sabato 25 marzo 2023
Raccolte le catechesi del sacerdote oratoriano Maurizio Botta, tenute nella chiesa di Santa Maria in Vallicella a Roma, caratterizzate dal dialogo “franco” con i fedeli Roma, Santa Maria in Valicella
Roma, Santa Maria in Valicella

Roma, Santa Maria in Valicella - .

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«Perché andare a Messa?». Il quesito è di quelli con cui si confrontano genitori alle prese con figli riottosi, catechisti che cercano di tenere per i capelli adolescenti in fuga dopo la Cresima, praticanti segnati dalla pigrizia spirituale e infinite altre categorie di credenti. Padre Maurizio Botta, 48 anni, sacerdote oratoriano animatore di incontri formativi di grande seguito a Roma (“I cinque passi”) nella chiesa madre della congregazione di san Filippo Neri, Santa Maria in Vallicella, così ha risposto una sera: «Io, a un bambino che mi chiede: “Perché devo andare a Messa?” rispondo: “Perché Gesù lo desidera”.

Punto. Questa è l’unica risposta veramente giusta. Perché andare a Messa? Non perché, se non vai, Gesù piange, perché hai bisogno, perché ti fa bene. Prima di tutto: “Perché vai a Messa?”. “Perché Gesù desidera questo”. Considerare la Messa in base al bisogno che ne avremmo noi è affrontare la questione esattamente al contrario. È Dio che viene verso di noi. È Dio che desidera la mia partecipazione alla Messa. E se accogliere Dio non ci basta − lo direi ancora una volta a chi va a Messa col collo torto, ma lo dico anche a chi non si perde una Messa −, se non ci basta questo incontro con Dio, allora io direi proprio: restiamo a casa, restate a casa. È vero che la Chiesa stabilisce il precetto di partecipare alla Messa la domenica. Ma prima di tutto, tu vai a Messa perché Gesù, che è Dio, lo desidera in modo ardente. Se questa fosse la risposta del cristiano a un non-credente, molti avrebbero una nuova considerazione della Messa. Perché vai a Messa? Perché Dio lo desidera. Questa è la risposta evangelica».

Ed evangelica lo è perché rimanda alle parole di Gesù ai discepoli nell’Ultima Cena: «Ho desiderato ardentemente mangiare questa Pasqua con voi». Le parole di Botta sono prese dal libro Le domande piccole dei grandi. Vivere la fede oltre i luoghi comuni, pubblicato dalle Edizioni Studio Domenicano di Bologna (pagine 208, euro 14), che è la trascrizione di alcuni di questi incontri tenuti a Santa Maria in Vallicella dal sacerdote oratoriano. Incontri strutturati così: mezz’ora di catechesi su un tema scelto previamente, poi domande dal pubblico scritte su bigliettini, in forma anonima. Domande molto dirette, libere su temi come – sono quelli raccolti nel libro – la Messa, la Bibbia, i santi, la vita consacrata. Il risultato non è una summa, non è un vedemecum ma sono riflessioni rapsodiche, sprazzi di esegesi, che aiutano a trarre dal tesoro della fede cose nuove e cose antiche. E lo fanno con quell’approccio gioviale, e allergico al banale, che rimanda al carisma filippino. «Un giorno un prete – spiega Botta, riportando un episodio vero che viene tramandato nella sua comunità – congedandosi dalla madre superiora di un monastero di suore visitandine, dice: “Mi raccomando, madre, pregate Dio che ci dia vocazioni perché ne abbiamo bisogno”.

E questa madre superiora rispose molto santamente e con verità profonda: “Non si chiedono vocazioni a Dio perché ne abbiamo bisogno, ma solo per la gloria di Dio”. Questa è la prima autocritica che faccio. Nei confronti delle vocazioni c’è un atteggiamento molto predatorio: come se ne avessimo bisogno. Mancano i sacerdoti per le parrocchie… siamo pochi… Alle volte, scherzando, quando passo per la strada, dico: “Attenzione a schiacciarmi. Siamo peggio dei panda, una specie protetta”». No al vittimismo, insomma, anche perché «i nostri contemporanei, quando incontrano noi, vogliono vedere quello che non vedono da nessun’altra parte, cioè la gioia e la speranza che nascono dal fatto di stare con il Signore risorto».

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