Giovani portano in processione l’immagine della Vergine con il Bambino all’inizio della Veglia di preghiera ecumenica - Agenzia Romano Siciliani
Il silenzio. Quello che scende per lunghi minuti sui partecipanti alla Veglia di preghiera nello stile di Taizé, in una piazza San Pietro addobbata da alberi e gremita da 18mila fedeli, soprattutto giovani da tutto il mondo. E quello che viene sottolineato dal Papa. Che ne richiama il valore nella vita del credente e della Chiesa e nel cammino di unità dei cristiani.
Francesco l’ha osservato lui per primo, durante lo svolgimento della preghiera “Togheter” (“Insieme”, come il titolo della veglia stessa, che ha una forte componente ecumenica, con la presenza del patriarca di Costantinopoli, Bartolomeo e altri capi delle confessioni cristiane, e il Papa seduto accanto a loro come un fratello tra fratelli), e ora prendendo la parola per l’omelia, sottolinea: «Il silenzio è essenziale nella vita del credente. Il nostro non è stato un tacere vuoto, ma un momento carico di attesa e di disponibilità. In un mondo pieno di rumore non siamo più abituati al silenzio, anzi a volte facciamo fatica a sopportarlo, perché ci mette di fronte a noi stessi. Eppure esso sta alla base della parola e della vita». Un silenzio che serve anche per l’evangelizzazione.
«D’altronde - fa notare il Pontefice - la verità non ha bisogno, per giungere al cuore degli uomini, di grida violente. Dio non ama i proclami e gli schiamazzi, le chiacchiere e il fragore: preferisce piuttosto, come ha fatto con Elia, parlare nel “sussurro di una brezza leggera”». E allora anche ogni singolo credente deve «liberarsi da tanti rumori per ascoltare la sua voce. Perché solo nel nostro silenzio risuona la sua Parola».
Ma il silenzio è essenziale anche nella vita della Chiesa perché, spiega Francesco, «rende possibile la comunicazione fraterna, in cui lo Spirito Santo armonizza i punti di vista». E questo è importante anche in vista del Sinodo, che sta per iniziare. «Essere sinodali vuol dire accoglierci gli uni gli altri così, nella consapevolezza che tutti abbiamo qualcosa da testimoniare e da imparare, mettendoci insieme in ascolto dello “Spirito della verità” per conoscere ciò che Egli “dice alle Chiese». Nel silenzio infatti, è ancora la sottolineatura del Papa, si attua il discernimento, «attraverso l’ascolto attento dei “gemiti inesprimibili” dello Spirito che riecheggiano, spesso nascosti, nel Popolo di Dio». Perciò il Pontefice chiede allo Spirito «il dono dell’ascolto per i partecipanti al Sinodo: ascolto di Dio, fino a sentire con Lui il grido del popolo; ascolto del popolo, fino a respirarvi la volontà a cui Dio ci chiama».
Infine la necessità del silenzio nel cammino ecumenico. «L’unità dei cristiani - ricorda Francesco - cresce in silenzio davanti alla croce, proprio come i semi che riceveremo (uno dei gesti significativi della veglia, ndr) e che raffigurano i diversi doni elargiti dallo Spirito Santo alle varie tradizioni: a noi il compito di seminarli, nella certezza che Dio solo dona la crescita. Essi saranno un segno per noi, chiamati a nostra volta a morire silenziosamente all’egoismo per crescere, attraverso l’azione dello Spirito, nella comunione con Dio e nella fraternità tra di noi».
«Chiediamo che il Sinodo sia kairós di fraternità - auspica dunque il Pontefice -, luogo dove lo Spirito Santo purifichi la Chiesa dalle chiacchiere, dalle ideologie e dalle polarizzazioni. Mentre ci dirigiamo verso l’importante anniversario del grande Concilio di Nicea, chiediamo di saper adorare uniti e in silenzio, come i Magi, il mistero del Dio fatto uomo. Più saremo vicini a Cristo, più saremo uniti tra noi». La veglia è stata preceduta da quattro “grazie” per i doni che Dio ha concesso all’umanità. Poi Bartolomeo ha invocato l’Adsumus. E si è pregato intensamente per il Sinodo, per le vittime di violenza e abusi e per la pace in Ucraina e nelle altre zone di guerra. Una preghiera ecumenica affinché si possa camminare insieme verso l’unità.