Liturgia ortodossa di Natale a San Pietroburgo, tra i fedeli Vladimir Putin - Wikimedia Commons
«Alcune Chiese orientali, cattoliche e ortodosse, che seguono il calendario giuliano, celebreranno domani il Santo Natale. Ad esse rivolgo il mio augurio cordiale e fraterno nel segno della comunione tra tutti noi cristiani....».
Con queste parole all’Angelus dell'Epifania il Papa ha ricordato che mentre noi “latini” ci avviamo verso la chiusura del tempo di Natale – che termina con il Battesimo del Signore, la prima domenica dopo l’Epifania – c’è una parte di mondo cristiano che il 7 gennaio vive l’acme di questo tempo benedetto.
La differenza di date deriva com’è noto dall’adozione di due differenti calendari: l’Oriente cristiano ha conservato in buona parte l’uso del calendario giuliano – dal nome di Giulio Cesare che lo promulgò nel 46 a.C. – che fu sostituito nel 1582 da papa Gregorio XIII con il calendario chiamato, appunto, gregoriano, più preciso dal punto di vista astronomico.
La questione di quale calendario adottare è stata fonte di infinite dispute nei secoli, nel mondo ortodosso. Nel 1923 si tenne anche un congresso pan-ortodosso a riguardo ma che non produsse una scelta univoca. Oggi, come ricorda la teologa esperta di ecumenismo Dagmar Heller, «la situazione generale nel mondo ortodosso è che per la data della Pasqua tutte le Chiese usano il calendario giuliano – a eccezione della Chiesa di Finlandia, che segue quello gregoriano – mentre per tutte le altre feste, alcune Chiese, in particolare quelle di lingua greca e la romena, usano il calendario gregoriano».