Alle vittime degli abusi sessuali la Chiesa deve accostarsi innanzitutto con il pianto e il silenzio. E poi con un grande desiderio di verità e di giustizia. Lo ha detto l'arcivescovo di Malta, Charles Scicluna nell'odierno briefing sui lavori del Sinodo sui giovani. Il presule che ha grande esperienza in materia di indagini sui casi di abusi (anche per il suo precedente incarico presso la Congregazione per la dottrina della fede) ha risposto alle domande dei giornalisti precisando che a volte la giustizia ecclesiastica "è troppo lenta" e Papa Francesco "ne soffre". Ma al riguardo ha anche aggiunto che la Chiesa deve "cooperare con le autorità civili" e "responsabilizzare" maggiormente i vescovi.
Molte delle questioni connesse tuttavia esulano dai fini del Sinodo e verranno trattate invece nell'incontro del Papa con i presidenti delle Conferenze episcopali di tutto il mondo, in programma a febbraio, ha rimarcato lo stesso arcivescovo, che "vergogna e umiliazione ci faranno diventare più umili".
Ciò non significa che il tema degli abusi non venga trattato nel corso dei lavori sinodali. Un tema presente sia nel dibattito in aula, sia nei circoli minori in corso, ha detto il vescovo ausiliare di Lione, Emmanuel Gobilliard, presente anch'egli al briefing insieme con lo scrittore Thomas Leoncini. Naturalmente non si parla solo di questo, ha aggiunto, ma anche e soprattutto della trasmissione della fede, dei migranti, della presenza e del ruolo delle donne nella Chiesa, di come rispondere alle domande che i giovani pongono alla Chiesa, dei problemi della sessualità in genere e dei rapporti tra le generazioni.
Gobilliard ha ricordato a tal proposito una frase di Giovanni XXIII citata durante il dibattito: "Ricordate ai giovani che il mondo esisteva prima che loro nascessero e agli adulti che esisterà anche dopo che essi non ci saranno più". Più in generale sta nascendo - ha detto il vescovo francese un nuovo modello di pastorale giovanile fondato sulla relazione interpersonale. E riguardo al tema della sessualità omosessuale o transgender ha ricordato: "Non dobbiamo considerare i giovani come aggettivi, in virtù di alcune piccole identità, ma come sostantivi, cioè come persone, nella consapevolezza che ogni persona, noi compresi, ha bisogno di essere salvata da Cristo".