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L’Ufficio del Promotore di Giustizia ha confermato oggi, Venerdì Santo 7 aprile, che martedì prossimo, 11 aprile, riceverà il fratello di Emanuela Orlandi, Pietro.
L’incontro, viene ricordato, è stato richiesto da quest’ultimo, che sarà accompagnato dal proprio avvocato, Laura Sgrò, “al fine di rendere proprie dichiarazioni e offrire eventuali informazioni in suo possesso nell’ambito del fascicolo aperto dal promotore di Giustizia Vaticano a gennaio di quest’anno, a seguito di alcune recenti dichiarazioni sulla scomparsa della sorella”.
L’Ufficio del Promotore – si legge nella nota – “conferma la volontà della Santa Sede di fare chiarezza sulla vicenda, anche alla luce delle recenti dichiarazioni di Pietro Orlandi, intraprendendo ogni azione possibile al fine di giungere ad una ricostruzione accurata degli eventi, per quanto di propria competenza”.
Come già ricordato, il fascicolo in Vaticano è stato aperto lo scorso 9 gennaio e con la riapertura dell'inchiesta, sono state rinnovate le richieste affinché vengano sentite per la prima volta alcune persone, ancora in vita, che potrebbero fornire un contributo importante alle indagini.
Non è la prima volta che – nel pontificato di papa Francesco – Pietro Orlandi si rivolge alle istituzioni vaticane per chiedere verifiche e approfondimenti sulla scomparsa della sorella, avvenuta il 22 giugno 1983, all’uscita della scuola di musica che l’adolescente, all’epoca quindicenne, frequentava in piazza Sant’Apollinare, a due passi dalla centralissima piazza Navona. Il caso più recente riguarda, l’11 luglio 2019, l’apertura di due tombe nel Cimitero Teutonico in Vaticano (attiguo all’Aula delle udienze generali “Paolo VI”), dove secondo una segnalazione anonima si sarebbero potuti trovare i resti della ragazza. L’indagine dette esito negativo. Le tombe indicate nella segnalazione erano vuote. Resti rinvenuti in tombe adiacenti e analizzati dagli esperti non hanno rivelato tracce del dna di Emanuela Orlandi, come è stato confermato nel 2021.
In precedenza, nell'ottobre 2018, fonti giornalistiche, in seguito al ritrovamento di ossa umane durante dei lavori di restauro nella sede della Nunziatura Vaticana di Via Po a Roma, avevano fatto balenare l’ipotesi che potesse trattarsi dei resti di Emanuela Orlandi. Ma anche in quel caso, l’esame del dna, autorizzato dal Vaticano, aveva rivelato che le ossa risalivano a un periodo precedente il 1964, quando la ragazza non era ancora nata e che comunque si trattava dello scheletro di un uomo.
Nei quasi quarant’anni dalla scomparsa, molte piste sono state seguite dagli inquirenti, italiani e anche vaticani. Ma nessuna ha portato a niente. Per cui è comprensibile il dolore della famiglia, che papa Francesco sta cercando di alleviare, dando seguito alle richieste di approfondimento.
Nei mesi subito dopo la sparizione si parlò di un collegamento con l’attentato a San Giovanni Paolo II (il quale più volte rivolse pubblici appelli per il rilascio della ragazza, figlia di un dipendente vaticano), si tirarono in mezzo i servizi dei Paesi dell’Est (in particolare la Stasi della Ddr). Poi venne ipotizzata la pista di un coinvolgimento della Banda della Magliana, soprattutto dopo la scoperta che uno dei boss di quella efferata associazione malavitosa, Enrico De Pedis, detto Renatino, era sepolto nella chiesa di Sant’Apollinare, proprio vicino al luogo in cui Emanuela era scomparsa. L’apertura della tomba, avvenuta Il 14 maggio 2012, rivelò che al suo interno era presente unicamente la salma del defunto (poi rimossa e cremata, come disposto dai familiari). Ulteriori scavi hanno permesso di ritrovare solo nicchie con resti di ossa risalenti al periodo napoleonico. Nessuna traccia del dna di Emanuela, né di Mirella Gregori, un’altra ragazza scomparsa a Roma in quel periodo e mai più ritrovata, il cui caso è stato più volte accostato a quello di Orlandi.
Nell'ottobre del 2015 il Gip archiviò, su richiesta della Procura di Roma (allora guidata da Giuseppe Pignatone, attuale presidente del Tribunale Vaticano) l'inchiesta sulle sparizioni di Emanuela Orlandi e Mirella Gregori, per mancanza di prove consistenti. L’inchiesta era stata avviata nel 2006 sulla base delle dichiarazioni di Sabrina Minardi, che ebbe una storia con De Pedis, tra il 1982 e il 1984. Ma la donna, caduta in pesanti contraddizioni, venne ritenuta un teste poco affidabile. Altre ipotesi, finora rivelatesi solo fantasie non provate, collegherebbero la scomparsa della ragazza a presunti rapporti tra la Banda della Magliana e lo Ior, negli anni di monsignor Marcinkus. Su queste come su altre piste non è mai venuta fuori una prova seria. E da quarant’anni, purtroppo, c’è una famiglia (anzi due, ricordando Mirella Gregori), in attesa angosciosa di una risposta.