Sul fronte della misericordia, coerentemente non soltanto con lo spirito giubilare ma con una convinzione personale che il Papa avverte profondamente, ha spiegato che chi vive «in uno stato oggettivo di errore», continua «ad essere oggetto dell’amore misericordioso di Cristo e perciò della Chiesa stessa». Verità e misericordia, come chiavi interpretative e come funzioni imprescindibili anche della Rota Romana alla quale il discorso del Papa ieri era rivolto nel tradizionale appuntamento per l’inaugurazione dell’anno giudiziario. Come se Francesco, a poco più di un mese dal "Rescritto" con cui ha chiarito il senso del Motu proprio sulla riforma del processo per la nullità matrimoniale, avesse voluto tornare sul quel documento – pur senza mai accennarne esplicitamente – riprendendone i capisaldi e incoraggiando i giudici ecclesiali a percorrere con convinzione la strada da lui indicata. L’11 dicembre scorso aveva spiegato che nella sua attività il "Tribunale della famiglia" – a cui ieri ha aggiunto la definizione di "Tribunale della verità del vincolo sacro" – come tutti gli altri organi giudiziari della Chiesa, intendono manifestare «prossimità alle famiglie ferite, desiderando che la moltitudine di coloro che vivono il dramma del fallimento coniugale sia raggiunta dall’opera risanatrice di Cristo». Ieri ha dilatato il concetto, spiegando come, proprio perché la Chiesa è madre e maestra, «sa che, tra i cristiani, alcuni hanno una fede forte, formata nella carità, rafforzata dalla buona catechesi e nutrita dalla preghiera e dalla vita sacramentale, mentre altri – ha ammesso – hanno una fede debole, trascurata, non formata, poco educata o dimenticata». A tutti, alle persone più consapevoli, ma anche a coloro che fanno fatica a compitare l’Abc della fede, la Chiesa «con rinnovato senso di responsabilità», continua a proporre il matrimonio. E lo fa sottolineando che gli elementi essenziali di questa unione sono «prole, bene dei coniugi, unità, indissolubilità, sacramentalità». Un intreccio robusto di condizioni oggettive, di scelte interiori e di volontà concrete che non può in alcun modo essere relativizzato dai «moderni modelli centrati sull’effimero e sul transitorio», ma che fa diretto riferimento «alla grazia di Cristo». Una riflessione chiara, dai contorni ben delineati per evitare qualsiasi fraintendimento, nel clima di acceso dibattito sul futuro della famiglia che, non solo in Italia, sta coinvolgendo anche comunità ed associazioni ecclesiali. «Il tempo che viviamo è molto impegnativo sia per le famiglia, sia per noi pastori, che siamo chiamate ad accompagnarle», ha sottolineato Francesco. Ecco perché tutti coloro che fanno sinceramente riferimento agli ideali del Vangelo devono avere ben presente ciò che la Chiesa propone quando parla di famiglia. Ieri il Papa, come per collocare le sue parole nel solco di una lunga tradizione, ha fatto riferimento a vari interventi sulla famiglia di Pio XII e di Paolo VI. Ha ricordato che «famiglia e Chiesa, su piani diversi, concorrono ad accompagnare l’essere umano verso il fine della sua esistenza». E «che lo "spirito famigliare" è una carta costituzionale della Chiesa». Con la famiglia, in altre parole, non si scherza. Non è invenzione dell’uomo ma volontà stessa di Dio. Precede lo Stato – e anche la Chiesa stessa – quindi non può essere riassemblata e rimaneggiata secondo il gusto del momento o le stravaganze culturali delle mode dominanti. Anche a questo proposito è urgente, dal punto di vista pastorale, coinvolgere tutta la Chiesa nella preparazione adeguata degli sposi al matrimonio «in una sorta di nuovo catecumenato, tanto auspicato da alcuni padri sinodali».
Tornando ai temi già affrontati nel Motu proprio, Francesco ha poi dedicato una parte rilevante del suo discorso alla Rota Romana per chiarire uno dei punti più dibattuti nei processi di nullità matrimoniali. Quanto conta la fede per stabilire la verità del consenso? Riprendendo la dottrina tradizionale, il Papa ha spiegato «che non è condizione essenziale» perché il consenso può essere minato solo dalla volontà non «dalla limitata coscienza della pienezza del progetto di Dio». Non è raro anzi che coloro che si sposano con idee un po’ confuse circa unità e indissolubilità, scoprano poi durante la vita familiare il tesoro che Dio ha stabilito per loro. E questo grazie alla fede infusa nel momento del Battesimo «che continua ad avere influsso misterioso nell’anima, anche quando la fede non è stata sviluppata e psicologicamente sembra essere assente».