domenica 24 marzo 2024
Nella Giornata dei missionari martiri la sorella Nadia e l’arcivescovo Crepaldi ricordano la “fidei donum” giuliana arrivata a Belo Horizonte nel 2008, morta a San Paolo il 4 febbraio 2023
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«Loredana sentiva l’urgenza di evangelizzare: era una missionaria nata, una seminatrice di Cristo»: così dice di lei l’arcivescovo Giampaolo Crepaldi, vescovo emerito di Trieste. «Mia sorella era un vulcano, un fiume in piena, una donna creativa, generativa, piena d’energia. Aveva fretta e voglia di vivere»: è il ritratto che ne traccia Nadia Vigini, a lei molto vicina per età e assonanze profonde. «Negli ultimi anni – ricorda la sorella – Loredana andava e veniva dal Brasile: qui a Trieste insegnava religione. Lì aveva trovato terreno fertile per il suo biblio-dramma, un metodo di evangelizzazione basato sull’esperienza concreta di gruppo». Loredana Vigini, classe 1969, missionaria fidei donum triestina per quasi vent’anni in terra brasiliana, era brillante, generosa, solare. Morirà a San Paolo del Brasile il 4 febbraio 2023 in seguito ad un incidente all’apparenza banale.

La storia di questa donna straordinaria, con una vocazione innata per l’evangelizzazione, non rientra tra quelle dei martiri uccisi in “odium fidei”. Uomini e donne testimoni di una fede “scomoda”. Ma nel giorno in cui la Chiesa rievoca il martirio dell’arcivescovo di San Salvador, Oscar Romero, Loredana si inserisce appieno tra gli esempi migliori di “testimonianza viva” della Parola. «Io me la porto nel cuore: nel suo sorriso vedevo un raggio della luce di Dio», confida Crepaldi in uno degli otto docufilm prodotti da Luci nel Mondo e Fondazione Missio per la Giornata dei missionari martiri. E ancora, dice il presule: «nella sua determinazione c’era un’urgenza che interpellava anche me a donare tutto». La sorella Nadia, che da ragazza aveva condiviso con lei anche l’esperienza intensa dell’oratorio in città, dice che fin da bambina si intravedevano in Loredana i segnali di una vita chiaramente orientata alla missione. «Caratterialmente eravamo molto diverse – precisa –. Di quattro anni più piccola di me e ultima di sei fratelli, Loredana era testarda, determinata, volitiva. Io invece accomodante. Se desiderava una cosa e la riteneva giusta, lei si batteva in ogni modo per ottenerla. A vent’anni disse a mio padre, dandogli un’iniziale delusione, che non avrebbe mai messo su famiglia perché sentiva la vocazione missionaria». Con un filo di rammarico Nadia ammette: «lei era più per gli altri, forse, che non per noi: la famiglia». Spiritualmente in ricerca, curiosa, solare, Loredana entra nella Comunità missionaria di Villaregia nel 1990 e da lì per diciotto anni girerà l’Italia come animatrice della pastorale missionaria. Si laurea in Teologia nel 1998, lascia la Comunità nel 2008 «non per una subentrata incompatibilità», precisa Nadia, ma perché «voleva di più: ad un certo punto l’Italia e anche la comunità le andavano strette». Sarà inviata come fidei donum della diocesi di Trieste a Belo Horizonte in Brasile nel 2008.

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Con la benedizione e la partecipazione di Crepaldi fonda una propria comunità: “Semente Viva” per insegnare la Bibbia tramite la drammaturgia. Nel 2017 si forma come counselor pastorale: «intravedeva la possibilità di rigenerazione degli animi e delle menti proprio attraverso l’incontro salutare con la Parola», spiega il vescovo. La sua è una vita di successo, vissuta in pienezza, ricca di realizzazioni personali e comunitarie, sempre dentro la Chiesa. «Fino all’ultimo respiro avrebbe fatto la missionaria», ne è certa sua sorella. «Lei non si preoccupava del domani, guardava all’oggi». Non perché non avesse una “visione” ma perché sapeva di non avere tempo. «La sua salute non era buona», spiega Nadia. Un meningioma cerebrale e poi un’artrite reumatoide, malattia autoimmune che aveva scoperto alcuni anni prima, la stavano consumando: «le si erano già deformati gli arti, non aveva una buona stabilità sui piedi», ricorda la sorella. «Quando era a Trieste passava da me una volta alla settimana per farsi fare delle punture che la aiutavano». E nonostante tutto sopportava il dolore con una resistenza inspiegabile. «Tutti la ricordano per il suo sorriso – dice Nadia – ma tutti sapevano la sofferenza fisica che portava dentro».

Quando la bici di un ladro in fuga la urta, su una strada di San Paolo del Brasile il pomeriggio del primo febbraio 2023, Loredana sbatte la testa ed entra in coma. Morirà quattro giorni dopo in ospedale. Immediatamente dopo la notizia del decesso, un sacerdote amico, don Alessandro Amodeo, direttore del Centro missionario diocesano di Trieste dirà: «da un lato c’è un forte dolore per la morte di Loredana, ma dall’altro la certezza che stava facendo esattamente ciò per cui era nata, rispondendo a una vocazione di Dio su di sé». La sorella pensa che «Dio l’abbia presa con sé prima che la malattia peggiorasse e che magari non riuscisse più a portare a termine quello per cui era nata». C’è della nostalgia in lei ma anche molta gratitudine: «se fosse stata qui saremmo andate come ogni estate al mare alla riviera di Barcola: facevamo lunghe passeggiate sulla sabbia e mi avrebbe raccontato qualcosa di sé. C’era sempre poco tempo con Loredana, ma sono grata di averla avuta nella mia vita!».

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