Don Peppe Branchesi
Don Giuseppe (per tutti don Peppe) Branchesi è spirato nella mattinata della Domenica della Misericordia, a circa un mese dal ricovero imposto dall’aggravarsi delle condizioni conseguenti all’infezione da coronavirus. 81 anni di età e quasi 58 di sacerdozio vissuti intensamente, parroco fino all’ultimo delle due piccole comunità di Santa Maria in Selva e di Camporota, nella zona di Treia (Macerata), il centro attorno al quale ha gravitato tutta la sua vita. «Non sarebbe bastata una chiesa per salutare il nostro fratello don Giuseppe. Adesso che è vicino a nostro Signore e non starà fermo neanche lì, chiediamo la sua protezione»: così lo ha salutato il vescovo di Macerata Nazzareno Marconi davanti all’ingresso del cimitero di Treia dove ha benedetto la salma prima della tumulazione, lunedì 20 aprile.
Appena raggiunto dalla notizia del decesso, il vescovo aveva espresso gratitudine per «lo stile sereno di una fede che è allegria e lode a Dio per il dono della vita» che sempre aveva caratterizzato don Branchesi. Una «vita piena, vivace e appassionata, con due grandi amori: il Vangelo e la gente»: così lo ha ricordato don Gabriele Crucianelli che con lui ha condiviso molti anni di servizio pastorale. Un ministero “vulcanico”, quello di don Peppe, parroco, a lungo insegnante di Religione all’Istituto tecnico per ragionieri di Macerata, animatore di un’infinità di campi scuola estivi per giovani, impegnato appassionatamente nel movimento dei Corsi di cristianità e nella Coldiretti (di cui è stato assistente ecclesiastico provinciale e dagli anni 90 fino allo scorso gennaio anche regionale), nelle associazioni dei “polentari” a livello locale e nazionale, nel mondo sportivo e oratoriano, nella carità operosa. A lui si deve anche la fondazione della società di pallavolo, negli anni Sessanta, che un passo dopo l'altro si è arrapicata fino alla recente conquista del titolo mondiale di volley maschile per club con il marchio Lube.
Piero Chinellato