lunedì 11 novembre 2024
Tutte le settimane uno spazio di riflessione personale con l'aiuto di testimoni della fede e maestri spirituali. Oggi il gesuita John Powell sul saper ringraziare e l'importanza delle relazioni umane
La qualità della nostra vita dipende in larga parte dalle relazioni che costruiamo

La qualità della nostra vita dipende in larga parte dalle relazioni che costruiamo - ICP

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La maggior parte dei maestri dello spirito sostiene che la via più semplice per imparare a pregare è allenarsi nel ringraziamento. Dire grazie per il nuovo giorno che abbiamo la possibilità di vivere, per la natura, per una bella sorpresa. Ringraziare per le persone. Perché, anche se fatichiamo a riconoscerlo, il nostro giudizio sul mondo, se ci piaccia o no abitarlo, dipende dalla qualità delle relazioni che sappiamo costruire. Primo requisito della felicità è avere qualcuno con cui condividere successi e delusioni. Ogni nuova presenza che arriva nella nostra vita, allora, dovrebbe regalarci gioia, visto che, nell’ottica della fede, rappresenta una via preferenziale per incontrare Dio. Spesso, però non ce ne rendiamo conto. Anzi, ci comportiamo in modo diametralmente opposto facendo precedere la conoscenza da un pregiudizio negativo: «chissà perché quell’uomo si è avvicinato, chissà cosa vuole quella ragazza, io non le darò niente». In questa sua breve riflessione spirituale il gesuita e psicoterapeuta statunitense John Powell (1925-2009) ci ricorda che ogni persona è un dono di Dio e che lo siamo noi stessi. L’invito, quindi, è ad andare al di là dell’involucro, della prima impressione, per scoprire quanta ricchezza, originale e irripetibile c’è in ognuno. In particolare, il religioso racconta di avere ricevuto sul tema un articolo anonimo, di cui riassume il contenuto.

«Le persone sono doni di Dio che mi vengono fatti. Sono già avvolti in una carta a volte bella, a volte meno attraente. Alcuni vengono strapazzati durante l'invio postale; altri, invece, sono recapitati con riguardo per espresso; alcuni sono avvolti alla bell’ e meglio e sono facili da aprire, altri sono chiusi saldamente.
Ma il dono non è l'involucro ed è importante rendersene conto. È così facile sbagliarsi al riguardo, e giudicare il contenuto dall'involucro esteriore.
Talvolta, il dono si apre con grande facilità; altre volte, c'è bisogno dell’aiuto altrui. Forse ciò è dovuto al fatto che gli altri hanno paura; forse in precedenza sono stati feriti e non vogliono esserlo ancora; o, forse, in passato sono stati aperti e poi abbandonati. Può darsi che adesso si sentano più una “cosa” che “persone”.
Io sono una persona: come chiunque altro, anch’io sono un dono. Dio ha infuso in me una bontà che è solo mia. E tuttavia, a volte, ho paura di guardare dentro il mio involucro: forse temo di essere deluso; forse non mi fido del mio contenuto; o forse non ho mai accettato veramente il dono che io stesso costituisco.
Ogni incontro e ogni condivisione con le persone è uno scambio di doni. Il mio dono sono io; il tuo dono sei tu. Siamo doni vicendevoli».

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