La professione solenne è avvenuta nel monastero cistercense delle trappiste a Valserena prima dello scoppio della pandemia. Laureata al Politecnico di Milano era giunta nel convento per un progetto di lavoro
Da architetta a monaca trappista. Sembra il titolo di un romanzo. Invece, è la storia vera di suor Maria Chiara Pieri, 33 anni, che prima del lockdown ha fatto la professione solenne nelle trappiste del monastero cistercense di Valserena, comune e parrocchia di Guardistallo, in provincia di Pisa e diocesi di Volterra, a 30 chilometri da Livorno.
Alla solenne liturgia ha partecipato una trentina di monache (in gran parte giovani), i genitori Letizia e Piero e la sorella Federica e proveniente da Forlì - città natale di suor Maria Chiara - un folto gruppo della parrocchia della Pianta, dov’è cresciuta, guidato dal parroco don Felice Brognoli (da camionista a prete) e oltre settanta compagni del Politecnico di Milano, dove Chiara si è laureata in architettura nel 2009. Appena laureata, aveva trovato lavoro in uno studio associato di Varese, che le assegnò un incarico proprio presso il monastero di Valserena, come racconta l’interessata: «Il mio capo mi aveva chiesto di venire ad incontrare una delle sorelle della Siria, perché volevano iniziare la costruzione di un monastero laggiù. Quella volta, tra i libri della foresteria, mi sono imbattuta nella vita della beata Maria Gabriella di Vitorchiano, che ho letto tutta d’un fiato. Ho pensato tra me: 'Che strano modo di dare la vita, così semplice eppure così totale'. Sono ritornata dopo qualche mese invitata da un’amica, che conosceva alcune sorelle della comunità. L’intuizione che ho avuto nell’incontro con il monastero, vedendo la comunità pregare in chiesa, è stata quella di una vita vissuta sotto lo sguardo di Qualcuno che ti ama, di una vita che è tutta desiderio di piacerGli. Non ho subito pensato: 'Voglio farmi monaca', piuttosto da quel momento è iniziato un cammino che, nel tempo, mi ha portato a chiedere di poter verificare meglio, vivendo un tempo di esperienza dentro la clausura. Di quel periodo la cosa che più mi ha colpito è stata l’intensità del mio rapporto con Cristo, il fatto di poter rimanere sempre in Sua compagnia, di poter ritornare sempre a Lui». Nel 2014 entra in monastero e si prepara fino alla recente professione solenne.
Racconta suor Maria Chiara: «Ho ricevuto la fede dalla mia famiglia, nella parrocchia forlivese della Pianta e negli scout di S. Maria del Fiore. Decisivi sono stati lo studio, le amicizie in cui la fede c’entrava con tutto, l’incontro con Cl, le parole di don Giussani e le testimonianze di tanti che mi hanno fatto intuire la bellezza di un vita donata totalmente a Dio. La vera decisione non è stata quella di diventare suora, ma di dare fiducia a Dio, che offriva al mio cuore una modalità più profonda di amare. La mia decisione è stata cioè essere disponibile al fatto che Dio mi stava indicando la verginità come possibilità di abbracciare tutto e tutti».
Un consiglio a un giovane che sta cercando la sua vocazione? «Preoccupati solo di essere disponibile a tutto, di non mettere a tacere le urgenze del suo cuore. Non aver paura di rischiare una risposta totale, che sia per sempre. Dio vuole donarti molto più di quello che immagini. Aprirti all’amore che comporta sempre un sacrificio, un uscire da se stessi, un donarsi che non ammette calcoli e riserve. Nel seguire ciò che di vero si è intravisto, questa fatica è necessaria. Chi la scansa, in fondo in fondo non ama veramente».