L'ingresso della cappella nella stazione Termini di Roma - Ufficio Cei pastorale del lavoro
«Solo domenica scorsa nella mia “parrocchia” sono passate oltre 20mila persone». Sorride don Renzo Beghini parlando del luogo in cui svolge parte della sua attività pastorale. Non è un grande Santuario, neppure un centro religioso di fama mondiale. Si tratta della stazione ferroviaria di Verona, dove don Beghini svolge la funzione di cappellano ferroviario. Per molti sarà una novità, ma dopo i porti e gli aeroporti, anche in diverse stazioni ferroviarie italiane (36) esiste una cappella e un cappellano che la gestisce.
«Si tratta di un accordo che la Chiesa ha stipulato con le Ferrovie italiane (Rfi) e Grandi stazioni italiane. In molti casi, come per esempio a Verona, ad aprire, curare e chiudere la cappella in stazione è il personale ferroviario». Certo pare strano pensare che in una stazione ci si possa fermare anche a pregare. «Eppure sono tanti i passeggeri che nell’attesa di un treno passano in cappella, che nella mia città è costruita come luogo di preghiera non solo dei cattolici» spiega il cappellano, che sarà questa mattina il moderatore del secondo incontro nazionale dei cappellani delle ferrovie a Foligno. «Sarà l’occasione per condividere le nostre esperienze, ma anche per confrontarci in vista della prossima Settimana sociale dei cattolici in Italia che si svolgerà a Trieste», anche perché questi cappellani rientrano nell’ambito dell’Ufficio di pastorale del lavoro della Cei, che promuove l’odierno incontro. Anche per questo, «abbiamo chiesto all’arcivescovo Domenico Sorrentino di parlarci della figura del beato Toniolo e della democrazia e la partecipazione nella dottrina sociale della Chiesa». Ad aiutare i cappellani in questa riflessione anche il segretario generale della Cisl-Umbria Angelo Manzotti, che «ci parlerà della campagna politica promossa dal sindacato sulla partecipazione dei lavoratori alla politica economica». Ma come vive la propria missione pastorale un cappellano delle ferrovie? «Potremmo definirlo un luogo “non luogo”, perché è difficile intravederne con chiarezza la comunità che la compone. Ma come tutti gli ambienti di lavoro, si tratta di un luogo in cui vivono e operano lavoratori con diverse mansioni, ma che tutti insieme garantiscono la vita della stazione ferroviaria stessa. È a loro che si rivolge in primo luogo in mio impegno e la mia attenzione. E poi ci sono coloro che vivono la stazione ai margini. Sono i senza dimora». Anche a loro, spiega il cappellano, si rivolge l’attenzione nelle grandi occasioni (Natale e Pasqua), coinvolgendoli nei momenti di festa e di preghiera. A Verona c’è anche un grande deposito ferroviario e una officina di riparazione, «dove a ogni Natale ci rechiamo assieme al vescovo di Verona per celebrare la Messa. Un evento atteso e richiesto dai lavoratori stessi, che hanno dato vita anche a un coro per animare la celebrazione eucaristica».
Don Beghini ammette che per questa pastorale occorre anche una buona dose di creatività, per la particolarità della comunità di lavoro. «Ogni settimana vengo a Milano perché insegno all’Università Cattolica, e quindi passo dalla stazione di Verona - racconta - e colgo l’occasione per arrivare con largo anticipo in modo da potermi recare nei vari uffici, nei luoghi di lavoro e poter incontrare uomini e donne che magari hanno chiesto di parlare con me». Ma «i miei “parrocchiani” hanno il numero del mio cellulare e possono contattarmi in ogni momento» sottolinea il cappellano. Un esperienza, quella del contatto con il mondo del lavoro, «che consiglio anche ai seminaristi di Verona, di cui sono uno dei docenti. L’ambiente del lavoro è impegnativo e formativo allo stesso tempo. Un ambiente “adulto”, dove esistono anche leggi non scritte nelle relazioni e una vita reale». Esperienze che il secondo convegno nazionale dei cappellani ferroviari cercherà di condividere anche per i futuri sacerdoti.