La app "Cammini della Fede", il progetto lanciato dalla Cei per avviare il censimento degli itinerari italiani. Si parte da quelli giubilari - Cei
«L’obiettivo è ambizioso: costruire una grande rete di antiche e nuove vie di pellegrinaggio, mettere in piedi un sistema virtuoso che diventi il modo con cui la Chiesa italiana risponde all’attenzione che da tempo c’è attorno ai cammini fino al boom degli ultimi anni. Nonostante siano spesso itinerari religiosi, non abbiamo mai pienamente affiancato i camminatori, se non con tante e lodevoli iniziative delle Chiese locali o regionali, dalla Sardegna all’Emilia-Romagna, dall’Umbria al Friuli Venezia Giulia. Impegnati, ma in ordine sparso. È giunto invece il momento di farlo come insieme. Cogliendo l’occasione del Giubileo della speranza, con il richiamo al valore del cammino e l’invito, espresso direttamente dal Papa nella “Spes non confundit”, a farci tutti pellegrini di speranza. Da qui l’idea di proporre i “Cammini della Fede” come via per vivere il Giubileo e giungere alla meta». Don Marco Fagotti, vicedirettore dell’Ufficio nazionale della Cei per la pastorale del Tempo libero, Turismo e sport, esprime così il senso dell’iniziativa con cui la Cei prova a dare una governance unitaria e una ufficialità ecclesiale a proposte di viaggio che ogni anno richiamano migliaia di appassionati e si arricchiscono di sempre nuovi percorsi.
Si parte con sette Cammini giubilari delle Chiese in Italia…
Sono le principali vie che hanno come meta Roma. Sette proposte in cui ci sono servizi, strutture, ma soprattutto ci sono comunità vive che condividono la sfida e il piacere dell’accoglienza e dell’ospitalità.
Cosa succederà dopo? La rete si allargherà?
Dalla metà del prossimo anno cominceremo ad allargare le proposte facendo una selezione dei percorsi che reputiamo possano avere i requisiti adeguati per entrare nella rete dei “Cammini della Fede”: strutturali, logistici, come la presenza dei servizi essenziali, ma soprattutto immateriali. Bisogna sapere dove “pregare, mangiare, dormire”, ma anche le persone e le comunità che troveranno. Consapevoli, diocesi e vescovi che il cammino può diventare una strada di evangelizzazione, volto autentico della Chiesa in uscita, che altrimenti rischia di essere solo un motto. Chiaramente c’è un tema di governance e una selezione scrupolosa da fare.
Cosa significa camminare oggi?
Significa andare controcorrente rispetto al tutto e subito a cui siamo abituati, andare piano rispetto alla frenesia che muove le nostre società. È una sfida, un atto di resilienza, quasi rivoluzionario.
Don Marco Fagotti - Archivio
“Viandante, non esiste il cammino. Il cammino si fa camminando”, scrive il poeta spagnolo Antonio Machado.
Il cammino lo fanno i camminatori, certo. E può portare su strade inesplorate. Ma se è un cammino di fede, non bisogna mai perdere di vista la meta: la ricerca di sé nell’incontro con Dio, che può avvenire in qualunque posto e tempo. Il camminatore va con i piedi e si muove con il cuore.
Con il Giubileo c’è anche una meta, una Porta da attraversare…
È pellegrinaggio della speranza che ci invita a compiere il Papa. L’occasione straordinaria di legare la Chiesa al tema del cammino. Con uno stile ben chiaro, perché al centro c’è il valore dell’accoglienza. Della convivialità, un approccio che utilizziamo dal 2018: il turismo religioso che si fa turismo conviviale, quello spazio dove ci si scambia ciò che si ha e quello che siamo.
Nel logo dell’iniziativa ci sono sandali, bisaccia e bussola, ma anche bicicletta e smartphone.
Abbiamo voluto mettere subito in evidenza il camminatore e l’obiettivo, il pellegrino e la croce, gli unici elementi colorati e distintivi. E poi ci sono gli incontri, i volti, i piedi e le bici, e quello strumento per orientarsi con la webapp “Cammini della Fede” che guida i camminatori. Una bussola digitale. Per tutti noi, pellegrini di speranza – cito sempre il Papa – alla ricerca «del senso della vita». Il Giubileo è allora una grande occasione anche per la Chiesa per “mettersi in cammino”.