Ovunque abbia viaggiato, già ben prima di ascoltare la voce di Dio, l’esperienza della contemplazione del manto celeste era parte del mio sentire, forse del mio cercare. Mi apre all’Oltre, mi ridimensiona, ma senza diminuire i miei sogni, anzi, incoraggiandoli. Proprio come ora, mentre sono su questo palco con il naso all’insù, accarezzato da una luna piena come poche altre vissute finora. La sua luce riflessa abbraccia l’intero anfiteatro naturale dove suoneremo mercoledì sera (l’alba di giovedì in Italia) e dove ora, che ormai è notte, stiamo facendo l’ultimo sound check della giornata.
Giornata che è stata piena zeppa di lavoro silenzioso, di sole in faccia, di prevedibili imprevisti, di movimento e di corse da una parte all’altra della città. La Gmg è così, sembra volerti provare, ma lo fa con un fine preciso. Mi spiego: non ha importanza quante ore sono che non dormiamo e non mangiamo, tra noi c’è una gioia manifesta, sorrisi, risate, abbracci… tratti inconfondibili della fraternità. Perché il tempo t’insegna che la gioia è quasi sempre una scelta, e la Gmg è una strada.
«Da domani qui non ci si muoverà, sarà un casino pazzesco… Ma sono anni che aspetto questo momento! Sarà memorabile», mi condivide Pepe, uno dei coordinatori. Questa frase dice molto. Da domani effettivamente la JMJ di Panamà comincerà 'ufficialmente', e l’emozione si sente ovunque nell’aria. Vedere come qui non sia solo la comunità legata alla Chiesa cattolica a vivere la JMJ, bensì tutta la popolazione, ci lascia a bocca aperta. Ovunque andiamo veniamo accolti con una gioia incredibile, da chiunque. Questa non è la festa della Chiesa, questa è la festa di un popolo, e mi torna alla mente la frase che stamattina girava in un mega schermo sulla statale: «Beata la Nazione il cui Dio è il Signore». E la nazione qui siamo tutti noi. (2. continua)