Una recente immagine di Maria Kaleta - Risveglio 2000, settimanale dell'arcidiocesi di Ravenna-Cervia
Battezzava i bambini con l’acqua dei fiumi, portava di nascosto il pane da consacrare ai sacerdoti, e il Vangelo a tutti: rischiando la vita, negli anni più duri del regime del dittatore Enver Hoxha, in Albania.
Una testimonianza luminosa e silenziosa quella di suor Maria Kaleta religiosa stimmatina che è morta nella notte tra l’1 e il 2 gennaio nel suo convento di Scutari, all’età di 92 anni. Un silenzio carico di frutti.
La sua testimonianza ha colpito anche papa Francesco che l’ha incontrata in occasione del suo viaggio apostolico in Albania, nel 2014 e quattro anni dopo l’ha citata in una famosa meditazione da Santa Marta, nel gennaio 2018 come «un bell’esempio di come la Chiesa può essere madre».
«Io ricordo quando sono andato in Albania – aveva detto papa Francesco, in quell’occasione, facendo riferimento a lei –, ho conosciuto una suora anziana. Questa suora era prigioniera al tempo della persecuzione, ma la lasciavano uscire un po’ qualche ora e andava. Era una prigione a metà, perché dicevano i persecutori: “ma questa poveraccia cosa farà!” E questa “poveraccia” era furba, sapeva fare la cosa e amava Cristo, era madre, aveva cuore di madre».
E infatti, ha raccontato ancora Francesco, «le donne cristiane – perché non c’era chiesa e se qualcuno faceva battezzare i figli veniva condannato – sapevano quando la suora andava un po’ a passeggiare lungo il fiume, le portavano i bambini e lei li battezzava con l’acqua del fiume».
Tra le persone che ha battezzato negli anni del regime, anche il vescovo della diocesi di Sapë, nel nord-est del Paese, Simon Kulli.
Il Signore «mi ha ricompensata di tutte le sofferenze, anche qui sulla terra. Dopo gli anni del regime si sono riaperte le chiese e io ho avuto la fortuna di diventare religiosa, desiderio comune a tanti altri sacerdoti e suore», disse suor Kaleta nella testimonianza del 2014 nella Cattedrale di Tirana, di fronte al Papa.
E anche l’arcivescovo di Ravenna-Cervia, monsignor Lorenzo Ghizzoni ha conosciuto la sua storia, attraverso la missione della sua diocesi di origine (Reggio Emilia-Guastalla) in Albania. «La sua è una testimonianza che mi ha sempre colpito molto – spiega –. Non sono riuscito ad incontrarla personalmente ma è stata varie volte nella Casa della Carità dietro alla Cattedrale di Laç Vau-Dejës , dedicata a Madre Teresa di Calcutta, della quale ho presieduto la Dedicazione, portando anche due reliquie autentiche dei Santi Crisante e Daria, che sono sotto l’altare della cripta della Cattedrale di Reggio Emilia».