venerdì 26 agosto 2022
In un libro scritto da don Ettore Malnati e Marco Roncalli si ripercorre la vita e l'opera di Giovanni Paolo I. Sacerdote e pastore in Triveneto. «Accanto ai lavoratori e preoccupato per la società»
Giovanni Paolo I

Giovanni Paolo I - Ansa

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Quando quel pomeriggio del 26 agosto 1978 i cardinali in Conclave da un solo giorno elessero Albino Luciani come successore di Paolo VI, ciò che colpì le migliaia di fedeli in piazza San Pietro (e gli altri milioni incollati davanti ai teleschermi in tutto il mondo) fu proprio il sorriso - quasi imbarazzato - del nuovo Papa. Sorriso che alla fine resterà come il sigillo sui 34 giorni del suo pontificato. Ma Giovanni Paolo I che domenica 4 settembre verrà proclamato beato da papa Francesco non può restare cristallizzato in quella, seppur bella, immagine del «Papa del sorriso». Ne sono convinti monsignor Ettore Malnati e il giornalista Marco Roncalli, autori di Albino Luciani - Giovanni Paolo I. Una biografia (Morcelliana; pagine 256; euro 22) che hanno realizzato un nuovo libro biografico sulla figura del Papa dei 33 giorni. «Abbiamo cercato di offrire al lettore – spiega monsignor Malnati, vicario episcopale per i laici e la cultura della diocesi di Trieste – un Albino Luciani nella sua complessità e nella sua completezza, per uscire da una visione da santino, e recuperare il pastore che è stato in tutte le tappe della sua vita». Episodi, situazioni ed eventi, che in alcune occasioni hanno visto lo stesso Malnati (allora segretario dell’arcivescovo di Trieste, Antonio Santin) assieme al vescovo (e poi cardinale) Luciani nella sua missione pastorale ed episcopale nel Triveneto.

Don Malnati: il primo incontro sulle sponde del Livenza

«Il nostro primo veloce incontro risale all’alluvione del Livenza nel novembre 1966 in contemporanea al disastro di Firenze. Come seminaristi di Trieste partecipammo alle operazioni di soccorso e recupero dal fango. Fu lì che incontrammo il vescovo Luciani con le scarpe infangate che cercava di portare conforto a chi aveva perso tutto». Si rividero anni dopo durante gli esercizi spirituali dei vescovi del Triveneto nella nuova casa del clero di Trieste. «Quando mi vide, mi riconobbe. Mi disse: “Lei era sul Livenza a spalare il fango”. Restai sorpreso », racconta Malnati. Seguiranno anni di contatti e occasioni di lavoro comune soprattutto presso la Conferenza episcopale del Triveneto. E proprio al suo impegno pastorale a Belluno-Feltre prima, a Vittorio Veneto come vescovo e poi come patriarca a Venezia, il libro scritto a quattro mani da Malnati e Roncalli dedica il cuore centrale, ripercorrendo la vita di Luciani. Non una agiografia, ma una fotografia che non nasconde anche situazioni in cui il futuro Giovanni Paolo I si è trovato a dover prendere decisioni impopolari e decise. Come nel caso della parrocchia di Montaner che si oppose alla designazione da parte del vescovo di Vittorio Veneto di un nuovo parroco volendo imporre quello da loro eletto. Era il 1966. Il braccio di ferro si concluse con il vescovo Luciani che si recò nella chiesa del paese, ritirò il Santissimo e vietò la celebrazione di qualsiasi Sacramento. Una scelta dura e dolorosa, preceduta, come si legge nel libro, da un percorso nel quale si era cercato il dialogo e il confronto. Ricerca risultata vana. E allora Luciani optò per questo gesto certamente non popolare. Ma è anche lo stesso vescovo che si assume l’onore di ripagare i debiti causati dall’azione del direttore dell’ufficio amministrativo della diocesi: 250 milioni di lire del 1962.

Il libro restituisce al lettore uno spaccato dell’episcopato di Luciani in terra veneta (senza dimenticare il suo ruolo nella Conferenza episcopale italiana, di cui per un mandato fu anche vicepresidente), impegnato a sostenere i propri sacerdoti e di essere vicino alle parrocchie, senza dimenticare il mondo del lavoro, verso il quale mostrerà sempre grandissima attenzione e cura, con diverse visite alle fabbriche e alle aziende, soprattutto se in crisi e con il rischio di licenziamenti. In definitiva, aggiunge monsignor Malnati, «non è stato un prete di sagrestia, ma si è preoccupato della società in cui la Chiesa vive, con lo sguardo rivolto alla Dottrina sociale della Chiesa. Un sacerdote vicino alla sua gente, ma non lontano dal cuore della Chiesa».

La partecipazione al Concilio Vaticano II

Capitolo non meno importante quello della sua partecipazione all’intero Vaticano II, di cui Luciani si è sempre definito «uno scolaro alla scuola del Concilio». Imparerà lui in prima battuta e aiuterà la sua diocesi (di Vittorio Veneto) a educarsi alle novità che l’evento voluto da Giovanni XXIII (e portato a conclusione da Paolo VI) ha portato alla Chiesa universale. Ecco che il lettore può seguire passo dopo passo questa «lezione» appresa da Luciani. «In questi anni si è molto parlato e scritto di Giovanni Paolo I – aggiunge Marco Roncalli – soprattutto guardando al suo breve pontificato e alla sua improvvisa morte. Molto meno della sua vita da seminarista, da prete, da vescovo e da cardinale, che ha molto da dire per capire davvero chi era Albino Luciani. Un sacerdote certamente legato alla dottrina del suo tempo, ma già capace di essere vicino concretamente ai problemi delle famiglie e delle comunità di cui era pastore». Interessante sotto questo profilo il capitolo dedicato al tema dell’enciclica Humanae vitae e il controllo delle nascite.

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