Un'immagine della famiglia Ulma - Dal sito dell'arcidiocesi polacca di Przemysl
Questa è la storia di due famiglie. Una condannata a morte perché colpevole delle sue origini ebraiche. L’altra sterminata dai nazisti per aver dato rifugio alla prima. Nel 1942 quando Hitler decise la terribile “soluzione finale”, gli Ulma che vivevano nel villaggio polacco di Markowa, diedero riparo a Saul Goldmann e ad altre sette persone. Scoperti dopo un anno e mezzo, il 24 marzo 1944 furono assassinati uno per uno. Gli Ulma erano: papà Jòzef, mamma Wiktoria e sei figli, più un settimo che stava per nascere. Grazie alla sapienza della Chiesa la loro sconfitta terrena è stata però riscattata. Riconosciuti martiri “in odio alla fede”, saranno proclamati beati il prossimo 10 settembre. Compreso l'ultimo bimbo la cui condizione è stata spiegata dal Dicastero delle cause dei santi, organismo della Santa Sede presieduto dal cardinale prefetto Marcello Semeraro. In una nota, infatti, il dicastero precisa che "al momento dell'eccidio la signor Wiktoria Ulma era in stato di avanzata gravidanza del settimo figlio". Quest'ultimo "è stato partorito nel momento del martirio della madre". Pertanto va aggiunto "nel numero dei figli, martiri anche loro. Di fatti, nel martirio dei genitori egli ha ricevuto il Battesimo del sangue". Tornando all'iter della causa di beatificazione, In vista del 10 settembre i resti mortali della famiglia Ulma sono stati riesumati su disposizione dell’arcidiocesi di Przemysl. «I risultati dell’indagine – sottolinea il comunicato diffuso dopo la ricognizione – confermano e corrispondono chiaramente ai dati archivistici e a quelli ottenuti durante l’indagine canonica diocesana». Del resto la fama di santità degli Ulma si diffuse sin da subito in Polonia ed è tuttora molto viva. Nel 2016 a Markowa fu inaugurato il “Museo dei polacchi che salvarono gli ebrei “ durante la Seconda guerra mondiale. Intitolato alla famiglia viene visitato ogni anno da decine di migliaia di persone. «Questi servi di Dio – disse papa Francesco all’udienza generale del 28 novembre 2018 – siano per tutti noi un esempio di fedeltà a Dio e ai suoi comandamenti, di amore al prossimo e di rispetto alla dignità umana».
La famiglia Ulma - Immagine tratta dalla mostra ospitata nel 2018 dall'Università Urbaniana
Un’educazione alla fraternità alimentata dalla fede. Jozef e Wiktoria partecipavano ogni domenica alla Messa, pregavano in casa, credevano nell’aiuto reciproco. Lui fruttivendolo e apicoltore, frequentava la parrocchia, era bibliotecario del circolo della Gioventù cattolica e membro dell’Unione della Gioventù rurale “Wici”. Lei, di dodici anni più giovane del marito, ne aveva 31 quando fu uccisa, recitava nel gruppo teatrale della Wici e con Jozef apparteneva alla Confraternita del Rosario vivente. Insieme avevano avuto sei figli, tre maschi e tre femmine. La più grande, Stanislawa non aveva ancora otto anni. Poi erano venuti Barbara (6 anni), Władysław (5), Franciszek (4), Antoni (quasi 3) e Maria di un anno e mezzo. Di lì a breve sarebbe dovuto venire al mondo un altro piccolo che, per usare una formula cara alle agiografie, è nato subito “al cielo”. Dove sarà presto festa. Il 10 settembre la Messa di beatificazione sarà presieduta dal cardinale Marcello Semeraro prefetto del Dicastero delle cause dei santi. Accanto a lui, l’arcivescovo di Przemysl monsignor Adam Szal che tanto si è impegnato nella causa di beatificazione. Ma, certamente lo sguardo di tutti sosterà sul monumento che Markowa ha dedicato agli Ulma. E all’iscrizione che l’accompagna, perfetta definizione della dignità umana: «Possa il loro sacrificio essere un appello al rispetto e all’amore dovuto a tutti. Erano figli di questa terra e rimangono nel nostro cuore».
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