mercoledì 24 maggio 2023
Viaggio a Barbiana a un secolo dalla nascita del suo priore. Nella storica scuola tutto sembra quasi come allora. Inchiodata a una porta una tavoletta con la scritta "I care"
Un'aula della scuola di Barbiana, dove insegnava don Milani

Un'aula della scuola di Barbiana, dove insegnava don Milani - .

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Quasi tutto è rimasto come allora. Nei locali della canonica ci sono ancora i tre tavoli di legno che i ragazzi di don Milani disponevano a ferro di cavallo per trascorrere lunghe giornate di studio insieme al priore. Appese alle pareti ci sono le mappe che disegnarono per illustrare le varie fasi della Seconda guerra mondiale, la conquista del diritto di voto in Italia, le tappe della decolonizzazione in Africa. E poi la lavagna, le sedie spaiate, la piccola biblioteca con i libri dell’epoca, la foto di Gandhi e il Padre nostro scritto trascritto in cinese, il tecnigrafo e l’astrolabio che i ragazzi costruirono con le loro mani. Infine quella tavoletta di legno inchiodata a una porta con la scritta “I care”, divenuta un invito universale a reagire alle ingiustizie, per continuare a credere che il ruolo dell’insegnante possa davvero cambiare il mondo. «D’inverno facevamo lezione dentro la canonica, eravamo tanti e talvolta si stava anche un po’ stretti. La corrente elettrica arrivò soltanto nel 1965. Prima non avevamo altro che candele e lampade a gas. D’estate ci spostavamo all’aperto, sotto al piccolo pergolato davanti all’ingresso». È Guido Carotti, uno dei primi “ragazzi” di Barbiana, ad accompagnarci nei locali della scuola attraverso lo sguardo sicuro della sua infanzia.

Guido Carotti

Guido Carotti - .

Nel dicembre 1954, quando Lorenzo Milani si affacciò per la prima volta in questo cumulo di case arroccate sull’Appennino tosco-emiliano, Carotti aveva appena cinque anni e viveva con la sua famiglia a pochi passi dalla canonica. Sarebbe cresciuto con lui restandogli accanto fino alla fine. Durante la grave malattia che lo costrinse a uno stillicidio di cure e ricoveri fu uno dei ragazzi che lo circondarono d’affetto nei suoi ultimi mesi di vita. Oggi, mentre si avvicina il centenario della nascita del priore, ne parla quasi come se il tempo si fosse fermato. «Studiavamo a tempo pieno, i ragazzi più piccoli insieme ai più grandi, e le lezioni finivano solo quando tutti avevano compreso pienamente ciò di cui si stava parlando. Fino ad allora l’ignoranza era stata per noi e per le nostre famiglie un fatto ineludibile. Con lui lavorammo per consentire a tutti di conoscere e di saper usare la parola, acquisendo gli strumenti per diventare cittadini sovrani». Sul prato di fronte alla scuola c’è ancora quel che resta della piccola piscina fatta costruire da don Milani affinché i ragazzi imparassero a nuotare. La definì “il loro mare che profuma di montagna” ed è circondata da un silenzio che sovrasta.

Dalla scuola una piccola rampa di scale conduce alle due stanze in cui furono allestite l’officina e la fucina. Ci sono ancora gli attrezzi alle pareti, accanto a una grande foto in bianco e nero dei ragazzi al lavoro. «Qui il priore ci insegnò a lavorare il ferro e il legno. Costruivamo gli oggetti che ci servivano per la scuola ma i più bravi di noi divennero anche un punto di riferimento per la gente di Barbiana. Spesso i contadini, quando rompevano qualche attrezzo per lavorare la terra, si rivolgevano a noi per farselo riparare». Dal piano terreno della canonica si accede anche alla vecchia chiesetta, piccola e spoglia, illuminata da un filo di luce che filtra dalle vetrate colorate di una nicchia. È il mosaico del “Santo scolaro”, un’altra opera realizzata collettivamente dai ragazzi della scuola. Raffigura un piccolo monaco con un libro tra le mani a coprirne il volto, per far sì che chiunque potesse riconoscersi in lui. Da tempo è uno dei simboli di quel modello scolastico rivoluzionario che don Milani realizzò istruendo i figli analfabeti della gente del posto, poche decine di contadini e montanari, fino ad allora costretti a lavorare nei campi per sedici ore al giorno.

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Ancora oggi Barbiana è una manciata di casolari sparsi, collegati da sentieri sterrati che al tempo del priore erano difficilmente percorribili, al punto che una delle sue prime battaglie lo vide chiedere al comune di Vicchio la costruzione di un ponte per permettere a Luciano, un bambino di otto anni, di arrivare a lezione senza fare un giro lunghissimo all’alba. A distanza di oltre mezzo secolo la canonica annessa alla chiesa, il piccolo cimitero in cui don Milani riposa – dove papa Francesco si recò a pregare il 20 giugno 2017 - restano uno spazio sacro che continua a dare voce a tutti i senza voce del mondo. Un luogo di silenzio, di preghiera e di profonda ispirazione conservato anche grazie al lavoro della Fondazione Don Milani e degli ex ragazzi del priore come Guido Carotti, che negli anni sono riusciti a cristallizzare questo luogo alimentandone la memoria senza farla scadere mai nell’agiografia o nel nostalgismo. Quest’anno, in occasione del centenario della nascita del priore che cade il 27 maggio prossimo, si è insediato un Comitato nazionale per le celebrazioni di cui fanno parte una quarantina di personalità del mondo ecclesiale, della scuola, delle istituzioni, del sociale. Nella sua Toscana e nel resto d’Italia non si contano le iniziative organizzate per celebrarlo e ricordarlo. Ma come accade spesso in questi casi, c’è chi teme che il suo messaggio anticipatore dei tempi possa essere di nuovo equivocato e travisato. Il giudice Beniamino Deidda, l’ex procuratore generale di Firenze che continuò a insegnare ai ragazzi di don Milani dopo la sua morte, mette in guardia di fronte a questo rischio. «Temo che queste celebrazioni per il centenario non saranno affatto unanimi – ci dice – perché dietro di esse si nasconde un grande equivoco. Don Milani fu un sacerdote, un educatore e un profeta controcorrente che riuscì a saldare il Vangelo alla giustizia sociale. Ma chi lo conobbe da vicino sa che non fu affatto obbediente. E questo non piace a molti. Alcune interpretazioni stanno tentando di attenuare quegli sproni aguzzi presenti nel suo pensiero e rappresentano un tentativo di distorcerlo, magari anche inconsapevolmente. Credo invece che, mai come in questo caso, sia necessario far parlare lui attraverso i suoi scritti, facendo risuonare forte la sua voce. Perché è proprio il modo in cui parlava, scriveva e agiva che segnò la contraddizione col mondo».

Sabato la visita di Mattarella e Zuppi. Nel 2017 il Papa pregò sulla sua tomba

La Repubblica e la Chiesa italiane ricorderanno in modo solenne nella giornata di sabato il centenario della nascita di don Lorenzo Milani, sacerdote, scrittore, docente ed educatore. Infatti alla manifestazione che ricorderà l’anniversario saranno presenti il presidente della Repubblica Sergio Mattarella e il presidente della Conferenza episcopale italiana, il cardinale Matteo Zuppi.

Sabato si svolgerà la Marcia da Barbiana a Vicchio. Si tratta della località in cui don Milani diede vita alla sua scuola rivolta a bambini e bambine privi di cultura, ma soprattutto nella quale si cercava di valorizzare le capacità di ciascuno ponendo questo come obiettivo primario dell’istruzione scolastica. Una iniziativa educativa che diede vita anche a un famoso libro intitolato «Lettera a una professoressa», che il sacerdote rivolse alla scuola sottolineandone i punti critici.

Non sempre la sua azione pastorale venne compresa e non mancarono momenti di frizione con le istituzioni civile e religiosa. La sua figura, però, non è mai stata dimenticata e in molti hanno continuato a tenerla viva nella memoria collettiva. Memoria che il presidente della Repubblica Mattarella onorerà con una visita ai luoghi di don Milani e in particolare a Barbiana, dove don Milani è stato sepolto e dove si recò in pellegrinaggio anche papa Francesco il 20 giugno 2017 in occasione dei 50 anni dalla scomparsa del sacerdote avvenuta il 26 giugno 1967, sottolineando che «la dimensione sacerdotale è la radice di tutto quello che ha fatto don Milani».

A Barbiana dalle 11 è prevista la Giornata inaugurale del Centenario che prevede, accanto ai saluti del sindaco di Vicchio Filippo Carlà Campa e del presidente della Toscana Eugenio Giani, anche gli interventi del presidente della Fondazione don Lorenzo Milani, Agostino Burberi, di una giovane educatrice di doposcuola Yasmine Laktaoui, del presidente della Cei, il cardinale Matteo Zuppi e della presidente del Comitato Centenario don Milani, Rosy Bindi. Con l’arrivo della Marcia nel primo pomeriggio è prevista anche la celebrazione della Messa presieduta dal cardinale Giuseppe Betori, arcivescovo di Firenze.

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