giovedì 12 novembre 2020
Solo nel 21% dei casi le donne rivestono posizioni apicali, ma tra gli under 35 le manager sono più del doppio dei colleghi
In ascesa le donne nel settore biomedicale

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Nonostante i ruoli manageriali all’interno delle aziende dei dispositivi medici (tanto per le donne quanto per gli uomini) vengono ricoperti per lo più da over 55 (50,2%), tra gli under 35 si fanno strada le donne la cui percentuale si attesta sul 5,7% rispetto al 2,8% maschile. Sono questi gli ultimi dati emersi dall’analisi condotta dal Centro Studi di Confindustria Dispositivi Medici sulle imprese del settore, che pongono l’accento sulla rappresentazione femminile nelle posizioni apicali e che fanno ben sperare ad una timida inversione di tendenza. Dalle fasce più giovani infatti potrebbe arrivare un cambiamento di rotta che potrebbe portare negli anni a venire all’abbattimento del tetto di cristallo e all’assottigliamento del gender gap. I dati mostrano come il 21% delle posizioni apicali è ricoperto da donne, solo il 13 % se si considera la carica di presidente. Tra gli occupati dal settore dispositivi medici, il 46% è di sesso femminile, 6 punti percentuali in più rispetto al totale dell’industria italiana dove la presenza maschile si attesta al 60%. Nonostante ciò, le percentuali variano drasticamente man mano si percorre la piramide aziendale: l’80% delle posizioni apicali vengono ricoperte dal sesso maschile, risultato simile per il ruolo di presidente la cui poltrona è occupata da uomini per l’87% dei casi. Salgono leggermente per fermarsi al 24% le percentuali che vedono le donne membri del comitato audit e al 25% quelle che le vedono sedere nel consiglio di amministrazione. Tra i fattori che sembrano incidere maggiormente sull’ascesa delle donne al potere c’è la dimensione aziendale: solo il 17,5% dei ruoli di spicco vengono ricoperti da donne nelle grandi imprese mentre raggiungono il 23,9% e il 21,6% in quelle di micro e piccola dimensione.

«Una industry messa fortemente sotto pressione dall'emergenza Covid, ma in cui le narrazioni delle persone rivelano alti livelli di serenità rispetto all'incertezza e ai cambiamenti imposti dalle misure di contenimento - spiega Chiara Bacilieri, Head of Data di Lifeed, piattaforma tech per la formazione life-based delle competenze soft -. L'analisi delle risposte di oltre 1.100 partecipanti ai percorsi formativi di Lifeed sulla gestione del cambiamento ha evidenziato che chi lavora nel comparto esprime livelli di serenità superiori del 57% rispetto alle altre industry. Non solo. Spostandosi sul piano dei comportamenti, in questa industry si osserva una maggiore propensione all'auto riflessione: oltre il doppio (+124%) rispetto agli altri settori».

«L’emergenza da coronavirus sta spingendo molti improvvisati operatori ad affacciarsi alla formazione a distanza che tuttavia non può essere improvvisata per un problema di contenuto – commentano da Intermeeting, impegnata nella formazione del settore medico-scientifico -. È fondamentale che alle spalle ci sia un comitato scientifico autorevole, sia che si tratti di formazione in ambito medico che in altri settori. Ma è anche un problema di piattaforma, di accessibilità, di tecnologia, basti pensare a tutte quelle applicazioni, nate per facilitare video conferenze o video call, che oggi vengono utilizzate per fare formazione, fatto salvo verificare poi che non è possibile usarle per erogare crediti Ecm e che permettono un’interazione limitata per numero di partecipanti e per qualità stessa della connessione».

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