Monsignor Giancarlo Perego - Siciliani
Invocazione e impegno. La preghiera si “gioca” su questo binomio. Perché riconoscersi bisognosi di aiuto non esime dalle responsabilità ma anzi invita a una maggiore attenzione verso le esigenze degli altri e il bene di tutti. Stare con Dio significa, infatti, aprire gli occhi sulla condizione degli uomini e delle donne di oggi, specialmente i più bisognosi, soprattutto nelle emergenze. Così, di fronte alla siccità che asseta i nostri territori, la Chiesa italiana mentre chiama alla preghiera, chiede comportamenti più virtuosi verso la casa comune.
E, spesso, sprecato.
Una visione d’insieme molto presente nelle parole di monsignor Gian Carlo Perego che ha chiesto a tutti i sacerdoti della sua diocesi, e alle loro comunità di recitare, al termine delle Messe di domenica, un’invocazione a Dio per la pioggia. Perché il Signore garantisca l’acqua necessaria alla vita di tutti.
«È la preghiera del Benedizionale – spiega l’arcivescovo di Ferrara-Comacchio, presidente della Commissione episcopale Cei per le migrazioni (Cemi) e della Fondazione Migrantes – che parte dalla consapevolezza di come venga da Dio il dono di tutto quanto è legato alla vita dell’uomo. Al tempo stesso però la preghiera segna la condizione della nostra “cara terra”, per usare un’espressione di don Primo Mazzolari. La benedizione di Dio che è creatore di ogni cosa, in questo momento diventa la richiesta di un dono particolare, quello dell’acqua, per le persone che lavorano e vivono in questo territorio».
Una realtà che rischia di pagare un prezzo molto pesante alla crisi. «La maggior parte dei 3mila chilometri quadrati del territorio diocesano è da un lato a vocazione agricola e dall’altro, soprattutto il delta del Po, dedito alla pesca. Chiaramente la siccità sta segnando profondamente la vita dei lavoratori».
Malgrado questa consapevolezza, persino tra i cattolici non manca chi ironizza sulla preghiera per la pioggia. «Penso sia un’ironia senza nessun valore – osserva Perego – soprattutto se si guarda a come i cristiani nel corso del secoli hanno amato, e continuano a farlo, questa terra, curandola e bonificandola. La preghiera non significa semplicemente fermarsi a desiderare ma accompagnare un impegno che, riguardo all’ambiente, in questo momento nella Chiesa italiana è molto forte. Mazzolari nel libro Cara terra scrivendo agli agricoltori diceva che la prima azione dei cristiani dev’essere rivolgersi a Chi ha creato questo bene. Ma al tempo stesso la preghiera è fonte di responsabilità perché la casa comune non sia segnata e distrutta dall’egoismo umano. Non possiamo dimenticare che la siccità è dovuta anche al poco impegno nella cura della rete idrica, nella distribuzione dell’acqua e per quanto riguarda il territorio locale a una maggiore collaborazione tra tutte le sue parti, sia riguardo la zona del Delta che l’attività agricola. Come diceva il cardinale Danielou “ogni preghiera è fortemente impegno”. Anche politico, sosteneva, a trasformare una città, un territorio, la terra che ci è stata consegnata».
Inutile dire che, come tutte le emergenze, la siccità peserà particolarmente sui poveri. Tra cui i migranti, di cui monsignor Perego si occupa da sempre. «Già oggi metà dei rifugiati sono “ambientali”: fuggono da territori segnati dai cambiamenti climatici, come terremoti, alluvioni, siccità, carestie. La situazione attuale creerà ancora più migrazione. Anche nel nostro Paese tanti spostamenti tra le regioni sono legati al modificarsi del clima, assieme all’inquinamento e alla non vivibilità di un ambiente che non viene curato».
Occorre allora un cambio di passo. Nel sentire comune ma anche nei comportamenti personali. «Il Papa stesso nella Laudato si’ parla di nuovi stili di vita, che per noi oggi significa anche continuare nel consumo critico, nell’attenzione al riciclo, oltreché nella valorizzazione delle fonti energetiche alternative, Uno degli impegni presi dalla Settimana sociale dei cattolici italiani a Taranto».