Da ieri nel Collegio dei cardinali non ce ne è più nessuno nato a Roma. È morto infatti Fiorenzo Angelini, l’ultimo porporato a cui l’Urbe ha dato i natali. Ma la scomparsa di questo eminente ecclesiastico non è da segnalare solo per questo piccolo particolare biografico, seppure non secondario da un punto di vista ecclesiale ed ecclesiastico. Il cardinale Angelini infatti è stata una figura importante nella Chiesa italiana e anche nella Curia vaticana. La sua lunga vita, 98 primavere, è stata infatti la storia di un «prete romano, ma moderno» – sono parole dello storico Andrea Riccardi – che è passata «dalla cronaca della vita di base» delle parrocchie romane dove ha iniziato il suo ministero sacerdotale «ai grandi incontri e ai grandi problemi» italiani e anche internazionali affrontati già da semplice prete e poi, a maggior ragione, da vescovo e da cardinale.Ordinato sacerdote nel 1940, dopo cinque anni passati da viceparroco nelle periferie dell’epoca («gli anni più belli della mia vita», amava ripetere) nel 1945 viene chiamato a ricoprire l’incarico di assistente ecclesiastico nazionale degli uomini di Azione cattolica. Insieme al presidente, il professor Luigi Gedda, ebbe un ruolo centrale nei Comitati civici, determinanti nella storica vittoria elettorale della Democrazia Cristiana il 18 aprile 1948. Nel 1957 Pio XII lo nomina vescovo titolare di Messene (era infatti, per elezione, il più anziano tra i presuli della Penisola) e gli viene affidata l’assistenza spirituale nelle cliniche e negli ospedali di Roma.La valorizzazione del laicato cattolico (in questo si può dire che fu un antesignano del Vaticano II) e la pastorale nel mondo della sanità, sono stati due grandi campi d’azione di Angelini. Grande sostenitore dell’impegno politico dei cattolici nella Dc – nota la sua grande e inossidabile amicizia con Giulio Andreotti – è stato sempre in dialogo con tutti. In Italia, dove ebbe un incontro riservato con il leader del Pci Luigi Longo e coltivò una lunga e sincera amicizia con Renato Guttuso. E nel mondo, dove, da "ministro della sanità" vaticano si recò tre volte a Cuba favorendo il miglioramento dei rapporti tra Fidel Castro e la Santa Sede. Assistente ecclesiastico dell’Associazione medici cattolici italiani dal 1959 al 1994, Angelini nel 1985 venne chiamato da san Giovanni Paolo II a presiedere la neocostituita Pontificia Commissione – poi diventata Pontificio Consiglio – della pastorale per gli operatori sanitari e fu lo stesso papa Wojtyla a crearlo cardinale nel 1991. L’impegno in questo settore era determinato dalla convinzione che «l’ospedale è il tempio più frequentato dal mondo». «Per lui – ha osservato Riccardi – l’attività nel mondo della sofferenza porta ad un contatto con tutti, senza esclusioni, anche con quelli più lontani e ostili nei confronti del cattolicesimo». Nel segno di quell’«ecumenismo delle opere» che il cardinale Angelini ha saputo sperimentare «anche nei suoi contatti con il mondo comunista, con quello sovietico e cinese».Il cardinale Angelini per raggiunti limiti di età lascia la guida del dicastero da lui "creato" nel 1996. Ma non va in pensione. Anzi. L’anno successivo fonda l’Istituto internazionale di ricerca sul Volto di Cristo con il quale promuove ogni anno un Congresso internazionale. L’ultimo, dedicato a «Il volto di Cristo nelle opere di misericordia», è stato celebrato lo scorso fine settembre. E poi si dedica anima e corpo alla costruzione di una Cittadella della Carità nella repubblica democratica del Congo. Per questo, nonostante la veneranda età, si era recato già sei volte in Africa. E voleva tornarci ancora. Il Signore non ha esaudito questo suo desiderio. Il cardinale Angelini è morto, dopo una breve malattia, nel suo letto. Amorevolmente assistito, fino alla fine, dalle suore benedettine Riparatrici del Santo, guidate dalla superiora madre Maurizia Biancucci. Negli ultimi giorni erano andati a trovarlo vari "colleghi cardinali", come il segretario di Stato Pietro Parolin, il camerlengo Tarcisio Bertone e il decano Angelo Sodano. E sarà Sodano, lunedì alle 15 in San Pietro, a celebrare la liturgia esequiale. Al termine Papa Francesco presiederà il rito dell’
Ultima Commendatio e della
Valedictio.