«È una questione su cui non voglio entrare perché purtroppo ne sono stato informato questa mattina». Il presidente della Conferenza episcopale italiana, il cardinale Gualtiero Bassetti ha risposto così ai giornalisti che gli chiedevano un commento sulla scelta di proclamare san Giovanni XXIII patrono dell’Esercito italiano. Oggi pomeriggio la notifica della Congregazione per il culto divino è stata consegnata al Palazzo dell’Esercito a Roma dall’ordinario militare, l’arcivescovo Santo Marcianò al capo di Stato maggiore, il generale Danilo Errico, alla presenza anche del ministro della Difesa Roberta Pinotti. «La venerazione di san Giovanni XXIII – ha detto il generale Errico – rappresenta un’aspirazione devozionale, fortemente condivisa da tutto il personale dell’Esercito che vede, in questo celestiale punto di riferimento, una costante fonte di ispirazione nel quotidiano cammino di servizio». «È un dono speciale – ha aggiunto l’ordinario militare, l’arcivescovo Marcianò –, che si fa dovere e sfida».
Da parte sua il presidente della Cei, il cardinale Gualtiero Bassetti, rispondendo alle domande dei giornalisti, ha detto che prima di esprimersi vuole informarsi «molto bene dalla Segreteria di Stato e dalla Congregazione per il culto divino» precisando di aver appreso la notizia soltanto questa mattina. E proprio da «qualificate fonti vaticane», secondo quanto riporta l’agenzia Ansa, la Segreteria di Stato parla di decreto della Congregazione per il culto divino e non di bolla pontificia.
Una scelta, quella del Papa dell’enciclica «Pacem in terris», come patrono dell’Esercito - anticipata da alcuni organi di stampa -, che ha suscitato anche diverse perplessità, di cui si è fatto portavoce il presidente di Pax Christi, l’arcivescovo Giovanni Ricchiuti, vescovo di Altamura-Gravina-Acquaviva delle Fonti. Sentimento condiviso anche dalla Comunità Papa Giovani XXIII, fondata da don Oreste Benzi, che in un comunicato parla di "forzatura" nella scelta di papa Giovanni XXIII come patrono dell'Esercito italiano.
I motivi della scelta
Una decisione, spiega don Ezio Bolis direttore della Fondazione Papa Giovanni XXIII in un articolo pubblicato sul numero odierno dell’Osservatore Romano, motivata per «il suo zelo, come cappellano militare, nel promuovere le virtù cristiane tra i soldati, il luminoso esempio di tutta la sua vita e il suo costante impegno in favore della pace». «In qualità di cappellano – spiega ancora don Bolis – avvicina giovani di provenienza ed estrazione sociale diverse; molti di loro sono lontani dalla pratica religiosa. Egli sa trasformare l’incontro personale e quotidiano con loro in occasione di evangelizzazione».
Un'idea nata nel 1996
La ricerca di un patrono per i soldati italiani affonda le proprie radici nel lontano novembre 1996, quando in occasione della consegna della bandiera di guerra dell’Esercito italiano nell’allora ordinario militare, l’arcivescovo Giuseppe Mani, e in molti cappellani militari nacque la domanda proprio sull’individuazione di una figura significativa per questo ruolo. Un percorso lungo 21 anni, che il vicario generale militare monsignor Angelo Frigerio divide in tre grandi fasi. Il primo comprende gli anni dal 1996 al 2002, periodo nel quale «l’ordinariato era già impegnato in grandi cambiamenti come il Sinodo della Chiesa militare italiana, la costituzione della scuola allievi cappellani militari e la costituzione delle zone pastorali, a cui si aggiunse il Giubileo del 2000». Solo nel 2002 si riprese la ricerca del patrono e dopo «un monitoraggio» si arrivò all’indicazione «di papa Giovanni XXIII».
E così nel 2003 inizia la seconda fase (durata fino al 2013) durante la quale la proposta viene presentata ufficialmente dal nuovo ordinario militare, Angelo Bagnasco, che «dà il suo condiviso assenso». Iniziano i contatti con lo Stato Maggiore dell’Esercito e in particolare con il Capo di Stato maggiore generale Giulio Fraticelli, che nel 2004 «fa inserire la Messa nel programma romano della festa dell’Esercito per promuovere la devozione a Giovanni XXIII quale patrono».
Nel 2008 l’intero processo conosce un rallentamento a seguito di qualche dubbio in seno ecclesiale. L’allora ordinario militare Vincenzo Pelvi decise di far consultare anche l’allora arcivescovo prelato emerito di Loreto, Loris Francesco Capovilla, già segretario particolare di Angelo Roncalli a Venezia prima e a Roma poi, ricevendone, racconta monsignor Frigerio, «incoraggiamento a continuare». L’ultima fase, che si è completato oggi, parte dal 2013 con l’attuale ordinario Santo Marcianò e il Capo di Stato Maggiore e la consegna della notifica.
Le voci critiche
«Forse sarebbe stato meglio confrontarsi, come si è fatto in precedenti occasioni, all’interno della Conferenza episcopale italiana» commenta l’arcivescovo Ricchiuti a nome di Pax Christi. «Ma lo dico anche come semplice vescovo – aggiunge –, e molti miei confratelli in queste ore mi stanno esprimendo la loro perplessità su questa scelta». Una contrarietà motivata anche dal fatto che «l’Esercito di oggi, formato da militari professionisti e non più di leva, è molto diverso da quello della Prima guerra mondiale che, non lo possiamo dimenticare, fu definita da Benedetto XV “inutile strage”. È molto cambiato anche il modello di Difesa, con costi altissimi (23 miliardi di euro per il 2017) e teso a difendere gli interessi vitali ovunque minacciati o compromessi». Al di là delle posizioni da parte di tutti vi è comunque la consapevolezza che l’esperienza della guerra, spinse più che mai Giovanni XXIII alla promozione della pace.
Di «forzatura» parla Giovanni Paolo Ramonda, presidente della Comunità Papa Giovanni XXIII fondata da don Oreste Benzi. «Ci sarebbe sembrato più opportuno che papa Giovanni venisse nominato patrono degli operatori di pace e dei molti giovani che svolgono un servizio civile nelle zone di guerra».