Un ritratto di monsignor Mimmo Battaglia - Archivio Avvenire
L’arcidiocesi di Napoli ha un nuovo pastore. La scelta di papa Francesco è caduta su monsignor Domenico Battaglia, 57 anni, originario di Satriano in provincia di Catanzaro, dal 2016 vescovo di Cerreto Sannita-Telese- Sant’Agata dei Goti in Campania.
Subentra al cardinale Crescenzio Sepe, 77 anni, alla guida della diocesi partenopea dal 2006. L’annuncio è stato dato alle 12, nel giorno in cui la Chiesa festeggia la Madonna di Guadalupe, in contemporanea dalla Sala Stampa vaticana e dalla Curia napoletana.
Monsignor Battaglia ha svolto gli studi filosofico-teologici nel Pontificio Seminario Regionale “San Pio X” di Catanzaro ed è stato ordinato sacerdote il 6 febbraio 1988 da Antonio Cantisani, arcivescovo di Catanzaro-Squillace, a Satriano nella Chiesa di Santa Maria di Altavilla. Dal 1989 al 1992 è stato rettore del Seminario liceale di Catanzaro e della Commissione diocesana “Giustizia e Pace”. Poi fino al 1999 è stato amministratore parrocchiale a Sant’Elia, parroco della Madonna del Carmine a Catanzaro, direttore dell’Ufficio diocesano per la “Cooperazione Missionaria tra le Chiese”, parroco a Satriano. È stato collaboratore al Santuario “Santa Maria delle Grazie” in Torre di Ruggiero, collaboratore parrocchiale a Montepaone Lido e amministratore della parrocchia “Santa Maria di Altavilla” in Satriano.
Durante questa sua attività pastorale all’interno dell’arcidiocesi di Catanzaro-Squillace si è sempre interessato ai più deboli e agli emarginati tanto da essere chiamato “prete di strada”. Un impegno efficacemente raccontato in due pubblicazioni: “I poveri hanno sempre ragione. Storie di preti di strada di Mimmo Battaglia e Virginio Colmegna”, uscito nel 2010 per Cittadella Editrice, e “Vecchie ciabatte… calzari di angeli. La tenerezza di un prete in cammino con gli ultimi”, stampato nel 2012 dalle Edizioni Insieme.
L’impegno di monsignor Battaglia a favore dei più sfortunati che si è espresso anche, dal 1992 fino alla nomina episcopale del 2016, nella guida del “Centro Calabrese di Solidarietà”, una Comunità dedita al trattamento e al recupero delle persone affette da tossicodipendenze, legata alle Comunità Terapeutiche (FICT) di don Mario Picchi, Federazione di cui è stato presidente nazionale dal 2006 al 2015. Mentre dal 2000 al 2006 è stato vicepresidente della “Fondazione Betania” di Catanzaro, l’Opera diocesana di assistenza-carità.
Monsignor Domenico Battaglia nuovo arcivescovo di Napoli. In questa immagine di archivio, la sua ordinazione episcopale nel 2016 a Catanzaro - Archivio Avvenire
Papa Francesco il 24 giugno 2016 lo ha nominato vescovo di Cerreto Sannita-Telese-Sant’Agata de’ Goti. Il 3 settembre successivo riceve la consacrazione episcopale nella Cattedrale di Catanzaro per le mani dell’arcivescovo Vincenzo Bertolone. Co-consacranti l’arcivescovo emerito Cantisani, e l’arcivescovo Giancarlo Maria Bregantini, metropolita di Campobasso-Boiano dopo essere stato per 13 anni vescovo di Locri-Gerace. La presa di possesso delle diocesi viene celebrata il 2 ottobre. Prima del solenne ingresso nella Cattedrale di Cerreto Sannita tra una folla festante, la significativa visita l’Istituto Penale per i minori di Airola.
Nella piccola diocesi dell'entroterra sannita Battaglia ha continuato nel suo impegno. Ne fa fede la sua ultima lettera pastorale dello scorso aprile in piena emergenza Covid-19, che "ha messo a nudo la fragilità di questo nostro mondo, l’inconsistenza di ciò in cui pensavamo di aver trovato la chiave risolutiva di tutti i nostri problemi, la gracilità di quell’economia, che sia a livello locale, sia a livello globale, è stata ritenuta l’unica meta ed è stata vista e osannata come l’unica via, che al di fuori di ogni regola, porta l’umanità verso la felicità sulla terra".
Il cardinale Sepe saluta la comunità napoletana - Ansa
In quella lettera tra i riferimenti biblici c'è il libro di Daniele che racconta di tre giovani che non si prostrano alla statua d’oro di Re Nabucodonosor e perciò vengono gettati nella fornace ardente, dalla quale Dio li libera. La statua d’oro, spiegava Battaglia, è "un capitalismo selvaggio, che ha pensato solo ai profitti, causato guerre per vendere armi, lasciato morire i poveri nell’indifferenza, ha respinto i più disperati in cerca di pane, erigendo muri contro di loro e armando le navi dei guardacoste, ha criminalizzato i loro soccorritori, ha fatto scrivere editoriali, giorno dopo giorno, contro chi li di difendeva (incluso Papa Francesco), ha predicato odio continuo contro i 'diversi', ha reclamato uomini forti, come gli unici che avrebbero potuto salvare le nazioni". "Alcuni uomini forti – continuava Battaglia - sono effettivamente venuti, ma l’umanità non è stata salvata. Al contrario è precipitata nell’insicurezza e nell’angoscia".
Ora papa Francesco lo ha scelto per Napoli, dove arriva a una età simile a quelle di due suoi recenti predecessori (Michele Giordano e Corrado Ursi), mentre per trovare un calabrese alla guida della diocesi dell’antica capitale borbonica bisogna risalire al cardinale Luigi Ruffo Scilla - da non confondere con il coevo porporato sanfedista Fabrizio Ruffo – che fu arcivescovo dal 1802 al 1832 ma venne costretto a lasciare la città, perché prigioniero di Napoleone in Francia, tra il 1806 e il 1815.
Nel suo primo messaggio alla diocesi don Mimmo Battaglia – così si firma – esprime “profondo senso di gratitudine” per papa Francesco, esalta i valori positivi della terra napoletana e in particolare quelli “dell’ospitalità e dell’accoglienza” e ringrazia il cardinale Sepe per “la familiarità, la paternità, l’attenzione alla carità che hanno caratterizzato il suo ministero”.
“Vengo con cuore aperto, - scrive Battaglia - specialmente verso coloro che sono i feriti della vita, verso tutti i cercatori di Dio e verso tutti quelli che Dio cerca, vengo verso i promotori del bene, della giustizia e della legalità. Vengo come un viandante che desidera camminarvi accanto, convinto che solo insieme possiamo seguire l’unico Maestro e Pastore, Gesù, Signore della vita e della storia! A Lui dovranno ispirarsi i nostri criteri, i piani pastorali, le scelte concrete, i comportamenti quotidiani. Gesù ci invita ad abitare una Chiesa che esce dai suoi sacri recinti per mettersi al servizio del territorio, a partire dagli ultimi. Una Chiesa dunque dove non si celebrano solo dei riti ma la vita e le speranze delle donne e degli uomini del nostro tempo. Su questa strada cercheremo di essere insieme artigiani di pace, cercatori di un infinito che intercetta i limiti per farne possibilità, costruttori infaticabili di speranza”.