Papa Francesco - Ansa
“Life. La mia storia nella Storia”. È questo il titolo del libro-autobiografia che Papa Francesco ha scritto con Fabio Marchese Ragona, il vaticanista di Mediaset. Uscirà in America e in Europa con HarperCollins. L’idea è quella di raccontare gli anni di vita di Jorge Mario Bergoglio, intrecciandoli alle grandi vicende della storia. Aldo Cazzullo sul Corriere della Sera di questa mattina ne ha anticipato alcuni passi in 12 punti. Ne pubblichiamo ampi stralci.
1. Le bombe atomiche a Hiroshima e Nagasaki
«Le persone al bar o in oratorio dai salesiani dicevano che gli americani li chiamavano los gringos avevano lanciato questi ordigni micidiali L'uso dell'energia atomica per fini di guerra è un crimine contro l'uomo, contro la sua dignità e contro ogni possibilità di futuro nella nostra casa comune. È qualcosa di immorale! Come possiamo ergerci a paladini della pace e della giustizia se poi nel frattempo costruiamo nuove armi da guerra?». Il Papa poi aggiunge: «Una volta adulto, da gesuita, avrei voluto fare il missionario in Giappone, ma non mi fu dato il permesso di andarci a causa della mia salute, all'epoca un po' precaria. Chissà! Se mi avessero mandato in quella terra di missione, la mia vita avrebbe imboccato una strada diversa; e magari qualcuno in Vaticano sarebbe stato meglio di adesso».
2. Il Papa “comunista”
« Qualcuno, dopo la mia elezione a Papa, ha detto che parlo spesso dei poveri perché anche io sarei un comunista o un marxista. Anche un cardinale amico mi ha raccontato che una signora, una buona cattolica, gli ha detto di esser convinta che Papa Francesco fosse l'antipapa. La motivazione? Perché non uso le scarpe rosse! Ma parlare dei poveri non significa automaticamente essere comunisti: i poveri sono la bandiera del Vangelo e sono nel cuore di Gesù!... Nelle comunità cristiane si condivideva la proprietà: questo non è comunismo, questo è cristianesimo allo stato puro!».
3. Una “piccola sbandata”
«Durante quell'anno in seminario ebbi anche una piccola sbandata: è normale, altrimenti non saremmo esseri umani. Avevo già avuto una fidanzata in passato, una ragazza molto dolce che lavorava nel mondo del cinema e che in seguito si è sposata e ha avuto dei figli. Questa volta invece mi trovavo al matrimonio di uno dei miei zii e rimasi abbagliato da una ragazza. Mi fece davvero girare la testa per quanto era bella e intelligente. Per una settimana ebbi la sua immagine sempre nella mente e mi fu difficile riuscire a pregare! Poi per fortuna passò, e dedicai anima e corpo alla mia vocazione».
4. «L’aborto è un omicidio»
«Dobbiamo difendere sempre la vita umana, dal concepimento fino alla morte; non mi stancherò mai di dire che l'aborto è un omicidio, un atto criminale, non ci sono altre parole: significa scartare, eliminare una vita umana che non ha colpe. È una sconfitta per chi lo pratica e per chi si rende complice: dei killer prezzolati, dei sicari! Mai più aborti, per favore! È fondamentale difendere e promuovere sempre l'obiezione di coscienza». Il Papa condanna anche «la pratica dell'utero in affitto, una pratica inumana e sempre più diffusa che minaccia la dignità dell'uomo e della donna, con i bambini trattati come merce».
5. Perché Francesco non guarda la tv
«Era il 15 luglio 1990. Mentre con i confratelli stavamo guardando la televisione nella sala di ricreazione, vennero trasmesse delle scene poco delicate, per usare un eufemismo, qualcosa che non faceva di certo bene al cuore. Niente di osé, per carità, ma una volta tornato in stanza dissi tra me e me: Un prete non può guardare queste cose. E così l'indomani, alla messa per la festa della Madonna del Carmelo, feci il voto di non guardare più la tv!».
6. L’“esilio” di Cordova
Nel libro Francesco racconta di quando venne mandato a Cordoba “en destierro”, in esilio per punizione. Si deve occupare dei confratelli ammalati: «Mettersi al servizio dei più fragili, dei più poveri, degli ultimi è ciò che ogni uomo di Dio, soprattutto se sta ai vertici della Chiesa, dovrebbe fare: essere pastori con addosso l'odore delle pecore». E’ l’occasione per Bergoglio di riflettere sugli errori «commessi per via del mio atteggiamento autoritario, tanto da esser stato accusato di essere ultraconservatore. Fu un periodo di purificazione. Ero molto chiuso in me stesso, un po' depresso».
7. Papa Ratzinger “strumentalizzato”
«Mi ha invece addolorato vedere, negli anni, come la sua figura di Papa emerito sia stata strumentalizzata con scopi ideologici e politici da gente senza scrupoli che, non avendo accettato la sua rinuncia, ha pensato al proprio tornaconto e al proprio orticello da coltivare, sottovalutando la drammatica possibilità di una frattura dentro la Chiesa». Per evitare questa deriva, Francesco va subito a trovare Benedetto a Castel Gandolfo. «Decidemmo insieme che sarebbe stato meglio che non vivesse nel nascondimento, come aveva inizialmente ipotizzato, ma che vedesse gente e partecipasse alla vita della Chiesa. Purtroppo servì a poco, perché le polemiche in dieci anni non son mancate e hanno fatto male a entrambi».
8. Il conclave
«Alla prima votazione fui quasi eletto, e a quel punto si avvicinò il cardinale brasiliano Claudio Hummes e mi disse: Non aver paura, eh! Così fa lo Spirito Santo!. Poi, alla terza votazione di quel pomeriggio, al settantasettesimo voto, quando il mio nome raggiunse i due terzi delle preferenze, tutti fecero un lungo applauso. Mentre lo scrutinio continuava, Hummes si avvicinò di nuovo, mi baciò e mi disse: Non dimenticarti dei poveri. E lì ho scelto il nome che avrei avuto da Papa: Francesco».
9. La pandemia e i ricoveri
«Quando in Vaticano arrivò la prima dose, io mi prenotai subito e poi feci anche i richiami e, grazie a Dio, non fui mai contagiato». Quando è stato ricoverato ricoverato in ospedale più volte per altri motivi, e il Papa poi ha notato che «qualcuno era più interessato alla politica, a fare campagna elettorale, pensando quasi a un nuovo conclave. State tranquilli, è umano, non c'è da scandalizzarsi! Quando il Papa è in ospedale, di pensieri se ne fanno molti, e c'è anche chi specula per proprio tornaconto o per guadagno sui giornali. Per fortuna, nonostante i momenti di difficoltà, non ho mai pensato alle dimissioni».
10. Gli omosessuali
«Immagino una Chiesa madre, che abbracci e accolga tutti, anche chi si sente sbagliato e chi in passato è stato giudicato da noi. Penso alle persone omosessuali o transessuali che cercano il Signore e che invece sono state respinte o cacciate». Il Papa conferma «le benedizioni alle coppie irregolari: voglio soltanto dire che Dio ama tutti, soprattutto i peccatori. E se dei fratelli vescovi decidono di non seguire questa strada, non significa che questa sia l'anticamera di uno scisma, perché la dottrina della Chiesa non viene messa in discussione». Il matrimonio omosessuale non è ammissibile, ma le unioni civili sì: «È giusto che queste persone che vivono il dono dell'amore possano avere una copertura legale come tutti. Gesù andava spesso incontro alle persone che vivevano ai margini, ed è quello che la Chiesa dovrebbe fare oggi con le persone della comunità LGBTQ+, che all'interno della Chiesa sono spesso marginalizzate: farle sentire a casa, soprattutto quelle che hanno ricevuto il battesimo e sono a tutti gli effetti parte del popolo di Dio. E chi non ha ricevuto il battesimo e desidera riceverlo, o chi desidera fare da padrino o madrina, per favore, che sia accolto».
11. Gli attacchi
Il papa confessa di essere rimasto ferito da chi ha scritto che «Francesco sta distruggendo il papato». «Cosa posso dire? Che la mia vocazione è quella sacerdotale: prima di tutto sono un prete, sono un pastore, e i pastori devono stare in mezzo alle persone È vero che quella del Vaticano è l'ultima monarchia assoluta d'Europa, e che spesso qui dentro si fanno ragionamenti e manovre di corte, ma questi schemi vanno definitivamente abbandonati». Nel conclave del 2013 «c'era una gran voglia di cambiare le cose, di abbandonare certi atteggiamenti che purtroppo ancora oggi fanno fatica a sparire. C'è sempre chi cerca di frenare la riforma, chi vorrebbe rimanere fermo ai tempi del Papa-re».
12. Le dimissioni
«Penso che il ministero petrino sia ad vitam e dunque non vedo condizioni per una rinuncia. Le cose cambierebbero se subentrasse un grave impedimento fisico, e in quel caso ho già firmato all'inizio del pontificato la lettera con la rinuncia che è depositata in Segreteria di Stato. Se questo dovesse succedere, non mi farei chiamare Papa emerito, ma semplicemente vescovo emerito di Roma, e mi trasferirei a Santa Maria Maggiore per tornare a fare il confessore e portare la comunione agli ammalati. Ma questa è un'ipotesi lontana, perché davvero non ho motivi talmente seri da farmi pensare a una rinuncia. Qualcuno negli anni forse ha sperato che prima o poi, magari dopo un ricovero, facessi un annuncio del genere, ma non c'è questo rischio: grazie al Signore, godo di buona salute e, a Dio piacendo, ci sono molti progetti ancora da realizzare».