Attualmente la Sindone è custodita nella Cattedrale di Torino, dedicata a san Giovanni Battista, nell’ultima cappella della navata sinistra, sotto la Tribuna Reale. Il Telo, come spiega anche il sito ufficiale dedicato alla Sindone, non si può vedere. Si trova dentro la «teca per la conservazione», a sua volta rinchiusa in una grande cassa metallica. Normalmente viene estratta solo in occasione delle ostensioni pubbliche. I pellegrini possono raggiungere la cappella e fermarsi in preghiera all’esterno (di fronte alla vetrata della cappella vi sono dei banchi e degli inginocchiatoi). Lungo l’intera navata sinistra del Duomo gli schermi trasmettono alcuni video che spiegano in dettaglio, con traduzioni dei sottotitoli nelle lingue principali, le caratteristiche e la storia della Sindone.
Torino Anche se non ci sono in vista ostensioni pubbliche né nuove stagioni di ricerca scientifica la Sindone continua a rimanere un “tema di studio” in settori anche molto diversi tra loro. Nei giorni scorsi alcuni docenti e studenti del Politecnico di Torino si sono ritrovati per un “corso d’aggiornamento” sul sacro telo.
L’iniziativa è stata promossa dal Politecnico in collaborazione con il Centro internazionale di studi sulla Sindone di Torino, due soggetti che si ritroveranno anche per un workshop di approfondimento il 14 giugno al Castello del Valentino: ci si confronterà soprattutto sulle tecniche per il monitoraggio e la conservazione del Telo, e si farà il punto sulle indagini circa la natura dell’immagine. Prevista anche una discussione per esaminare proposte nuove per la conservazione, che tengano conto delle acquisizioni tecnologiche più recenti e anche dei possibili scenari per una “fruizione” nella visione della Sindone diversa da quella cui ci hanno abituati le ostensioni dal 1978 in poi.
Un altro significativo raduno di scienziati e studiosi della Sindone si è tenuto il 23 maggio scorso a Catania. Ospiti della locale Università, ricercatori italiani e stranieri hanno fatto il punto su alcune questioni aperte che da oltre 30 anni alimentano le discussioni e le polemiche in Europa come in America. È il tema della radiodatazione della Sindone col metodo del Carbonio 14. Il test fu eseguito il 21 aprile 1988 nel Duomo di Torino e diede come esito una datazione “medievale” (1260-1390). Fin da subito i risultati furono contestati sia nel merito sia nel metodo. Di questo si è parlato in Sicilia illustrando dati che si sono resi disponibili solo nel 2017.
L’équipe del professor Benedetto Torrisi ha presentato una serie di analisi, compiute con metodi di statistica matematica, che indicano discrepanze fra i valori definiti per i vari campioni. Il punto su cui si focalizza l’attenzione è questo: i campioni usati nel 1988 per la datazione contenevano tracce non solo del Telo sindonico ma di altri materiali accumulatisi in epoche diverse. L’analisi delle statistiche presentata a Catania offre elementi di conferma a questa ipotesi, e dunque ripropone la questione di una verifica più approfondita sulle discrepanze statistiche verificatesi durante gli esami del 1988. Il professor Bruno Barberis, già direttore del Centro di studi torinese, ha partecipato ai lavori del convegno. Ecco il suo commento sul lavoro di Torrisi: «I risultati illustrati nell’articolo che è stato pubblicato sulla rivista internazionale Archaeometry, rappresentano un importante passo avanti nell’analisi del problema della datazione del tessuto sindonico poiché è stato finalmente possibile esaminare i dati grezzi ottenuti dai tre laboratori e comprendere in dettaglio le anomalie e gli errori commessi nell’operazione di datazione ».
Emanuela Marinelli, studiosa della Sindone che ha partecipato con un intervento ai lavori del convegno etneo, osserva: «Il campione analizzato, scelto da un unico punto molto inquinato e che è stato rammendato, a causa delle sue peculiari caratteristiche non rappresentava l’intero lenzuolo. Una stoffa è molto soggetta ad alterazioni, perché la sua intera superficie è esposta all’ambiente. Non è detto, perciò, che il resto del tessuto sindonico sia esente da contaminazioni; ma almeno una campionatura in diversi punti avrebbe fornito la possibilità di confrontare i risultati e valutare l’attendibilità del test radiocarbonico per un lenzuolo che ha subito varie vicissitudini nel corso della sua storia». Sempre a Catania, Paolo Di Lazzaro, dirigente di ricerca dell’Enea di Frascati e vicedirettore del Centro di studi sulla Sindone di Torino, ha riportato l’attenzione su un’altra possibile procedura di ricerca che consentirebbe di aggiungere elementi in tema di datazione senza intervenire in modo distruttivo sulla Sindone. Si potrebbe operare, infatti, sulle particelle dei residui di tessuto carbonizzati nell’incendio del 1532 a Chambéry.
Tali campioni furono asportati dal Telo e raccolti nel luglio 2002, durante l’intervento di restauro coordinato da Mehcthild Flury Lemberg. Tali frammenti, essendo stati carbonizzati, risultano protetti da possibili inquinamenti successivi al 1532 e la loro datazione potrebbe fornire importanti informazioni su possibili inquinamenti subiti dal telo sindonico in questi ultimi cinque secoli.