La Messa presieduta dal cardinale Luis Ladaria Ferrer a Roma. Accanto a sinistra il preposito dei gesuiti Arturo Sosa Abascal - Rizzi
«Far conoscere Gesù» ed «essere alla Sua sequela» è stato il «cuore della vita di papa Benedetto».
È il passaggio chiave dell’omelia, pronunciata martedì 31 gennaio, nel trigesimo della morte del Pontefice emerito Benedetto XVI, nella chiesa del Gesù all’Argentina a Roma dal prefetto del Dicastero per la dottrina della fede, il cardinale spagnolo Luis Ladaria Ferrer.
Il porporato gesuita ha voluto presiedere a 30 giorni dalla scomparsa del Vescovo emerito di Roma l’Eucaristia proprio nella chiesa madre della Compagnia di Gesù dove riposano, tra l’altro, le spoglie del fondatore sant’Ignazio di Loyola. A concelebrare con Ladaria vi erano il preposito generale della Compagnia di Gesù, il venezuelano Arturo Sosa Abascal, e l’attuale superiore della Provincia Euromediterranea dei gesuiti (che comprende l’Italia, Albania, Malta e Romania) il bolognese Roberto Del Riccio.
Nell’incipit della sua breve ma intensa omelia Ladaria ha voluto associare alla figura di Benedetto XVI-Joseph Ratzinger l’immagine della «morte del giusto per chi ha vissuto secondo la sua legge» alla luce non solo di quanto ci ricorda l’Antico Testamento ma anche nell’ottica della «Risurrezione del Signore» del Nuovo Testamento.
Una celebrazione eucaristica quella di martedì che ha visto anche la partecipazione, tra gli altri, del presidente della Fondazione Ratzinger-Benedetto XVI Federico Lombardi, del teologo e discepolo di Han Urs von Balthasar il gesuita belga Jacques Servais e del rettore della Pontificia Università Gregoriana, lo statunitense Mark Lewis. Il cardinale Ladaria ha voluto citare una delle encicliche più note di papa Ratzinger, la Spe Salvi, in cui ha voluto evidenziare quanto «Gesù ha voluto soffrire con noi e per noi». E ancora: «Ma si è fatto uno di noi, condividendo la nostra fatica».
La morte di Benedetto XVI, a giudizio del prefetto dell’ex Sant’Uffizio (lo stesso dicastero presieduto dal 1981 al 2005 dall’allora cardinale Joseph Ratzinger di cui lo stesso Ladaria è stato consultore dal 1995), deve essere vissuta dal popolo di Dio come un anticipo di ciò che recita la liturgia pasquale: Surrexit Christus, Spes mea.
Facendo riferimento alle letture del giorno e alle parole del Giudizio Finale del Vangelo di Matteo (capitolo 25) «Ho avuto fame e mi avete da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere», il cardinale ha voluto sottolineare l’attualità del pensiero del Papa-teologo. «Nella sua stessa opera Gesù di Nazaret papa Ratzinger ci ha detto che le Beatitudini sono come una “biografia interiore” di Gesù, un ritratto della sua figura» in cui lo stesso Signore «è il vero operatore di pace».
Una «ricerca di Dio» quella di papa Ratzinger che ha avuto tra le sue stelle polari, ha voluto osservare ancora Ladaria, l’amato sant’Agostino. Nel ritratto consegnato ai fedeli su Benedetto XVI il cardinale ha voluto rievocare forse il tratto più bello e indelebile del Pontefice emerito: quello «della sua gentilezza» come ha voluto rimarcare «nei giorni successivi alla morte del suo predecessore, papa Francesco».
L’Eucaristia di martedì nella Chiesa del Gesù è avvenuta nel giorno in cui si celebra la memoria liturgica del fondatore dei salesiani, don Bosco. Per l’occasione sono stati invocati durante la liturgia, quasi a protezione dello stesso papa il «nostro fratello Benedetto», «san Giovanni Bosco e sant’Ignazio di Loyola».
La Messa si è conclusa con l’intonazione del canto grato del Salve Regina. «Affidiamo l’anima di Benedetto – è stata la conclusione di Ladaria – alle braccia di misericordia del Padre. Chiediamo la grazia di seguire il suo esempio per arrivare alla pienezza della comunione con Dio, ultima meta della nostra vita».
Un momento dell'omelia del cardinale Luis Ladaria Ferrer alla chiesa del Gesù all'Argentina a Roma - Rizzi