lunedì 14 ottobre 2024
Ogni settimana uno spazio pensato per la riflessione personale con l'aiuto di testimoni della fede e maestri spirituali. Oggi sulla fatica ma anche la bellezza di spendersi per la carità del Signore
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undefined - Agenzia Romano Siciliani

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La fede è un dono, una responsabilità, ma anche una gioia da non tenere solo per noi stessi. Troppo spesso lo dimentichiamo, non siamo capaci di testimoniare con la nostra vita che credere in Dio vuol dire essere in cammino verso la piena felicità, che poi è il sogno del Padre buono per ciascuno dei suoi figli. Un progetto che si realizza momento dopo momento e che per sua natura deve essere condiviso. Non a caso, se siamo onesti con noi stessi, ci rendiamo conto che le soddisfazioni più grandi le abbiamo provate quando abbiamo aiutato a star meglio un’altra persona, regalandole un po’ di gioia. Ecco allora che mettersi al servizio di Dio, pur nell’oggettiva fatica, diventa una piccola scuola di felicità. È rendersi conto, come recita la preghiera di padre Jean-Luc Lefrancois, che le nostre mani possono diventare le mani di Dio.

«O Dio, tu ci hai creati con un corpo,
con i piedi per venire incontro a te,
con la testa per pensare,
con il cuore per imparare ad amare.
O Dio, tu ci hai dato le mani per stringere altre mani,
e non per serrarle in pugni violenti.
Mani aperte come un'offerta
come una preghiera di domanda e di grazie.
Mani che benedicono, mani che accolgono,
mani che ricevono il pane di vita.
O Gesù, con le tue mani,
hai innalzato il povero e l'escluso,
non hai gettato la pietra ma condiviso il pane,
hai portato la croce...
O Gesù, con le tue mani,
hai fatto passare Tommaso dal dubbio alla fede.
Le mani del Risorto ci invitano a sperare
a prenderci per mano, a non far cadere le braccia
davanti alla morte e all'isolamento.
O Dio, insegnaci a condividere di più, perché
le nostre mani sono il prolungamento del cuore
e diventano le tue mani,
quelle che danno vita».


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