L’agricoltura dà lavoro. Anzi, mai come in questo periodo il ruolo dei campi – anche dal punto di vista occupazionale -, pare essere più importante di prima. Perché, oltre che assicurare adeguate forniture alimentari, sono proprio le coltivazioni e gli allevamenti ad offrire occasioni d’occupazione che, fino a poche settimane fa, parevano dimenticate dai più. Una sorta di ritorno alla terra che deve far pensare. Cibo e lavoro, dunque. Due esigenze pressanti, che possono essere soddisfatte insieme. La necessità di garantire approvvigionamenti alimentari agli italiani, infatti, va di pari passo con il bisogno di trovare il lavoro che si è perso oppure di guadagnare qualcosa di più perché alle prese con una riduzione degli stipendi e delle attività. L’esigenza tocca pressoché tutti. Perché intanto le difficoltà di spostamento hanno messo in forse la disponibilità di manodopera straniera; una complicazione che si aggiunge a quelle provocate dal clima in questo periodo non certo favorevole alle semine e alle raccolte. I rischi di mandare all’aria l’annata, oltre che i redditi degli italiani, ci sono tutti.
E’ per tutto questo che Coldiretti ha lanciato Jobincountry, un portale internet che prova a raggiungere in un solo colpo tre obiettivi: combattere le difficoltà occupazionali, garantire le forniture alimentari e stabilizzare i prezzi con lo svolgimento regolare delle operazioni di raccolta.
L’iniziativa, autorizzata dal Ministero del Lavoro, dopo una fase sperimentale in Veneto, è adesso estesa a tutta Italia. E potrebbe essere davvero un successo. In una sola settimana e in una sola regione, le candidature arrivate sono state 1.500 e di ogni genere: dagli studenti universitari ai pensionati fino ai cassaintegrati, ma non mancano neppure operai, blogger, responsabili marketing, laureati in storia dell’arte e tanti addetti del settore turistico in crisi.
In poche ore di operatività a livello nazionale, i curriculum inseriti sono stati 400. Il 60% di chi è pronto a “tornare alla terra” ha fra i 20 e i 30 anni di età, il 30% ha fra i 40 e i 60 anni e infine 1 su 10 (10%) ha più di 60 anni. Semplice il funzionamento del portale, che si presenta come una piattaforma di intermediazione della manodopera e che offre quindi a imprese e lavoratori un luogo di incontro, prima virtuale e poi sul campo. Le aziende agricole inseriscono le loro necessità e le condizioni contrattuali; chi cerca lavoro indica le esperienze oltre ai dati personali.
L’attività è svolta direttamente nelle singole provincie attraverso le società di servizi delle Coldiretti locali. Dietro tutto questo, c’è anche una necessità ormai impellente.
“Di fronte alle incertezze e ai pesanti ritardi che rischiano di compromettere le campagne di raccolta e le forniture alimentari siamo stati costretti ad assumere direttamente l’iniziativa”, dice infatti il presidente della Coldiretti Ettore Prandini, che punta il dito su un altro problema. “Occorre – spiega -, introdurre al più presto i voucher semplificati in agricoltura limitatamente a determinate categorie e al periodo dell’emergenza”. Il fatto è che l’attuale meccanismo dei voucher appare essere troppo rigido e complesso. “Servono – dice Prandini -, provvedimenti straordinari che potrebbero consentire solo a cassaintegrati, studenti e pensionati italiani lo svolgimento dei lavori nelle campagne in un momento in cui peraltro scuole, università attività economiche ed aziende sono chiuse e in molti potrebbero trovare una occasione di integrazione del reddito proprio nelle attività di raccolta”.
In attesa delle istituzioni, quindi, le campagne italiane fanno da sole, adottando meccanismi già sperimentati in Europa. Una esperienza simile, infatti, è già stata realizzata in Francia con la piattaforma Bras pour ton assiette alla quale hanno risposto oltre 200mila francesi, ma altre iniziative sono state o stanno per essere lanciate anche in Germania e in Gran Bretagna con lo slogan Pick for Britain. Tutto in attesa di accordi specifici con Polonia, Bulgaria e Romania per realizzare dei “corridoi verdi privilegiati” per i lavoratori agricoli. Con il blocco delle frontiere – dice ancora Coldiretti – è a rischio più di un quarto della produzione agroalimentare nazionale raccolta normalmente da 370mila lavoratori regolari che arrivano ogni anno dall’estero.