mercoledì 31 luglio 2019
La difficoltà di reperimento media è del 61%. Ma sale al 70% per le imprese che hanno bisogno di "specialisti in scienze informatiche, fisiche e chimiche"
Le aziende faticano a trovare ingegneri
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Tanti laureati in materie umanistiche, ma pochi in totale nel territorio. E le aziende ne hanno bisogno, soprattutto se provengono dalle aree raccolte nel cosiddetto Stem, acronimo che raggruppa Scienze, Tecnologia, Ingegneria e Matematica. È quanto emerge dall'analisi elaborata da Fabbrica Padova, centro studi di Confapi, che ha raffrontato l'ultimo rapporto Eurostat sulla percentuale dei laureati nel Continente, regione per regione, diramato pochi giorni fa, con il più recente rapporto Excelsior, il sistema informativo per l'occupazione e la formazione predisposto da Unioncamere in collaborazione con ministero del Lavoro e Unione Europea.

Da un lato si riscontra come la percentuale di laureati italiani nella fascia di età 15-64 anni considerata a livello statistico sia tra le più basse del Continente, tant'è che nessuna regione del Belpaese è sopra la media europea, che è del 32.3%. L'Italia invece è ferma al 19.1%, con il Veneto di poco sotto, al 18.8%, ultima fra le regioni del Nord e 13esima in un'ipotetica classifica che, nello Stivale, vede primeggiare il Lazio col 25.6%, davanti a Emilia Romagna e Liguria (22% ciascuna), e chiudere la Sicilia, con il 14%.

Dall'altro lato, a livello padovano, nel 2018 le entrate programmate dalle imprese dell'industria e dei servizi sono state pari a circa 77.460 unità, comprensive di tutte le forme contrattuali. E, tra le caratteristiche qualitative più rilevanti, emerge un significativo incremento della difficoltà di reperimento, che interessa il 32% di tutte le figure richieste, nonché un innalzamento del livello professionale delle entrate. La difficoltà di reperimento aumenta in maniera vertiginosa in determinate aree, in particolare per le aziende che hanno bisogno di "specialisti in scienze informatiche, fisiche e chimiche", dove sale al 70%, e per i "tecnici amministrativi, finanziari e della gestione della produzione", dove si arriva al 59%. Considerando nello specifico i titoli di studio più richiesti dalle aziende a livello universitario, comanda Ingegneria nei suoi vari indirizzi, con una difficoltà di reperimento media del 61%.

«Risulta evidente come ci siano troppi diplomati che scelgono il percorso di studio senza consapevolezza delle opportunità che ne ricaveranno. I dati lo affermano chiaramente: l'Italia ha una proporzione di laureati minore di altri Paesi e a mancare sono soprattutto quelli delle discipline scientifiche ed economiche -
sottolinea il presidente di Confapi Padova Carlo Valerio -. Per di più, i titoli in Italia si concentrano in facoltà che non trovano adeguati sbocchi nel mercato. Per evitare effetti di sotto inquadramento del
personale o difficoltà di reperimento per le aziende sarebbe necessaria quella collaborazione fra sistema produttivo e sistema formativo che, oggi, non c'è». «La scuola, infatti, deve essere in grado di formare le figure professionali adatte al mercato e le imprese devono investire sul capitale umano che diventa fattore di competitività, ma questo non accade. A trasparire, invece, è l'assoluta assenza di un progetto generale e di una visione da parte del ministero dell'Istruzione, dell'Università e della ricerca: allargando la prospettiva lo testimonia in modo clamoroso, ad esempio, la mancanza di medici che si registra pressoché in tutta Italia», avverte.

Interessante considerare, nello specifico, quanti e quali siano stati i laureati sfornati dall'Università di Padova al termine del 2017, ultimo anno i cui dati sono disponibili nella loro interezza: 12.778. Di questi, 2.583 hanno terminato il loro percorso di studi in Ingegneria nei vari indirizzi (20.2% del totale), 1.420 nelle Scienze (11.1%), 2.763 nelle Scienze umane (21.6%), 1.642 in Psicologia (12.9%), 1.207 in Economia e Scienze Politiche (9.4%), 862 in Agraria (6.7%), 440 in Giurisprudenza (3.4%) e 1.861 in Medicina e
Chirurgia (14.6%).

«Il gruppo economico-statistico e quello di ingegneria sono quelli a cui attingono di più le imprese, che hanno difficoltà ad assumere visto il ridotto numero di candidati. La direzione del mercato appare,
quindi, palese - conclude Valerio - Così come è evidente che il lavoro tecnico non viene considerato come dovrebbe, perché non c'è vera comunicazione tra il mondo dalla scuola e le imprese. Vale già a
livello di scuola secondaria e diventa ancora più lampante nel momento in cui si analizzano i dati provenienti dal mondo universitario».

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