Aziende familiari e ricambio generazionale - Archivio
Secondo un’elaborazione di Unioncamere e Infocamere negli ultimi dieci anni in Italia la presenza di over 70 al vertice di aziende è aumentata di un quarto, mentre è diminuita - più o meno dello stesso valore - quella di giovani (18-29 anni). Un passaggio generazionale che diventa sempre più complicato e che obbliga buona parte degli imprenditori a chiudere perché solo il 13% delle aziende familiari arriva alla terza generazione (dati Family First Institute).
Eppure le pmi a gestione familiare sono il 65% del tessuto imprenditoriale italiano; in queste, nelle aziende di più grandi dimensioni, la leadership è nelle mani della famiglia imprenditoriale (65,7%), mentre nelle realtà più piccole lo è addirittura nel 78,8% dei casi. Sono i dati della XV edizione dell’osservatorio AUB del 2024. La ricerca evidenzia che, nel triennio 2020 - 2022, complice la pandemia, è iniziata una prima transizione efficiente da parte di molte pmi verso un modello di gestione collegiale: oltre il 33,9% è guidata da uno o più amministratori delegati. Nello scenario di impresa attuale, dove la competitività è alta e le competenze necessarie diventano sempre più diversificate e specialistiche, un manager non familiare può apportare all’azienda know- how specifici non presenti e relazioni delle quali essa non dispone. Può divenire fondamentale nel rafforzare i processi decisionali interni, nel sopperire alla mancanza di eredi con competenze adeguate e nel ridurre il grado di emotività, tipicamente presente nelle imprese di famiglia, aiutando a prendere decisioni in maniera più obiettiva. La ricerca evidenzia inoltre che, per quanto non sia in crescita il numero di leader over 70, risulta ancora molto alto e questo significa che saranno moltissime le aziende a dover gestire in questi anni il delicato tema del passaggio generazionale. La loro crescita nell’ultimo biennio si è comunque rallentata a favore dell’ingresso di professionisti più giovani (under 50) esterni all’asse famigliare. Il post Covid ha quindi avviato un trend che è necessario agevolare e fortificare attraverso una corretta cultura di impresa, in quanto, le imprese che hanno avviato i ricambi al vertice agevolando l’ingresso di leader under 50 e con un Cda aperto verso i non familiari hanno registrato una crescita di fatturati.
I vantaggi dei manager esterni
Nello scenario di impresa attuale, dove la competitività è alta e le competenze necessarie diventano sempre più diversificate e specialistiche, un manager non familiare può apportare all’azienda know- how specifici non presenti e relazioni delle quali essa non dispone. Può divenire fondamentale nel rafforzare i processi decisionali interni, nel sopperire alla mancanza di eredi con competenze adeguate e nel ridurre il grado di emotività, tipicamente presente nelle imprese di famiglia, aiutando a prendere decisioni in maniera più obiettiva. La ricerca evidenzia inoltre che, per quanto non sia in crescita il numero di leader over 70, risulta ancora molto alto e questo significa che saranno moltissime le aziende a dover gestire in questi anni il delicato tema del passaggio generazionale. La loro crescita nell’ultimo biennio si è comunque rallentata a favore dell’ingresso di professionisti più giovani (under 50) esterni all’asse famigliare. Il post Covid ha quindi avviato un trend che è necessario agevolare e fortificare attraverso una corretta cultura di impresa, in quanto, le imprese che hanno avviato i ricambi al vertice agevolando l’ingresso di leader under 50 e con un Cda aperto verso i non familiari hanno registrato una crescita di fatturati. Ecco un vademecum:
● Selezione professionale: utilizzare criteri di selezione professionali oggettivi per scegliere manager con comprovate competenze ed esperienze, evitando scelte basate solo su simpatie personali.
●Chiarezza nelle aspettative: definire con precisione gli obiettivi, le responsabilità e l’autonomia del manager esterno fin dall’inizio, esplicitando le aspettative di performance e i criteri di valutazione.
● Compatibilità valoriale: assicurarsi che i valori e la cultura del manager siano compatibili con quelli dell’azienda, per garantire un’integrazione armoniosa nel team esistente.
● Remunerazione e incentivi: offrire un pacchetto remunerativo congruo e motivante, correlato ai risultati aziendali, per incentivare il manager a raggiungere gli obiettivi prefissati.
●Monitoraggio e supporto: stabilire meccanismi di monitoraggio regolari da parte dei soci della famiglia e fornire supporto continuo al manager esterno, per prevenire e risolvere eventuali problemi in modo tempestivo.
Cosa prevede la normativa
Ecco un breve elenco delle principali opportunità e relativi vantaggi offerte dal sistema normativo italiano.
● Donazione dell'azienda
La donazione è uno degli strumenti più utilizzati per trasferire l'azienda ai discendenti diretti. La legge italiana, in questo caso, prevede una "neutralità fiscale" e consente di evitare l'imposizione di tasse sulle plusvalenze, purché l'azienda venga devoluta in favore di discendenti o del coniuge del donante e venga mantenuta ai medesimi valori fiscalmente riconosciuti e che il donatario prosegua l’attività per almeno cinque anni.
● Conferimento d'azienda
Il conferimento dell'azienda in un’altra società (nuova o esistente) è un'altra opzione che gode di un regime di neutralità fiscale. Questo metodo permette di trasferire l'azienda senza generare plusvalenze o minusvalenze imponibili in capo a chi attua il conferimento, e senza l'applicazione dell'IVA, facilitando così un passaggio più agevole e meno oneroso.
● Trasferimento delle partecipazioni societarie
Il trasferimento delle partecipazioni societarie consente un regime fiscale favorevole se i discendenti o familiari che beneficiano del trasferimento proseguono l'esercizio dell'attività d'impresa o detengano attraverso il trasferimento delle quote il controllo dell’azienda per un periodo non inferiore a cinque anni dalla data del trasferimento.
● Patti di famiglia
I patti di famiglia, regolati dall'art. 768-bis del Codice Civile, permettono all’imprenditore di trasferire l'azienda o le partecipazioni societarie ai discendenti, (ossia solo ai figli) in modo controllato, garantendo la tutela dei legittimari, cioè quei componenti della famiglia che non beneficiano di quote di partecipazione o di gestione dell’azienda, che vengono liquidati con importi corrispondenti a quanto definito dall’asse ereditario. Tuttavia, per applicare questa norma è necessario il consenso di tutti i legittimari, il che può rendere il processo complesso e non sempre praticabile. Inoltre, richiede che siano subito disponibili le risorse finanziarie sufficienti per le liquidazioni dovute.
● Clausole dello statuto
La pianificazione successoria si può attuare, sia in sede di costituzione della società sia anche successivamente con la modifica dello statuto, con l’inserimento di clausole specifiche che facilitino attraverso una programmazione preventiva il passaggio generazionale. Queste possono soddisfare diverse esigenze dell’imprenditore; ad esempio consentirgli di accrescere la propria partecipazione rispetto a quella degli altri soci superstiti, fare in modo che i suoi eredi conseguano la qualità di soci o permettergli di controllare l’ingresso di estranei nella società.
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