San Benedetto da Norcia in un dipinto di Antonello da Messina - Public domain media / Picryl
San Benedetto, di cui oggi la Chiesa celebra la memoria liturgica, fu senza dubbio un messaggero di pace. Lo ha ribadito ieri pomeriggio dom Luca Fallica, abate di Montecassino, durante l’incontro presso l’abbazia su questo tema cruciale. E l’espressione Pacis nuntius dà il titolo alla Lettera apostolica che il 24 ottobre compirà 60 anni, scritta da Paolo VI in occasione della proclamazione del santo come patrono principale d’Europa. Papa Montini era salito proprio a Montecassino, «insieme a numerosi padri conciliari, per consacrare la ricostruita Basilica Cattedrale», ha ricordato l’abate.
«In questo frangente storico, così drammatico a causa dei diversi e gravi conflitti che lo attraversano, in primis la guerra tra Russia e Ucraina e quella tra Israele e Palestina, ci pare importante darci del tempo per riflettere e dialogare insieme sul tema della pace, e farlo anche a partire da quanto il santo di Norcia ci ha lasciato in eredità, con la sua Regola e con la vita dei monaci che a lui ispirano il proprio cammino umano e di fede», ha sottolineato dom Fallica, che stamattina alle 10.30 presiederà la Messa nella Basilica abbaziale. Inoltre parteciperà online nel pomeriggio a un momento di preghiera promosso a Kiev dal Mean, il Movimento di azione non violenta, e dalla nunziatura apostolica in Ucraina. In 72, esponenti della società civile e del mondo cattolico, sono arrivati ieri dall’Italia nella capitale ucraina per una giornata interreligiosa che precederà la conferenza sui corpi civili di pace europei in programma domani.
Secondo l’abate di Montecassino, «uno dei rischi maggiori che oggi corriamo, oltre evidentemente al pericolo che i conflitti dilaghino e si moltiplichino in modo inarrestabile, è che la guerra diventi nella nostra consapevolezza qualcosa di ineluttabile, una realtà inevitabile nel rapporto tra Stati, popoli, nazioni. E che dunque la pace, più che essere tale, non possa risultare altro che una tregua tra una guerra e l’altra. Invece san Benedetto è stato, e ci chiede di essere, messaggero di pace, attraverso parole che possono e debbono essere dette anche oggi, per quanto possano apparire inascoltate, minoritarie, troppo deboli». Dunque, parlare di pace «è grazia, è dono che si riceve dall’alto, da invocare. Dobbiamo pregare per la pace, dobbiamo però anche pregare affinché il Signore ci doni la grazia di continuare a parlare di pace persino quando ci pare di remare inutilmente controcorrente. Dobbiamo tornare a dire parole davvero anti-idolatriche, che salvaguardino e rivelino il vero volto di Dio».
Tuttavia, la pace ha anche bisogno «di parole che la costruiscano, nel senso che la parola è fondamentale nel modo in cui costruiamo, o distruggiamo, le nostre relazioni, anche le più prossime. San Benedetto, nella Regola, ammonisce a non dare pace falsa. Anche questo è un modo in cui possiamo dare pace falsa: quando invochiamo la pace per il mondo, ci impegniamo a testimoniamo a favore della pace tra i popoli, ma poi non sappiamo essere operatori di pace nelle nostre relazioni più prossime e quotidiane. La pace va cercata e perseguita anche attraverso un personale impegno di conversione e di purificazione del cuore, in un’accoglienza ospitale delle differenze», ha osservato dom Fallica.
In occasione della festa odierna, anche quest’anno il vescovo di Padova Claudio Cipolla, gli abati di Santa Giustina (dom Giulio Pagnoni) e Praglia (dom Stefano Visintin) e l’abbadessa di San Daniele madre Maria Chiara Paggiaro hanno firmato un messaggio congiunto, dal titolo “L’autenticità del Vangelo: costruire comunione”. «San Benedetto, senza negare la complessità delle differenze, ci insegna come considerarle una ricchezza e non un elemento di scontro, ponendo al primo posto la pari dignità e il pari valore di tutti gli esseri umani. Facciamo nostro il suo esempio nella ricerca di Dio presente e operante in noi e nel mondo, edificando un’efficace comunione tra i popoli, ravvivando un’operosa solidarietà e adoperandoci instancabilmente per la pace», scrivono.