sabato 5 ottobre 2024
Lo conoscevo per la sua attività contro la pedofilia online. Ne ammiravo il coraggio di affrontare l’innominabile. Poi ho conosciuto don Di Noto. E insieme abbiamo affrontato il buio dell’umano
Don Maurizio Patriciello insieme a don Fortunato Di Noto in piazza San Pietro per un'udienza del Papa

Don Maurizio Patriciello insieme a don Fortunato Di Noto in piazza San Pietro per un'udienza del Papa

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La pedofilia e la pedopornografia sono due brutte bestie. Talmente brutte che se ne parla poco, male, di cattiva voglia e a bassa voce. Gli uomini fanno fatica a credere che un minore innocente possa scatenare - violenta e vergognosa - la libidine di una persona adulta. Si rimane, poi, sbigottiti, quando la bambina o il bambino stuprati sono venuti al mondo solo da pochi mesi o - addirittura - da pochi giorni.

Ma chi sono i pedofili? Viziosi da punire? Malati da curare? Esseri diabolici da internare? Scienziati di tutto il mondo, unitevi! Dateci una risposta, diteci con chi abbiamo a che fare e come difendere le nuove generazioni da questi figuri. Spiegateci che cosa si scatena nella loro sessualità perversa, e perché. Governi di tutto il mondo non badate a spese, schierate in campo le migliori risorse, per strappare dalle grinfie di queste persone spietate e disturbate, le fragilissime membra dei bambini. In Italia, un uomo senti di essere chiamato a fare luce su questo dramma crudele e quasi del tutto sconosciuto.
Da quel giorno sono trascorsi più di30 anni. Informa, denuncia, scrive, lancia allarmi, collabora con le istituzioni, corre in aiuto delle vittime e dei loro familiari. Si chiama Fortunato Di Noto, è siciliano, è prete, è parroco. Per la sua stazza fisica e la sua bontà, per gli amici è “il gigante buono”. Sapevo di lui, lo ammiravo, pregavo per la sua nobilissima missione. Desideravo incontrarlo. La Provvidenza – ancora una volta – mi corse incontro.

A un convegno, nel Lazio, ci ritrovammo a sedere allo stesso tavolo. L'intesa fu immediata. Mi parve di conoscerlo da sempre. Don Fortunato ha fondato e dirige l'associazione “Meter”, impegnata, soprattutto, nello scovare e denunciare alla Polizia postale i siti online che sorgono come funghi, per permettere agli scaltri pedofili di guardare, scambiarsi, vendere, comprare foto e video pedopornografici. Uno scandalo. Bimbi ridotti a merce. Il male senza maschera. Troppo, troppo poco si parla di questa tragedia immane. Troppo poco costa lo scandalizzarsi il giorno in cui la televisione ci getta addosso, magari all’ora della cena, la storia di uno stupro ai danni di un minore. Allora tutti ci sentiamo in diritto di inveire, maledire, scaraventare il reo alla gogna mediatica e invocare per lui la pena di morte o l’ergastolo a pane e acqua. Salvo, poi, accantonare tutto il giorno dopo e passare ad altro.

Chiedo perdono per questa digressione, ma non riesco a parlare del mio caro amico e confratello se non in rapporto a questa sua originale e preziosissima vocazione nella vocazione. Un profeta. Ci conoscemmo. Ci stimammo. Ci sostenemmo. Diventammo amici. Quando il 24 giugno del 2014, Fortuna Loffredo – la cara, indimenticabile Chicca – di sei anni appena, fu scaraventata giù dall'ottavo piano di un palazzo fatiscente della mia parrocchia, fu per me, e per la nostra comunità parrocchiale, un brutto colpo. Il peggio, però, non era ancora arrivato. Pochi giorni dopo, infatti, l'autopsia rivelerà che la cara Fortuna era stata ripetutamente scempiata. Orrore allo stato puro. Rimanemmo basiti. Spiazzati davanti a tanta vergognosa cattiveria. Possibile? Chi ha avuto il coraggio di fareuna cosa simile?

Ben presto l'aguzzino fu individuato. Un uomo quasi quarantenne, sposato, padre; fu condannato poi alla massima pena. Lei, Chicca, in cielo, tra gli angeli, ha, finalmente, potuto assaporare che vuol dire essere bambina. E tale rimarrà in eterno. In quei giorni mi sentivo sperduto. Angosciato. Per la prima volta mi trovavo faccia a faccia con la morte per pedofilia. Chiamai don Fortunato. Venne. Ci sostenne, ci aiutò a capire. La nostra parrocchia, gremita di persone, pendeva dalle sue labbra. Compresi allora che in questo campo la buona volontà non basta; per affrontare drammi di questa portata occorrono impegno, preparazione, competenza.
In seguito, quando mi fu data la possibilità di tenere una serie di commenti ai Vangeli della domenica, su RaiUno, all’interno della trasmissione “A Sua Immagine”, volli registrare una puntata con lui, ad Avola, in provincia di Ragusa. Le ore che avevo a disposizione erano poche. Non mi arresi. In un solo giorno partii da Napoli, arrivai ad Avola, con Fortunato e i suoi collaboratori, registrammo la puntata, ingoiammo un panino in sagrestia, una granita di mandorle al bar nella piazza del paese, e poi, di corsa, all'aeroporto di Catania, per far ritorno a casa.

Prima di partire, però, chiamai il mio confratello in disparte: «Fortunato, ascolta, io ho lavorato in ospedale, in pediatria, non ti nascondo che mi viene difficile credere che non solo le ragazzine e i bambini ma addirittura i neonati possonoe vengono stuprati. Il solo pensiero mi fa impazzire. Faccio fatica a crederci, io voglio vedere con i miei occhi questo scempio...». «Sei certo, Maurizio? Guarda che ti farà male.. vuoi pensarci meglio?». «Lo so, fratello, lo so che mi farà male, adesso e negli anni che verranno… ho riflettuto... ho pregato... sono convinto...voglio vedere dove arriva a spingersi l'uomo quando si rende complice del male... quando si allontana da Dio… tu, però, non lasciarmi solo, stammi accanto….». E scendemmo all’inferno insieme.

Insieme sentimmo l'insopportabile fetore dei demoni che appesta l'aria; insieme fummo assordati dal rumore delle catene che serrano le caviglie ai rei, insieme ascoltammo - impotenti, increduli, scandalizzati, orripilati, nauseati, arrabbiati, distrutti - il pianto disperato di quei bimbi, lo strazio di quella carne in fasce che implorava aiuto a un mondo che si tappava le orecchie per non sentire, si bendava gli occhi per non vedere.

Insieme, continuammo a chiederci: «Perché? Perché, Signore? Perché gli innocenti soffrono, muoiono, vengono venduti, barattati, stuprati, scempiati come carne da macello? Perché non intervieni? Come fai tu - Giustizia infinita, Misericordia eterna - asopportare questo obbrobrio? Signore, dove sei? Signore, rispondi».

Quel giorno ebbi paura di me. Mi accorsi quanto fossi fragile e debole; mi resi conto che davvero “tutto è grazia”. Quel giorno fui a un passo dall'accogliere nel mio cuore quel sentimento vile, da me sempre detestato, che chiamiamo odio. Quel giorno, pur di mettere in salvo quei bimbi dai loro spietati e blasfemi aguzzini, sarei stato disposto a tutto. Arrivai a vedere due, tre, forse quattro filmati della durata di un minuto poi non ce la feci più a resistere. Basta! Basta! Sentivo di impazzire. «Fortunato, ma tu come fai? Come sopravvivi a tanto straziante orrore?» gli chiesi, piagnucolando. «Maurizio caro, che dirti? In questi anni mi sono beccata una cardiopatia...» rispose, fissandomi con quei suoi occhioni bambini come i suoi bambini. Caro, caro don Fortunato, a nome di tutti i bambini del mondo, oggi voglio dirti grazie. A nome di tutti i nostri confratelli, voglio abbracciarti forte, e stringere sulmio cuore il tuo cuore ferito e sanguinante.

Fortunato, forse non lo sai - e io non ricordo se te l'ho mai detto - ma nei momenti di sconforto, quando il carico si fa pesante, quando la speranza arranca, quando sento il bisogno che una mano amica che mi sostenga per non cadere, io sempre penso di saltare sul primo aereo in partenza per la Sicilia e correre da te. Forza, gigante buono! Coraggio, carissimo amico mio, dei bambini… e di Gesù bambino.

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