mercoledì 8 febbraio 2023
Aveva fondato i “Servi dei poveri del Terzo Mondo”, 85 anni. Oggi a Piazza Armerina la Messa in suffragio celebrata dal vescovo Gisana
Padre Giovanni Salerno, missionario in America Latina

Padre Giovanni Salerno, missionario in America Latina - Immagine d'archivio / collaboratori

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«Se dovessi tornare un’altra volta in questo mondo, ancora una volta e senza titubanze abbraccerei la vita di sacerdote missionario per portare il Vangelo ai più poveri delle Ande, dove i nostri fratelli indigeni vivono una vita infra-umana». Padre Giovanni Salerno, in occasione dei suoi 60 anni di sacerdozio, invitava a «non scoraggiarsi perché Gesù è risorto e bisogna eliminare dai nostri cuori ogni pessimismo». Ipovedente e stanco, aveva lasciato il Perù due anni fa, ma il suo spirito combattivo e giovane gli aveva suggerito di tornare.

Così aveva fatto e lì è spirato domenica scorsa, all’età di 85 anni, a Lima, nel Paese dove nel 1986, incoraggiato da papa Giovanni Paolo II, aveva fondato i missionari “Servi dei Poveri del Terzo Mondo”. Il movimento oggi raccoglie decine tra sacerdoti, seminaristi, diaconi e missionari che gravitano attorno alla “Città dei Ragazzi” a Cuzco, in rete con altre comunità in Italia, Ungheria e Spagna.

Nato a Gela il 30 gennaio 1938, Salerno nel 1961 era stato ordinato sacerdote, nella famiglia religiosa degli agostiniani «che ebbero il coraggio di farmi continuare gli studi in medicina – raccontava – nonostante tre oculisti avessero dichiarato che a venti anni sarei diventato cieco».

Nell’agosto del 1968 era partito con un gruppo di agostiniani per fondare una prelatura nella regione andina di Apurímac, in Perù. Lì è rimasto per mezzo secolo, muovendo i primi passi ad Antabamba, dove fondò il dispensario medico “Madre Rosa Gattorno” e il primo lebbrosario ad Abancay.

Grande comunicatore, padre Salerno, che ha diretto riviste e giornali specializzati, rappresentava «l’esempio vivo del sacerdote che serve in loco le popolazioni svantaggiate con uno spirito umanitario che non ricalca gli esempi di finta accoglienza che spesso si incontrano in Italia»: così lo ricorda padre Michele Mattina, che non l’ha mai abbandonato, promuovendo continue raccolte a sostegno della comunità peruviana, grazie alla fondazione del gruppo parrocchiale missionario a Gela.

L’ultima volta che è stato in Italia era il 2021. Dieci anni prima il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, lo aveva insignito del titolo di Cavaliere ufficiale. Nella sua ultima lettera, pubblicata da Settegiorni, il settimanale della diocesi di Piazza Armerina, dove si era incardinato, si diceva «consapevole che oggi stiamo vivendo nella Chiesa e nel mondo un momento molto difficile».

E rivolgendosi alle giovani coppie chiedeva «di approfondire la loro fede per lasciarla in eredità ai loro figli». «Rimanere saldi nella fede vuol dire non lasciarsi sedurre da falsi profeti  – scriveva ancora – apriamo gli occhi e ascoltiamo il silenzio dei poveri che soffrono pene indicibili a causa della fame, delle malattie patite per la carenza di medicine, per l’abbandono spirituale e la mancanza del Pane eucaristico».

Oggi il vescovo di Piazza Armerina, Rosario Gisana, celebrerà una Messa in suffragio di padre Salerno nella parrocchia di Sant’Antonio che lo ha ospitato due anni fa per una testimonianza viva sulla grande opera di solidarietà che ha realizzato nel mondo.

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