppo prevede la chiusura di stabilimenti e la riduzione significativa di quelli che resteranno operativi. Il primo stabilimento a grande rischio è a Osnabrück, nel land della Bassa Sassonia: tutti i 2.300 dipendenti potrebbero ricevere la lettera di licenziamento. Gli altri nove stabilimenti a rischiare chiusure o pesanti tagli sono Wolfsburg, il più grande con 70.000 dipendenti; Kassel, 15.500; Hannover, 14.200; Zwickau, 10.350; Emden, 8.000; Salzgitter 7.500; Braunschweig 7.000; Chemnitz, 1.900; Dresda, 340.
Oltre ai licenziamenti – che, secondo i vertici aziendali, saranno avviati da luglio 2025 – per i dipendenti che resteranno a lavorare nella VW dovrebbero esserci tagli salariali del 10%, e anche la fine dell'attuale indennità tariffaria mensile di 167 euro. Questo significa in concreto una perdita salariale fino al 18%. L’azienda vuole abolire anche i bonus per i dipendenti, a partire dal primo livello inferiore alla classe manageriale. Stop anche ai pagamenti annuali una tantum per 25 e 35 anni di servizio.
Ovviamente il sindacato di categoria Ig Metall ha subito definito le proposte aziendali «inaccettabili». E domani inizieranno le prime complicate trattative: «Questo non è un piano di ristrutturazione, bensì una pugnalata al cuore della laboriosa forza lavoro della VW», ha tuonato il negoziatore dell’Ig Metall, Thorsten Gröger, che domani non solo rifiuterà le proposte dei vertici aziendali ma chiederà aumenti salariali del 7% per tutti i dipendenti VW.
Ma per i manager del gruppo Volkswagen non ci sono alternative ai tagli: «La situazione è grave – ha spiegato il direttore delle risorse umane VW, Gunnar Kilian – senza misure globali per riconquistare competitività, non potremo permetterci investimenti significativi in futuro». Il governo di Berlino prima di esprimersi attende le trattative e le prime decisioni definitive, ma l’esplosione del caso VW rischia di acuire ulteriormente la crisi dell’esecutivo. Oggi il cancelliere tedesco Olaf Scholz ha in programma una riunione, fissata da tempo, con sindacati e aziende per parlare di iniziative per il rilancio di economica e industria.