Papa Francesco celebra la Messa con i religiosi e le religiose degli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica (Tutte le foto sono di Siciliani)
Papa Francesco celebra la Messa con i religiosi e le religiose degli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica, nella festività della Presentazione del Signore che coincide con la XXI Giornata mondiale della Vita Consacrata. Quest'anno la Giornata acquisisce un particolare significato di ringraziamento e di preghiera per il dono delle vocazioni nella prospettiva del Sinodo del vescovi dedicato al tema “I giovani, la fede e il discernimento vocazionale”.
Nella Basilica di San Pietro, il Papa era atteso dal “popolo” dei religiosi e delle religiose: la Messa è cominciata con la benedizione delle candele e la processione.
Al centro della liturgia odierna ci sono le figure di Simeone e Anna, che «illuminati dallo stesso Spirito riconobbero il Signore e pieni di gioia gli resero testimonianza».
«La speranza in Dio non delude mai»
«Il canto di Simeone è il canto dell’uomo credente che, alla fine dei suoi giorni, può affermare: è vero, la speranza in Dio non delude mai (cfr Rm 5,5), Egli non inganna. Simeone e Anna, nella vecchiaia, sono capaci di una nuova fecondità, e lo testimoniano cantando» ha sottolineato papa Francesco nell'omelia della Messa celebrata assieme ai consacrati.
«Simeone – ha fatto notare Francesco a proposito dell’episodio evangelico della presentazione di Gesù al tempo – non solo ha potuto vedere, ma ha avuto anche il privilegio di abbracciare la speranza sospirata, e questo lo fa esultare di gioia. Il suo cuore gioisce perché Dio abita in mezzo al suo popolo; lo sente carne della sua carne». Così, «l’incontro di Dio col suo popolo suscita la gioia e rinnova la speranza”. Simeone e Anna, nella vecchiaia, «sono capaci di una nuova fecondità, e lo testimoniano cantando», ha evidenziato il Papa. Ciò significa, ha spiegato, che “la vita merita di essere vissuta con speranza perché il Signore mantiene la sua promessa». Sarà lo stesso Gesù a “spiegare questa promessa nella sinagoga di Nazaret: i malati, i carcerati, quelli che sono soli, i poveri, gli anziani, i peccatori sono anch'essi invitati a intonare lo stesso canto di speranza. Gesù è con loro, è con noi».
«Sogno e profezia insieme» senza trasformarsi in «professionisti del sacro»
L'invito del Papa è ad accogliere «il sogno dei nostri padri per poter profetizzare oggi e ritrovare nuovamente ciò che un giorno ha infiammato il nostro cuore. Sogno e profezia insieme. Memoria di come sognarono i nostri anziani, i nostri padri e madri e coraggio per portare avanti, profeticamente, questo sogno».
Mantenere questo atteggiamento secondo papa Francesco preserva i religiosi «da una tentazione che può rendere sterile la nostra vita consacrata: la tentazione della sopravvivenza. Un male che può installarsi a poco a poco dentro di noi, in seno alle nostre comunità. L’atteggiamento di sopravvivenza ci fa diventare reazionari, paurosi, ci fa rinchiudere lentamente e silenziosamente nelle nostre case e nei nostri schemi. Ci proietta all’indietro, verso le gesta gloriose – ma passate – che, invece di suscitare la creatività profetica nata dai sogni dei nostri fondatori, cerca scorciatoie per sfuggire alle sfide che oggi bussano alle nostre porte».
E ancora il Papa si sofferma sulla psicologia della sopravvivenza che «toglie forza ai nostri carismi perché ci porta ad addomesticarli, a renderli “a portata di mano” ma privandoli di quella forza creativa che essi inaugurarono; fa sì che vogliamo proteggere spazi, edifici o strutture più che rendere possibili nuovi processi. La tentazione della sopravvivenza ci fa dimenticare la grazia, ci rende professionisti del sacro ma non padri, madri o fratelli della speranza che siamo stati chiamati a profetizzare. Questo clima di sopravvivenza inaridisce il cuore dei nostri anziani privandoli della capacità di sognare e, in tal modo, sterilizza la profezia che i più giovani sono chiamati ad annunciare e realizzare. In poche parole, la tentazione della sopravvivenza trasforma in pericolo, in minaccia, in tragedia ciò che il Signore ci presenta come un’opportunità per la missione».