Padre Maurice Borrmans stringe la mano a papa Francesco
Alla veneranda età di 90 anni aveva deciso di imparare il «farsi » (la lingua persiana parlata in Iran, Afghanistan, Tagikistan e Uzbekistan), per entrare ancora di più nella comprensione dell’islam sciita. In questo dettaglio c’è tutto l’amore e la passione di padre Maurice Borrmans per la tradizione islamica.
Il celebre islamologo belga, membro dei Missionari d’Africa (più conosciuti come padri bianchi), è morto il 26 dicembre a Sainte-Foy-lès-Lyon, in una struttura ospedaliera dove era stato ricoverato dall’autunno scorso a causa di una caduta accidentale. Aveva 92 anni, essendo nato nel 1925 nella regione di Lilla. Colpito da giovane dalla figura di Charles de Foucauld, venne ordinato prete nel 1949 a Tunisi; nel 1971 ottenne un dottorato in lettere alla Sorbona di Parigi. Ha trascorso una ventina d’anni in diversi Paesi musulmani – Algeria, Tunisia e Bahrain – ottenendo una perfetta padronanza della lingua araba grazie agli studi all’Istituto Pontificio di studi orientali di Tunisi. In seguito aveva contribuito al trasferimento di tale istituzione culturale dei Missionari d’Africa a Roma dove ha assunto il nome di Pontificio istituto di studi arabi e islamistica (Pisai).
Nel neonato centro romano iniziò a insegnare lingua araba, spiritualità e diritto islamici; sempre qui, nel 1975, fondò Islamochristiana, una rivista di alto valore scientifico dedicata al confronto tra cristiani e musulmani. Per diversi anni fu anche consultore del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso. Proprio nelle aule romane del Pisai a Trastevere intrecciò una forte e profonda amicizia con un suo allievo, Christian de Chergé, trappista, che in seguito divenne priore del monastero di Tibhirine, in Algeria, assassinato nel 1996 da terroristi integralisti assieme ad altri 6 confratelli.
Il legame tra maestro e discepolo, due anime gemelle nella passione comune per il dialogo con i musulmani, è stato testimoniato dalla raccolta delle lettere che i due si scambiarono per molti anni, di recente pubblicata dalla Urbaniana University Press dal titolo Lettere a un amico fraterno. «Avendo introdotto il monaco agli scritti del teologo musulmano medievale Al-Ghazali – ha scritto il giornalista Nicolas Ballet, autore di Lo spirito di Tibhirine (Paoline) – Borrmans ha contribuito a donare delle solide basi intellettuali all’impresa di Tibhirine». Suoi punti di riferimento erano il celebre islamologo cattolico Louis Massignon e Mohammed Arkoun, musulmano, docente alla Sorbona, deceduto nel 2010. Proprio lo scorso anno Borrmans aveva ricevuto un dottorato honoris causa in missiologia dall’università Urbaniana di Roma.
Un riconoscimento importante per un missionario che aveva fatto del dialogo con i musulmani la propria missione. «Borrmans è stato un uomo appassionato del dialogo con i musulmani e della cultura in generale, curioso di conoscere», così don Valentino Cottini, rettore del Pisai, ricorda il missionario deceduto l’altro giorno. «Aveva numerosissime conoscenze nel mondo intellettuale, sia cristiano sia islamico. La sua è una perdita enorme per il Pisai, visto che ancora oggi partecipava alla vita del nostro Istituto. Con la sua morte finisce l’epoca dei grandi islamologi del XX secolo». Borrmans lascia una bibliografia sterminata, tra i suoi titoli in italiano meritano essere segnalati Orientamenti per un dialogo tra cristiani e musulmani( Urbaniana University Press, prima edizione 1988, nuova edizione 2016), Islam e Cristianesimo: le vie del dialogo (Edizioni Paoline 1993), Gesù Cristo e i musulmani del XX secolo (San Paolo 2000). I funerali di padre Borrmans si terranno il 2 gennaio nella chiesa di Bry-sur-Marne, il paese dove verrà tumulata la salma.