L’iniziativa per i cent’anni della “Maximun illud”, la lettera apostolica in cui Benedetto XV ricorda l’universalità della Chiesa e che l’evangelizzazione non va contaminata da interessi economici e militari delle nazioni colonizzatrici
Stasera alle 18 saranno i Vespri ad aprire nella Basilica Vaticana il Mese missionario straordinario che il Papa ha annunciato nell’Angelus del 22 ottobre 2017, «al fine di alimentare l’ardore dell’attività evangelizzatrice». Sarà papa Francesco a presiedere la preghiera vespertina introdotta dalla Veglia missionaria e dall'ascolto di testimonianze dal mondo missionario a partire dalle 17.15.
Papa Francesco ha indetto per ottobre un Mese missionario straordinario che si apre con l’odierna memoria liturgica di santa Teresa del Bambino Gesù. Un’iniziativa ideata «al fine di risvegliare maggiormente la consapevolezza della missio ad gentes e di riprendere con nuovo slancio la trasformazione missionaria della vita e della pastorale».
Così si legge nella lettera indirizzata dal Papa al cardinale Fernando Filoni, prefetto della Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli, dicastero della Santa Sede che ha proposto l’iniziativa, curandone la preparazione a livello internazionale. In effetti, dalla fine degli anni Sessanta, una felice intuizione dell’Opera della propagazione della Fede, nell’ambito delle Pontificie opere missionarie (Pom) italiane, fece sì che il mese di ottobre fosse dedicato interamente alla missione universale.
Un indirizzo, peraltro, confermato nel 1980 da san Giovanni Paolo II il quale stabilì che «il mese di ottobre deve essere considerato, in tutti i Paesi, come il mese della missione universale», precisando che «la penultima domenica è chiamata Giornata missionaria mondiale e costituisce l’apice della festa della cattolicità e della solidarietà universale». La novità allora di questo «ottobre straordinario» consiste nel fatto che papa Francesco ha inteso celebrare il centenario della promulgazione della lettera apostolica Maximum illud, con la quale Benedetto XV desiderò dare nuovo slancio alla responsabilità missionaria di annunciare il Vangelo. In quella missiva il Pontefice genovese – che stigmatizzò la prima guerra mondiale definendola «l’inutile strage» – spiegò con chiarezza e lungimiranza che la storia universale della salvezza non poteva assolutamente essere richiamata a giustificazione delle chiusure nazionalistiche ed etnocentriche delle potenze coloniali del tempo. Sollecitato da una serie di note che i missionari cattolici presenti in Cina agli inizi del XX secolo avevano inviato alla Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli, Benedetto XV nella Maximum illud, dichiarò che l’annuncio del Vangelo non doveva essere contaminato dagli interessi economici e militari delle nazioni colonizzatrici. «La Chiesa di Dio è universale, per nulla straniera presso nessun popolo» scrisse il Papa, esortando anche a rifiutare qualsiasi forma di interesse, in quanto solo l’annuncio e la carità del Signore Gesù costituiscono il fondamento della missione. Benedetto XV diede così speciale impulso alla missio ad gentes, adoperandosi personalmente per risvegliare, in particolare presso il clero, la consapevolezza del dovere missionario.
Nella lettera al cardinal Filoni, Francesco ha anche espresso la necessità di attualizzare la Maximum illud per «superare la tentazione ricorrente che si nasconde dietro a ogni introversione ecclesiale, a ogni chiusura autoreferenziale nei propri confini sicuri, a ogni forma di pessimismo pastorale, ad ogni sterile nostalgia del passato, per aprirci invece alla novità gioiosa del Vangelo. Anche in questi nostri tempi, dilaniati dalle tragedie della guerra e insidiati dalla triste volontà di accentuare le differenze e fomentare gli scontri, la Buona Notizia […] sia portata a tutti con rinnovato ardore e infonda fiducia e speranza». È chiaro che quando si realizzano nel mondo situazioni di pace, di giustizia, di riconciliazione, quando vengono rispettate l’integrità del Creato e il bene comune, tutte queste dimensioni rimandano inevitabilmente al Regno di Dio, annunciato 2.000 anni fa da Gesù Cristo. D’altronde, al centro dell’attività missionaria, che peraltro è connaturale alla Chiesa (senza missione non c’è Chiesa), si colloca proprio il Regno.
E sebbene, come leggiamo nell’enciclica di san Giovanni Paolo II Redemptoris missio, «non si possa disgiungere il Regno dalla Chiesa. Certo, questa non e fine a se stessa, essendo ordinata al Regno di Dio, di cui è germe, segno e strumento». Sta di fatto che questo Regno, che si manifesta nella presenza di Cristo nella nostra storia, è un qualcosa di straordinariamente meraviglioso per chi ha avuto il dono di farne l’esperienza. Un Regno di cui i nostri missionari e missionarie – in quanto «battezzati e inviati», tema della Giornata 2019 – sono testimoni credibili nei cinque continenti.