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Mandarini, arance ma soprattutto quasi 400 chili di limoni, raccolti in un fazzoletto di terra neppure poi così grande e proprio nel centro di Roma, tra piazza San Giovanni e il Colosseo, ma quest’anno come non mai straordinariamente ricco di frutti. È l’agrumeto delle monache agostiniane di clausura del monastero dei Santi Quattro Coronati che, davanti a tanta ricchezza del Creato, hanno deciso di mettere in vendita gli agrumi (ma senza alcuna indicazione di prezzo, solo un’offerta libera) per sostenere le tante spese del monastero «e le diciassette bocche da sfamare, tanto quante siamo noi monache, tutte giovani e con solo tre consorelle più in là negli anni», racconta con una simpatia contagiosa madre Fulvia Sieni, romana di Ostia, badessa di questa antica comunità che oggi conta anche sei tra postulanti e novizie.
Ma come nasce questo agrumeto insieme con l’idea di sostenersi grazie per l’appunto a limoni e mandarini? «Qui nel monastero dei Santi Quattro Coronati la tradizione degli agrumi, e dei limoni in particolare, risale probabilmente anche alle monache che ci hanno preceduto nei secoli. Noi coltiviamo un orto e abbiamo molta cura anche delle piante da frutto che crescono tra i vari ortaggi, cui dedichiamo del tempo per la potatura e gli altri lavori, ma assolutamente senza alcun trattamento chimico. Di solito raccogliamo ortaggi e frutti per un minimo del nostro fabbisogno, o almeno quello che ci lasciano i pappagalli del vicino parco della Caffarella che volano fin qui e sono ghiotti di frutta acerba, ma in maniera particolare anche dei nostri pomodori e cavolfiori. Quest’anno, però, abbiamo avuto un raccolto straordinariamente ricco di agrumi e già alla fine dello scorso mese di novembre abbiamo iniziato a raccogliere soprattutto i limoni, ma anche i mandarini, i cui alberi quest’anno si sono presentati stracarichi, tanto che si sono perfino spezzati alcuni rami. Così tanti erano gli agrumi raccolti, con il loro profumo a invadere tutto il monastero, che alla fine ci siamo dette: ma perché lasciar sprecare tutto questo ben di Dio? E così abbiamo iniziato ad offrirli, sempre in cambio solo di un’offerta libera, ai fedeli che vengono per la Messa della domenica nella chiesa del monastero. Poi abbiamo deciso di diffondere la notizia anche attraverso i nostri social, perché ancora ne avevano delle casse piene e davvero non volevamo che andassero perduti. Ma durante le ultime feste di Natale e ancora ai primi dell’anno tutti gli agrumi sono andati letteralmente a ruba: tante persone sono venute a prendere soprattutto i nostri limoni per fare i ciambelloni, un dolce tipico per la colazione, o i limoncelli. Anche la buccia è infatti buonissima e può essere tranquillamente utilizzata proprio perché non è trattata in alcun modo», aggiunge madre Sieni. Le sue parole e il continuo riferimento al profumo degli agrumi si ritrovano anche un una frase della Regola di sant’Agostino che campeggia nella home page dei sito Internet del monastero: “Emanate dalla santità della vostra convivenza il buon profumo di Gesù Cristo”. Ma dietro questo raccolto così abbondante, le monache vedono anche un altro, importante significato: «Per noi tutto questo, la cura che mettiamo nel curare piante e alberi, vuol dire anche stare a contatto con la natura, con quel Creato espressione di Dio. Lavoriamo la terra, ma facciamo pure altre cose di piccolo artigianato, sempre con materiali poveri come la terracotta e il legno, anche per sostenerci; ma non è il poco guadagno che ne ricaviamo ad interessarci, quanto proprio il fatto di poter partecipare così alla bellezza del Creato».
Dalle monache agostiniane arrivano in tanti non solo per gli agrumi e i vari oggetti di artigianato, ma anche perché per i romani il monastero dei Santi Quattro Coronati rappresenta un’oasi di preghiera, di spiritualità e di silenzio nel caos e nella fretta della città. Il nome dei santi Quattro Coronati deriva dai soldati Severo, Severiano, Carpoforo e Vittorino, martirizzati in ragione della loro fede cristiana. Dal 1100 questo complesso, con l’annessa basilica, è abitato da ordini monastici: prima i benedettini, quindi i camaldolesi e dal 1560 le agostiniane. La sua chiesa è anche uno scrigno d’arte sempre più frequentato dai turisti, unico esempio a Roma di un’abside che abbraccia tutte e tre le navate e con ben 300 metri quadrati di affreschi. Come diversi altri monasteri romani, inoltre, durante la guerra qui le monache nascosero ebrei e perseguitati politici dalla furia dei nazisti.
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