Una celebrazione della Fraternità Jesus Caritas nell'abbazia di Sassovivo - jesuscaritas.it
«Ho incontrato nella mia vita molte persone, sacerdoti e laici, che mi hanno fatto del gran bene. Però la persona che ha inciso fortemente sul mio crescere davanti a Dio e agli uomini è stata la mia mamma, che mi ha insegnato ad amare Gesù». Domani, 27 novembre, fratel Gian Carlo Sibilia compie 90 anni. Fondatore dei Piccoli Fratelli di Jesus Caritas, una delle comunità religiose sparse per il mondo che si rifanno all’insegnamento di san Charles de Foucauld – che il prossimo 1° dicembre la Chiesa ricorda nel calendario –, dall’abbazia millenaria di Sassovivo, sede del priorato, posta alle pendici del monte Serrone, sopra Foligno (Perugia), vive e continua la sua missione di innamorato del Vangelo, con allegria e naturalmente con gli acciacchi dell’età.
Gian Carlo Sibilia, fondatore dei Piccoli Fratelli di Jesus Caritas - .
Il deserto e la Giac. L’abbazia di Sassovivo respira a pieni polmoni la presenza di san Francesco – Assisi è a due passi – e di fratel Carlo Carretto, straordinaria figura del cattolicesimo italiano post conciliare che a Spello, le “colline della speranza”, fondò una comunità dei Piccoli Fratelli del Vangelo dando anima e corpo ai tanti piccoli eremi sparsi per il monte Subasio. «Un’altra persona che ha segnato fortemente il mio amore per Gesù e per la Chiesa – continua Gian Carlo – è stato fratel Carlo Carretto. Innamorato di Gesù alla scuola di Carlo Carretto, e guidato da frère Charles, non potevo che seguirli sulle orme stesse del deserto e nello sviluppo del loro messaggio spirituale. Ma c’era un altro amore che andava sviluppandosi: quello per la Chiesa. Il noviziato per conoscere e crescere in quest’amore fu la Giac – la Gioventù Italiana di Azione cattolica – e i vari servizi diocesani e nazionali a essa legati. Con la Giac imparai a servire la Chiesa locale».
Innamorarsi di frére Charles. All’abbazia di Sassovivo il cuore di Gesù, sormontato da una croce di colore rosso, lo si vede dappertutto. Nell’abito dei Piccoli fratelli. Nei quadri appesi alle pareti. È il simbolo di Charles de Foucauld. Spesso iniziava le sue lettere disegnando un cuore con una piccola croce, posto tra due parole: “Iesus Caritas”. Per fratel Gian Carlo l’innamoramento verso Charles de Foucauld iniziò in modo molto semplice. «L’assistente della Giac di allora, monsignor Paolo Gillet, mi regalò un libretto dov’erano raccolte le meditazioni di un ritiro di fratel Arturo Paoli, fatto in Argentina. Queste pagine mi fecero scoprire innanzitutto il messaggio spirituale di Charles de Foucauld. Ma il libro fondamentale fu Come loro di René Voillaume, l’autentico fondatore della Famiglia foucauldiana. Infine frequentai le Piccole Sorelle alle Tre Fontane, vicino alla mia casa di Roma; l’ascolto delle loro testimonianze chiarì quale sarebbe stato il mio progetto di vita».
Altro scorcio del complesso dell'Abbazia di Sassovivo, nei pressi di Foligno (Perugia) - .
Pane, acqua e amicizia. Sulla strada di Charles de Foucauld, con l’aiuto di Carretto. «La prima volta che gli parlai fu al telefono. Lui era a Benì-Abbes, nel deserto, e la telefonata sollecitava la richiesta che nelle stampe dei giornali e riviste della Giac ci fosse un aiuto finanziario per alcune famiglie del Sahara bisognose di crearsi un pozzo per approvvigionarsi di acqua. Pur nella solitudine del deserto algerino Carlo Carretto, che era stato il presidente della Giac dal 1946 al 1952, non smetteva mai di chiedere informazioni su quello che accadeva in Italia. Ricordo soprattutto la sua vicinanza fisica e spirituale durante i miei primi quaranta giorni di eremo a Bindua in Sardegna, dove i fratelli avevano sistemato un eremo. Carlo ogni due giorni mi portava pane e acqua e poi, facendosi sera, parlavamo di cosa volesse dire diventare “piccolo fratello”. Per non parlare dei due ritiri spirituali nel Sahara: ci fermavamo per la preghiera e l’adorazione nei luoghi frequentati da frère Charles. Divenne un’amicizia forte. Che bello avergli chiuso gli occhi per nascere al cielo».
Spello, Assunta del 1965. I Piccoli Fratelli di Jesus Caritas fanno parte della grande famiglia spirituale di Charles de Foucauld. In cosa consiste la vostra missione? «I Piccoli Fratelli di Jesus Caritas cercano di vivere il messaggio di frère Charles innanzitutto con una stretta vita fraterna, nutrita dalla preghiera di adorazione e dalla lectio divina quotidiana. Un servizio in diocesi secondo le nostre disponibilità e la richiesta del vescovo. Iniziai la mia avventura di piccolo fratello a Spello nel Convento di San Girolamo (ora è il “polmone spirituale” gestito dall’Azione Cattolica italiana), dove arrivai a mezzogiorno dell’Assunta del 1965, con due fratelli, uno più giovane e il secondo colpito dalla malaria cronica. Spello, con il convento francescano del ’400, doveva diventare, insieme ai 25 eremi sparsi per il Subasio, il luogo di informazione e formazione per far fare esperienza di preghiera privilegiando il silenzio e l’adorazione eucaristica. Così accadde. Per quasi venticinque anni fu un notevole riferimento spirituale ed ecclesiale per centinaia di giovani che si alternavano ogni domenica tra i servizi liturgici, il lavoro nei campi e l’aiuto in cucina. L’andata al cielo di Carlo nel vespro di San Francesco, il 4 ottobre 1988, e infine il terremoto del 1997, hanno determinato la chiusura dell’esperienza. Ci si augura che fratel Carlo e gli altri piccoli fratelli sepolti con lui a Spello facciano rifiorire la fraternità».
La mappa della fraternità. Non solo Spello, però. «Vissi alcuni anni a Casalecchio di Reno, nella vivace diocesi di Bologna del cardinal Lercaro. Da lì siamo stati richiamati nella diocesi di Foligno per assumere la responsabilità della parrocchia di Limiti di Spello. Poi la fraternità cittadina a Foligno, e l’abbazia di Sassovivo. Ancora il Goleto in Irpinia, nella diocesi di Sant’Angelo dei Lombardi, e infine a Nazaret, in una parte dell’ex monastero delle Clarisse dove è vissuto per tre anni fratel Charles. La nostra Comunità poi ha la responsabilità della Rivista Jesus Caritas, della Famiglia Charles de Foucauld, e custodisce l’archivio di fratel Carlo Carretto, curando inoltre la diffusione dei suoi fortunatissimi libri».
L'abbazia di Sassovivo, nei pressi di Foligno (Perugia) - .
Condividere con chi soffre. Nazaret, infine. «La nostra presenza nella fraternità di Nazaret, luogo molto caro alla famiglia spirituale di Charles de Foucauld, lo dobbiamo alle Piccole Sorelle di Gesù che dopo cinquanta anni hanno dovuto ritirarsi da lì. Rimane una delle poche memorie della presenza di frère Charles. Nazaret vuol dire una vita semplice, come la si viveva ai tempi di Gesù. Fatta di preghiera, lavoro e amicizia con gli uomini. Charles de Foucauld rimase tre anni a Nazaret e comprese subito che bisognava predicare anche in terre e luoghi non cristiani. A Nazaret accogliamo chi viene in visita o chi voglia trascorrere un tempo più o meno prolungato di ritiro. Con l’inizio della guerra ci siamo posti la domanda se chiudere la fraternità o restare, ma i fratelli che vivono lì ci hanno risposto: “siamo stati qui più di vent’anni per accogliere i pellegrini e ora che la gente del posto è in guerra noi non possiamo rifiutarci di condividere con loro la sofferenza”».
Il giornale e il Rosario. Fratel Gian Carlo parla a bassa voce. La voce degli anziani, dei sapienti. Riscalda il cuore di chi vuole ascoltarla. Chi arriva a Sassovivo sa che incontra dei piccoli fratelli che vivono la carità fraterna, aperti all’accoglienza di quanti bussano alla loro porta. Sa che può trovare una parola o un conforto spirituale in un uomo che somiglia molto a quei vecchi patriarchi dell’Antico Testamento. «A 90 anni pieni, come mi viene richiesto e con una sofferenza non lieve di artrosi reumatica: prego, leggo, ascolto persone che mi vengono a scaricare le loro sofferenze, dedico un po’ di tempo anche alla lettura di qualche quotidiano ricordandomi sempre quello che scriveva Thomas Merton: l’uomo non è un’isola. In questo periodo ho riscoperto il valore del santo Rosario che fratel Carlo Carretto chiamava il Breviario dei poveri; ci sono giornate che anche il salmodiare mi diventa difficile… allora, corona in mano, e via con Maria, madre di Gesù e madre mia».
«Uomo vivo perché donato». L’ultima domanda per Gian Carlo è rivolta ai giovani. Cosa direbbe loro per innamorarsi di Charles de Foucauld? «Di leggere una sua buona biografia. Ce ne sono ormai tante. Se poi si vuol camminare più specificamente sulle sue orme bisogna prendere in mano Come loro, il libro guida per incamminarsi alla sequela del santo. Ci fu un anno in cui l’arcivescovo di Milano Carlo Maria Martini venne a Spello con 150 preti ambrosiani di età piuttosto giovanile. Alla fine dell’Eucaristia celebrata nel piccolo chiostro della fraternità di San Girolamo disse: “fratel Carlo, un uomo vivo perché donato, perché spoglio. Un uomo che ha vissuto la speranza che è tale solo se la si vive fino in fondo. Amen”».