La Messa di beatificazione del martire Teresio Olivelli sabato mattina a Vigevano (Fotogramma)
Teresio Olivelli ha raggiunto l’onore degli altari e la sua memoria liturgica è fissata per il 16 gennaio, giorno del suo Battesimo. Ieri la solenne cerimonia a Vigevano, dove il cardinale Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle cause dei santi, ha dato lettura della Lettera apostolica con cui papa Francesco ha iscritto nell’Albo dei beati il «laico martire» ucciso dai nazisti nel campo di concentramento tedesco di Hersbruck dove ha dato la testimonianza suprema difendendo «i deboli e gli oppressi fino al dono della vita». Il rito è stato celebrato nel Palasport davanti a circa quattromila fedeli. Tantissime le penne nere degli alpini. Con il cardinale, oltre ad un centinaio di sacerdoti, hanno concelebrato il vescovo locale Maurizio Gervasoni e altri quindici presuli assieme al postulatore, monsignor Paolo Rizzi. Significative la parole del nuovo beato che campeggiavano sullo sfondo del presbiterio, sintesi efficace del suo messaggio spirituale e della sua eroica testimonianza cristiana: «Non posso lasciarli soli vado con loro». È la frase pronunciata dopo la quarantena a Flossenburg all’atto di scegliere volontariamente il campo di sterminio di Hersbruck, dove la morte era certa, per seguire i più sfortunati destinati a quel lager.
Particolarmente toccante il momento dello scoprimento dell’immagine di Olivelli, raffigurato in divisa da alpino, solennemente esposta alla venerazione di tutti i presenti che hanno manifestato la loro gioia con un fragoroso applauso, accompagnato una musica di esultanza suonata dall’organo.
Nell’omelia il cardinale Amato ha esaltato la figura di Olivelli - il "ribelle per amore" come spesso è chiamato ricordando la preghiera da lui stesso composta - «patriota eroico» e «cattolico virtuoso», che «combatté il male con tutte le sue forze di fede e intelligenza» non «con armi letali», ma «con quella energia benefica e divinamente invincibile che è la carità». Il porporato ha ripercorso brevemente il martirio del giovane Teresio - aveva da poco compiuto 29 anni quando spirò il 17 gennaio 1945 - quando un kapò lo picchiò a morte perché accusato di aver difeso un giovane detenuto ucraino. E poi ha aggiunto di aver rievocato questo «episodio martiriale» non per «mera curiosità» o «pura memoria storica». Infatti «questa esperienza diabolica» non appartiene «purtroppo» solo al passato ma «straripa, come una melma malefica, anche nel presente». «Ancora oggi – ha ricordato il cardinale –, nel mondo ci sono 215 milioni di cristiani che soffrono persecuzione e morte».
Prima della benedizione finale il vescovo di Vigevano, Gervasoni ha rivolto calorose parole di ringraziamento a papa Francesco, al cardinale Amato, ai vescovi e ai sacerdoti concelebranti e a tutta l’assemblea. Tra i concelebranti c’erano l’arcivescovo di Milano, Mario Delpini con monsignor Ludwig Schick, arcivescovo di Bamberga, nel cui territorio si trova Hersbruck - presente a Vigevano con il parroco e una delegazione del paese che ha dato il nome al campo di concentramento. Presente anche monsignor Francesco Cavina, vescovo di Carpi dove viene venerato Odoardo Focherini, altro martire di Hersbruck (oggi Schick farà un pellegrinaggio anche nella cittadina emiliana). E presenti anche i vescovi della diocesi che hanno visto Olivelli nascere e crescere fin quando la famiglia si trasferì a Zeme e poi a Mortara (Oscar Cantoni di Como) e di quella che lo ha ospitato da studente universitario (Corrado Sanguineti di Pavia), nonché l’ordinario militare Santo Marcianò.
All’evento ha partecipato anche Matteo Truffelli, presidente nazionale dell’Azione cattolica che sabato sera ha promosso nella chiesa di san Pietro Martire di Vigevano una intensa veglia di preghiera in preparazione alla beatificazione del proprio socio.Un saluto speciale monsignor Gervasoni lo ha rivolto ai giovani, «perché essi sono in modo particolare gli eredi» del nuovo beato. Richiamando la figura e la testimonianza di Olivelli il vescovo di Vigevano ha ricordato l’esortazione di papa Francesco a non essere «giovani-divano». E li ha invitati a non chiudersi «in se stessi» a non cercare «soluzioni comode» a non lasciarsi «paralizzare dalle difficoltà» ma di mettersi invece «sempre in cammino», «in movimento» alla ricerca «del progetto che Dio ha su ciascuno», e di essere «sempre disponibili al servizio agli altri».