lunedì 14 ottobre 2024
La compagnia aerospaziale ha visto aumentare gli incidenti relativi alla sicurezza, tra scioperi e ritardi di produzione e nelle consegne. Le sue azioni hanno perso in Borsa il 40% da inizio anno
La produzione di un Boeing 737 a Renton, negli Usa

La produzione di un Boeing 737 a Renton, negli Usa - Reuters

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Oltre 17mila dipendenti di Boeing vedranno tagliato il loro posto di lavoro, una drastica riduzione annunciata venerdì dal colosso aerospaziale americano finito negli ultimi anni nella bufera per una serie di incidenti e per ritardi nella produzione. Emergeranno infatti in giornata maggiori dettagli sul piano che il ceo Robert Kelly Ortberg ha definito necessario per la competitività dell’azienda nel lungo periodo, un piano che però richiede “decisioni dure”. In generale, Boeing si appresta a lasciare a casa il 10 per cento dei dipendenti, e non è detto che basterà.

I tagli sono stati resi necessari dai crescenti problemi finanziari dell’azienda, che a gennaio ha visto saltare in aria un pannello della porta di uno dei suoi aerei 737 Max durante un volo dell’Alaska Airlines. L’incidente aveva provocato il panico a bordo, mentre i bagagli venivano risucchiati fuori e precipitavano nel giardino di un insegnante a Portland, in Oregon. Le autorità di regolamentazione hanno ordinato la messa a terra di tutti i 171 modelli con le stesse caratteristiche e chiesto a Boeing di rallentare la produzione del jet più venduto come parte di una revisione più ampia per migliorare la qualità e la sicurezza dei suoi processi produttivi.

Boeing sta inoltre affrontando un costoso sciopero da parte del suo principale sindacato, iniziato quasi un mese fa. L'azione sindacale di 33.000 membri dell'Associazione internazionale dei macchinisti e dei lavoratori aerospaziali ha fermato la produzione degli aerei 737 Max, 767 e 777 negli stabilimenti di Washington provocando ulteriori ritardi nelle consegne. Ipotizzando uno stipendio medio annuo di 100.000 dollari, una riduzione del 10% della forza lavoro creerebbe per l’azienda un risparmio di circa 1,7 miliardi di dollari lordo di interessi e tasse, secondo l’analista di Jefferies Sheila Kahyaoglu.

I guai di Boeing arrivano ormai da lontano. Il colosso aerospaziale americano era finito nella bufera per i disastri aerei del Lion Air 610, il 29 ottobre 2018 e dell'Ethiopian Airlines 302, il 10 marzo 2019, schiantatisi a causa di un software anti-stallo difettoso. Morirono in totale 346 persone e vennero messi a terra per 20 mesi tutti i 737 Max 8, il modello coinvolto in entrambe le tragedie. Il costruttore pagò 2,5 miliardi di dollari per chiudere l'inchiesta penale. Oggi la sua immagine è tutt'altro che migliorata, dopo mesi segnati da incidenti sfiorati su più di un volo e dal caso dei due astronauti rimasti bloccati sulla Stazione Spaziale Internazionale a causa del malfunzionamento della navicella Starliner, decollata nonostante una già nota vulnerabilità. Torneranno a casa, il prossimo febbraio, solo grazie all'intervento dell'arcirivale SpaceX.

A gennaio scorso, dopo l’incidente al 737 Max 9, i primi controlli mostrarono che il portellone non era l'unico componente che era stato installato in maniera non abbastanza salda. L'attenzione si spostò su Spirit AeroSystems, divisione scorporata nel 2005, responsabile della costruzione della fusoliera e di altre parti dell'aeromobile. Documenti legali depositati per una causa intentata dagli azionisti mostrarono che ispezioni interne avevano fatto emergere una "quantità eccessiva di difetti" nell'impianto dell'azienda in Kansas e che a un dipendente fu chiesto di nascondere le criticità. La stessa Faa fu costretta ad ammettere che era tempo di fare marcia indietro dalla controversa pratica di lasciare alle aziende il compito di autocertificare la qualità dei propri prodotti.

I 737 Max 9 sarebbero tornati a volare dopo tre settimane ma un'altra agenzia federale, il National Transportation Safety Board (Ntsb), scoprì nel frattempo che quattro viti necessarie ad assicurare il portellone del volo Alaska Airlines alla fusoliera mancavano del tutto. Le testate specializzate iniziarono a pubblicare le rivelazioni di anonimi lavoratori secondo i quali era stata Boeing stessa, e non Spirit AeroSystems, ad aver rimontato in quel modo il portellone il giorno prima del volo. Il 21 febbraio Ed Clark, il dirigente responsabile della supervisione del programma 737 Max, lasciò la compagnia.

Il mese dopo sarebbe arrivato lo spietato verdetto della Faa che, dopo un mese e mezzo di indagini, denunciò "molti casi nei quali le società non sarebbero riuscite a rispettare i requisiti dei controlli di qualità industriali", spesso a causa di dipendenti che non rispettavano i protocolli di sicurezza richiesti. La lista dei problemi tecnici, spesso dovuti a un'apparente approssimazione, sviscerata dai sempre più frequenti "whistleblower" crebbe. Negli aerei in costruzione furono trovati fori per l'installazione delle viti non effettuati in modo adeguato.

Il 25 marzo l'amministratore delegato, Dave Calhoun, annunciò le dimissioni. Il suo successore, Robert Kelly Ortberg, si sarebbe insediato solo l'8 agosto. E i guai, nel frattempo, erano tutt'altro che finiti. Il 4 aprile un motore di un 737 della Southwest Airlines a Lubbock, Texas, prese fuoco in fase di decollo. Quattro giorni dopo a Denver la copertura di un motore di 737-800 si staccò durante la partenza. Le rivelazioni dei "whistleblower" diventarono sempre più frequenti. Santiago Paredes, un ex dipendente di Spirit AeroSystems, parlò di "centinaia di difetti" riscontrati nelle fusoliere consegnate a Boeing. L'ex filiale venne riassorbita nel gruppo ma un altro evento sarebbe presto intervenuto per mantenere i guai di un simbolo dell'industria americana sulle prime pagine dei giornali: quello della navicella spaziale Starliner, lanciata il 5 giugno con due astronauti a bordo nonostante un problema, non del tutto risolto, legato alle perdite di elio, che avrebbero impedito il rientro dell'apparecchio nei tempi previsti.

A oggi le azioni di Boeing hanno perso il 40% del loro valore dall'inizio dell'anno. E il recente braccio di ferro con i dipendenti in sciopero, seguito dall'annuncio dei licenziamenti, appare solo come il capitolo più recente di una crisi strutturale della quale, al momento, la fine appare ancora lontana.



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