sabato 3 luglio 2021
Ordini esecutivi dell’ex presidente Trump confermati da Biden impediscono a migliaia di connazionali rientrati in Italia durante il Covid di tornare negli Stati Uniti dove vivono e lavorano
Controlli rafforzati nel centro di New York

Controlli rafforzati nel centro di New York - Ansa

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C’è il compositore e produttore di Latina che ha collaborato a lungo con Max Giusti, Pippo Baudo e la Rai e che dal 2018, stabilitosi a Los Angeles, scrive musiche per il cinema e per la pubblicità; c’è la giovane goriziana residente a Washington D.C. che da tempo lavora come nanny presso una famiglia di diplomatici e c’è la 29enne di Catania partita nel 2019 per partecipare ad un cultural exchange program della Disney e da poco assunta alla Camera di Commercio Italiana a Miami.

Ad accomunare le loro storie, e quelle di migliaia di nostri connazionali espatriati negli Stati Uniti e rientrati temporaneamente in Italia poco prima (o durante) la pandemia, qualcuno addirittura per un lutto o per problemi di salute, è l’impossibilità di far ritorno nel Paese dove lavorano, investono, pagano le tasse e hanno i propri affetti, a causa di alcuni ordini esecutivi emanati dall’ex presidente Donald Trump e confermati dall'attuale amministrazione Biden allo scopo di contenere la diffusione del Covid-19 e tutelare il mercato del lavoro. Una successione di "proclami presidenziali" che ha portato alla sospensione di ogni tipo di viaggio considerato "non essenziale e urgente" dall’Europa e dai Paesi dell’area Schengen agli Stati Uniti, persino da parte di chi è in possesso di un regolare visto approvato dall’agenzia federale statunitense che regola l’immigrazione, relegando in questo modo moltissimi expats italiani in una sorta di limbo che si protrae da oltre un anno e mezzo. C’è chi, pur appartenendo alle categorie considerate di "interesse nazionale" per l'economia statunitense – e, quindi, teoricamente autorizzate a viaggiare – , non è più riuscito a lasciare l’Italia per via dei ritardi con cui l’Ambasciata e i Consolati stanno processando le richieste di permesso; c’è chi si è trovato costretto a restare al di là dell’Atlantico in modo da evitare, una volta in Italia, di rimanervi a tempo indeterminato.

«È un problema di reciprocità», afferma la deputata forzista Fucsia Nissoli (eletta nella circoscrizione estera, ripartizione Nord e Centro America) la quale, dopo aver sollecitato la speaker della Camera, Nancy Pelosi, per mezzo di una lettera firmata anche dal Presidente della Commissione Affari costituzionali del Parlamento eu- ropeo, Antonio Tajani, ha riscritto al ministro degli Esteri e della Cooperazione Internazionale Luigi Di Maio, dopo aver raccolto 1.300 firme, chiedendo «di attivarsi su piano diplomatico affinché sia riconosciuta la condizione di reciprocità nelle modalità di rientro in Usa per i nostri connazionali» bloccati in Italia. Va ricordato, infatti, che tali disposizioni non riguardano i cittadini americani e quelli in possesso della Green Card, gli unici autorizzati a calpestare il suolo americano a dispetto del divieto, e che, inoltre, dallo scorso maggio, su decisione degli ambasciatori dei ventisette Paesi europei, gli americani possono tranquillamente viaggiare per turismo in tutta Europa e nel Regno Unito.

«Lo strumento del travel ban, contenuto nella Proclamation presidenziale del 13 marzo 2020, è stato fondamentale nel primo anno di pandemia sia per gli Stati Uniti e sia per l’Unione europea. Limitare gli spostamenti ha permesso di salvare decine di migliaia di vite. Ora, però, ci troviamo in una fase di ripartenza e le norme vanno modificate», ha scritto Nissoli su Formiche.it riprendendo il contenuto delle lettere a Pelosi e a Di Maio. «Dal 16 Maggio scorso il nostro Paese ha aggiornato la propria normativa relativa agli spostamenti in entrata e ha permesso a tutti i cittadini americani di viaggiare in Italia, per turismo o per lavoro, senza l’obbligo di rispettare la sorveglianza sanitaria e l’isolamento fiduciario, nel caso in cui il viaggio avvenga a bordo di voli Covid-tested. È stato il primo Paese della zona Ue a farlo. Fino ad ora, però, l’amministrazione Biden non ha mostrato purtroppo la stessa reciprocità nei confronti dei Paesi della Ue».

Si tratta, come ha precisato la deputata di Fi che attualmente vive nel Texas, di un divieto di viaggio che sta avendo ripercussioni molto negative anche sull’economia italiana. La preoccupazione, sotto questo fronte, è talmente diffusa che di recente diversi gruppi imprenditoriali aderenti al Gei (il Gruppo Esponenti italiani negli Stati Uniti di cui fanno parte anche la Bracco, l’Eni, la Banca d’Italia, Benetton), hanno chiesto con una lettera aperta inviata al presidente Joe Biden, il rientro negli Usa dei propri dipendenti e delle loro famiglie. «Il tema è seguito con la massima attenzione dalla Farnesina e dall’Ambasciata d’Italia a Washington», è stata la risposta di Di Maio, che il 9 giugno scorso, poche settimane prima dell’incontro con il Segretario di Stato americano Anthony Blinker, ha ricordato che «eventuali misure di reciprocità non potrebbero che essere analizzate nell’ambito di una coordinata politica dei visti dell’Ue » e che «grazie anche alla nostra intensa attività di sensibilizzazione, il Dipartimento di Stato Usa ha di recente ampliato le categorie di visti suscettibili di valutazione di interesse nazionale includendo anche le persone che ricoprono ruoli aziendali dirigenziali».

Per i nostri connazionali bloccati in Italia, però, quel che è stato fatto sino ad ora è davvero troppo poco, tanto che alcuni di loro, supportati dall’onorevole Nissoli e da un avvocato specializzato in Diritto dell’Immigrazione, stanno lavorando ad una lettera da inviare al più presto ai governatori e ai senatori americani in cui chiedono l’immediata rimozione del famigerato travel ban.

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