I due vescovi cinesi Li Shan (Pechino) e Huang Bingzhang (Shantou), il cardinale segretario di Stato Pietro Parolin, Anelli e Giuliodori (ANSA/CATTOLICA DEL SACRO CUORE)
Un convegno per rilanciare la diplomazia culturale tra Chiesa cattolica e Repubblica Popolare cinese. È quanto avvenuto oggi nella sede milanese dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, dove si è svolto l’incontro (intitolato «1919-2019. Speranze di pace tra Oriente e Occidente») organizzato dall’Istituto Confucio, diretto dalla professoressa Elisa Giunipero, e dal Centro di World History diretto dal professor Agostino Giovagnoli, al quale hanno preso parte anche il segretario di Stato vaticano, cardinale Pietro Parolin, e due vescovi cinesi - monsignor Li Shan, vescovo di Pechino, e monsignor Huang Bingzhang, vescovo di Shantou, i primi pastori cinesi a visitare il nostro Paese dopo l’Accordo Provvisorio siglato tra governo cinese e Santa Sede del 22 settembre 2018, che ha affrontato anche il tema della nomina dei vescovi nel Paese.
«Senso del convegno è stato come ovvio garantire il confronto fra diversi punti di vista – spiega il professor Giovagnoli ad Avvenire ai margine del convegno –. Un ruolo molto importante quello del cardinale Parolin, e non soltanto per il suo intervento. Il convegno di Milano è stato infatti il primo incontro pubblico tra il segretario di Stato vaticano e i vescovi cinesi al di fuori del Vaticano». «Per i pastori provenienti dal Paese asiatico – sottolinea Giovagnoli – il significato di questa nuova apertura con la partecipazione a eventi all’estero è anzitutto ecclesiale, di comunione con il Papa, ma ha anche un orizzonte più vasto, perché mostra al mondo che la Chiesa unisce uomini e donne di Paesi diversi nonostante difficoltà e incomprensioni».
Una «geopolitica della fraternità», richiamata dal cardinale Pietro Parolin, dopo avere tracciato una storia dell’evoluzione dei rapporti tra Santa Sede e governo cinese che rappresenta uno dei percorsi più complessi di una Chiesa che ha radici antiche, «incentrata sul rispetto delle identità e sul coraggio dell’alterità». Così ha richiamato che «oggi, per la prima volta dopo tanti decenni, tutti i vescovi in Cina sono in comunione con il Successore di Pietro e molti cattolici pongono gesti di riconciliazione che aiutano a ricomporre l’unità tra vescovi, sacerdoti e fedeli. Ciò che sta avvenendo ora nella Chiesa in Cina scaturisce infatti dalla forza di una comunione che è davvero cattolica, e cioè universale, e da cui viene anche una spinta alla fratellanza tra i popoli. La sempre più feconda integrazione dei cattolici cinesi nella Chiesa universale e il cammino di riconciliazione tra fratelli avviato negli ultimi anni costituiscono certamente una novità di portata storica, di cui nel tempo beneficeranno in molti, non solo in Cina».
Nel suo intervento, il vescovo di Pechino Li Shan ha insistito sulla realtà di una fede che «è uguale a quella cattolica ovunque nel mondo in comunione con la Chiesa universale». «In questi ultimi 70 anni, sotto la guida di fratelli più anziani nella fede, la Chiesa cattolica ha eletto 203 vescovi fedeli alla Chiesa "una, santa, cattolica e apostolica", contribuendo al lavoro pastorale di evangelizzazione della Chiesa cinese», ha proseguito il presule in un intervento pronunciato in lingua cinese, nel quale ha indicato i punti di forza di una Chiesa tutt’altro che "dormiente".
«Siamo contenti che la Chiesa in Cina stia crescendo e abbia enormi possibilità – ha proseguito il vescovo cinese –. Abbiamo centoventi conventi di suore, otto Seminari da cui sono usciti duemilaseicento sacerdoti, e il numero dei fedeli ha superato la quota di sei milioni».
«La Chiesa cattolica ha ampie possibilità di sviluppo anche nelle attività caritative, presenti in tutte le diocesi: scuole, cliniche, ospedali, organizzazioni di beneficenza, con ampio riconoscimento in tutti i settori della società. Per formare talenti di alta qualità abbiamo inviato oltre quattrocento seminaristi e suore all’estero per studiare teologia, Bibbia e Diritto canonico». E ha concluso il suo intervento con una nota finale aperta alla cooperazione della Chiesa universale: «Siamo convinti che la causa comune dell’evangelizzazione della Chiesa cattolica cinese potrà crescere generazione dopo generazione».